Pubblicato il 13/12/2013, 12:01 | Scritto da La Redazione

BRUNETTA, L’HIGHLANDER DEL PICCOLO SCHERMO

BRUNETTA, L’HIGHLANDER DEL PICCOLO SCHERMO
La riflessione de Il Fatto Quotidiano dopo la presenza di ieri a Servizio Pubblico.meta name=”Brunetta, tv, Highlander” Rassegna Stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 21, di Luigi Galella Brunetta, l’highlander del piccolo schermo Renato Brunetta è inattaccabile. Come gli assiomi che Popper definisce inconfutabili, che in quanto tali non possono essere contraddetti o superati. Ed è […]

La riflessione de Il Fatto Quotidiano dopo la presenza di ieri a Servizio Pubblico.meta name=”Brunetta, tv, Highlander”

Rassegna Stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 21, di Luigi Galella

Brunetta, l’highlander del piccolo schermo

Renato Brunetta è inattaccabile. Come gli assiomi che Popper definisce inconfutabili, che in quanto tali non possono essere contraddetti o superati. Ed è inattaccabile e inscalfibile perché si lascia scivolare addosso, con superiore allure, qualsiasi sgradita obiezione che gli si muova. Avendo un’eccelsa opinione di sé, guarda tutti dall’alto in basso. Osservandone i comportamenti e studiandone la fenomenologia, uno psicanalista direbbe che si tratta di una chiara forma di controfobia. Il fatto è che fin dalle prime apparizioni televisive, che datano un ventennio, ha sempre sfoggiato una mostruosa sicurezza nei suoi mezzi espressivi, nelle conoscenze tecniche che sovrastano, a giudicare l’atteggiamento, quelle di un qualsivoglia Nobel per l’Economia nell’uso accorto e dialettico della memoria, che oscura ciò che non giova rammentare. Anche l’arroganza (si veda la Santanché collega  di partito e di portamento signorile che ne ha gli armadi pieni, più di quanto contengano scarpe, a lei così care) a suo modo è il segno di un vitalismo aggressivo e di un’estrema determinazione, che si traducono in merce televisivamente spendibile.
Ieri sera era ospite di Servizio Pubblico (La7, 21.10), e proprio da Michele Santoro, in una remota puntata de Il rosso e il nero, sfoggiò per la prima volta le sue qualità di combattente mediatico. In quella memorabile serata c’era un ignaro Achille Occhetto e sui gradini in alto lui, sconosciuto ai più, che trattò il leader del Pds come un poveraccio.
NELL’AGONISMO si esalta. Anzi, le botte se le va proprio a cercare. Sarebbe bello riesumare per una volta quell’ “Uno contro tutti” di Maurizio Costanzo, con un protagonista al centro della sala e i suoi antagonisti in basso, nelle prime file della platea. Lo spettacolo sarebbe assicurato, perché Brunetta è teatrale e scenografico. Avendo tutti sotto di sé si esalterebbe: quando è attaccato, infatti, si erge dall’arca come un novello Farinata, col petto e con la fronte. E soprattutto col sorriso spia di sprezzatura, superiorità e commiserazione del volgo arma estrema della sua dialettica mimica, quando è a corto di argomenti ma non di risposte. Alle strette, se non ha parole, sorride altezzosamente. Sia chiaro: non è la statura il suo problema (ognuno ha la propria e sarebbe troppo facile e poco elegante stigmatizzare la sua), ma il contrasto generato dall’incontro-scontro di natura e cultura: non la misura ma la dismisura fra corpo e anima, fra dimensioni umane e presunte proporzioni spirituali. Ci sono due Brunetta. Il primo è quello che è, il secondo è gigantesco, incommensurabile. Ma anche se fosse Einstein o Napoleone lui non si sente da meno il risultato sarebbe comunque grottesco. Che per chi conosce l’arte teatrale del Novecento è un genere che nasce dalla commistione di comico e tragico. Quest’ultimo, nel suo caso, non risulta dalle limitate misure del corpo, ma dal sovrumano ergersi dell’anima. In quella proiezione tutta virtuale di un rigonfiamento macroscopico del sé. Scialla Brunetta, si rilassi. Vedrà che il mondo, da lassù dove si è elevato, le apparirà meno distante.