Pubblicato il 30/11/2013, 16:02 | Scritto da La Redazione

ZORO CI PROVA, MA NON È FIORELLO

ZORO CI PROVA, MA NON È FIORELLO
Mirella Poggialini, sulle pagine dell’”Avvenire”, analizza il fenomeno Zoro, in ond su Rai3 con “Gazebo”. meta name=”news_keywords” content=”avvenire, diego bianchi, zoro, gazebo, mirella poggialini“ Rassegna stampa: Avvenire, pagina 27, di Mirella Poggialini. Zoro ci prova, ma non è Fiorello Non è facile seguire l’esempio di Fiorello senza esser Fiorello! Ci prova con solerzia non celata […]

Mirella Poggialini, sulle pagine dell’”Avvenire”, analizza il fenomeno Zoro, in ond su Rai3 con “Gazebo”.

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Rassegna stampa: Avvenire, pagina 27, di Mirella Poggialini.

Zoro ci prova, ma non è Fiorello

Non è facile seguire l’esempio di Fiorello senza esser Fiorello! Ci prova con solerzia non celata Diego Zoro nel suo quasi quotidiano Gazebo su RaiTre seconda serata. Non c’è l’edicola, qui, c’è uno studio in cui si offrono esecuzioni dal vivo (alcune notevoli) e un piccolo pubblico che si raduna davanti a un grande schermo che, nelle immagini, sembra un video da cellulare. Riprese dal vivo stile YouTube – non è un caso -, scorci mossi, prospettive tagliate per dar l’effetto di immediatezza e istantaneità. Mercoledì sera, per esempio, Zoro e Damilano, in motorino, sono andati a esplorare il mondo delle manifestazioni girando fra i partecipanti alla protesta pro-Berlusconi. Malignità da «Iene», tocchi di spirito; Zoro graffia con delicatezza e si propone con definizioni come «ecco una giornata storica lunga vent’anni!», le riprese colgono al volo, senza preoccupazioni estetiche, volti stravolti e smarrimenti non velati, sorrisi fatui e gesti di fastidio, la realtà emerge da frammenti e lacerti non cuciti da una sintassi, ma sparsi con vaghezza.

Qualcosa di diverso, in verità, rispetto al tono sussiegoso dei commenti dei Tg maiuscoli o delle interviste vibrate: qualcosa che di una giornata che si annunciava densa di tensione fa un racconto svagato e in fondo gentile, lontano dal dramma. Tutto qui, con un piglio di beffa e un tono non gridato: il che è già una bellezza. Si chiude con uno spaesato Mirko che si aggira in una deserta Via del Plebiscito sulla quale scende la sera e la tenuità della trama, anzi, la sua inesistenza, fa di questo intervallo qualcosa di surreale. Il che parte, come dice la parola, dalla realtà per farne altro, così: e ha una sua simpatia. Così come l’introduzione musicale che avrebbe potuto esser un bel finale” un allusivo “Domani un altro giorno, si vedrà”, non cantato dalla Vanoni, ma comunque efficace. Altri giorni, altri problemi, altre bandiere e striscioni con grida e proteste: è questa la “politica”?