Pubblicato il 08/12/2013, 15:03 | Scritto da La Redazione

RAI VERSO LA MEDIA COMPANY DIGITALE

RAI VERSO LA MEDIA COMPANY DIGITALE
In un’inchiesta di Marco Mele sul quotidiano “Il Sole 24 Ore, la parola d’ordine di Viale Mazzini è lasciarsi il broadcaster alle spalle, perché il futuro è multipiattaforma e interattività con gli utenti. meta name=”news_keywords” content=”rai, il sole 24 ore, marco mele, media company“ Rassegna stampa: Il sole 24 Ore, pagina 17, di Marco Mele. […]

In un’inchiesta di Marco Mele sul quotidiano “Il Sole 24 Ore, la parola d’ordine di Viale Mazzini è lasciarsi il broadcaster alle spalle, perché il futuro è multipiattaforma e interattività con gli utenti.

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Rassegna stampa: Il sole 24 Ore, pagina 17, di Marco Mele.

Rai verso la media company digitale

Lasciarsi il broadcaster alle spalle: il futuro è multipiattaforma e interattività con gli utenti.

Diventare una media company entro il 2016, Anno in cui scadrà la concessione all’azienda Rai per il servizio pubblico nazionale. La trasformazione in atto, però, è imposta più dalle trasformazioni della distribuzione e del consumo degli audiovisivi e dei programmi che da una scadenza istituzionale, pur vitale per le future sorti della stessa Rai. Vi sono alcune parole chiave per capire le politiche e le strategie messe in atto dal vertice, in testa il direttore generale Luigi Gubitosi, con l’obiettivo di lasciarsi alla spalle la vecchia Rai, broadcaster organizzato su reti verticali, che mette in onda palinsesti tv e radiofonici nella modalità puntomultipunto. Obiettivo: diventare una media company che opera su tutte le piattaforme e vuole-deve imparare a soddisfare e interloquire con ogni singolo utente. Il programma non si chiude con la prima messa in onda ma si riscrive, si riproduce, si rivede, si trasforma insieme al suo pubblico.

In più, la parola d’ordine è quella della promozione incrociata dei canali e dei programmi, fino a pochi anni fa inesistente. La Rai si trova a combattere per conquistare tempo e attenzione di ogni consumatore, in concorrenza anche con i colossi del web, in primis Google-YouTube. Lo scenario è caratterizzato dalla perdita di ascolti della tv generalista e dall’affermazione dei canali tematici gratuiti, nativi digitali. A parte la Germania, che però ha due tv pubbliche, Ard e Zdf, l’Italia è il Paese dove il servizio pubblico ha il maggior numero di canali tematici (11). La loro quota di mercato è arrivata al 6,2% nel 2012 ed è in crescita quest’anno. In Italia, del resto, vi sono 93 canali free, record europeo, anche se solo una cinquantina hanno un’utenza significativa. La moltiplicazione porta alla frammentazione dell’audience e non è tutto: sempre di più, i giovani, ma non solo, guardano e “agiscono” sulla tv con un secondo schermo, mentre il vecchio televisore diventa una Smart tv, offrendo, se collegato in Rete, servizi video e audio, a loro volta in competizione (o in alleanza) coni broadcaster tradizionali.

Il resto è noto: la pubblicità ha avuto una forte contrazione, ma da settembre la discesa sembra terminata e la Rai attende un incremento tra l’8 e il 9% sul 2012. L’organico medio è di 13.140 dipendenti, di cui 11.390 a tempo indeterminato, tra cui 1.640 giornalisti e 1.750 a tempo determinato. In particolare, 861 sono sopra i 6o anni e solo 12o sotto i trenta. Alla fine di quest’anno 6o0 dipendenti dovrebbero andare in pensione: costo 60 milioni. L’evasione del canone è stimata al 27% delle famiglie e qui l’azienda non ha inserito azioni nel Piano industriale 2013-2015 perché si tratta di decisioni che dovrebbero prendere Parlamento e Governo. Il Piano ha fatto partire, da sei mesi, i2 cantieri su altrettanti nodi cruciali per il futuro dell’azienda, dalla pubblicità al rilancio della radio, dal web alla digitalizzazione. Al risparmio dei costi si aggiungono investimenti, come ii63 milioni che serviranno per digitalizzare i Tg. Dopo il Tg2, già in digitale sarà la volta, entro marzo, di Tg1 e Tg3 mentre RaiNews sta per passare all’Alta Definizione e lanciare un portale informativo che dovrebbe, secondo i piani, diventare il centro dell’informazione pubblica sul web, superando l’attuale situazione che vede ben 560 siti targati Rai. Passeranno al digitale anche sei-sette sedi regionali l’anno.

La Rai, in altre parole, prepara il suo switch off, dopo quello del Paese, per diventare un’azienda interamente digitale, dall’ideazione al consumo (multipiattaforma) con tanto di “ritorno” da parte del pubblico. Bisogna cambiare non solo le tecnologie, ma anche i processi, de-materializzando i contenuti (convertendo le cassette in file digitali). Al termine di tale percorso, ciascun giornalista della Rai potrà accedere, dal suo terminale, all’archivio Rai oltre che a fonti esterne e potrà continuare il proprio racconto su Internet e sul blog. Questo significa che 50 anni di tv, e di storia del Paese, saranno digitalizzati in tre-cinque anni, eliminando, solo a Roma, quattro milioni di supporti e 400mila nastri, più l’intero repertorio delle sedi regionali. La Rai punta ad essere un sistema cross-mediale che dialoga con il proprio pubblico. Dal quale, finora, mancano i giovani: da qui l’obiettivo di mantenere l’attuale quota di mercato, ma ringiovanendola, utilizzando il web e i social network. Il modello è quello di Una mamma imperfetta, partita su Internet e arriva nei palinsesti di Rai2.