Pubblicato il 21/11/2013, 18:33 | Scritto da La Redazione

PUPI AVATI: «SPERO CHE MOLTI PADRI SI SIANO IDENTIFICATI CON IL PROTAGONISTA DEL MIO FILM TV “IL BAMBINO CATTIVO”»

Il regista racconta come è nata la storia di infanzia negata raccontata nel film-tv in onda ieri sera su Rai1. Protagonista un ragazzino, abbandonato dai genitori, costretto a vivere in una casa-famiglia. Una storia ispirata dalla realtà.

«Sono al mio 47esimo film, ma Il bambino cattivo ha delle peculiarità particolari».

Perché?

«Un’esposizione così totale nella mia esperienza di vita non c’era mai stata».

Cosa l’ha spinta a raccontare in un film per la tv la storia di un’infanzia negata?

«Ritenevo necessario questo film, bisogna essere sordi per non rendersi conto della situazione della famiglia in Italia. La deflagrazione del contesto familiare è sotto gli occhi di tutti, questa schiera di figli unici destinati a non avere fratelli è deprimente. So di essere impopolare nel dire una cosa simile, ma insieme ai fratelli scompaiono anche altre figure come i cugini o gli zii».

Si è ispirato a vicende personali?

«Non ho inventato nulla, ho solo testimoniato la realtà. L’ho scritto dopo aver visto le immagini del bambino di Padova, portato via, fuori scuola, dalla polizia, strappato, conteso. Ho patito quell’evento forse in maniera eccessiva. E poi l’ho scritto perché in fondo la vecchiaia coincide con l’infanzia: sia il vecchio che il bambino hanno paura, entrambi hanno a capacità di fantasticare».

Nel film-tv il bambino viene affidato a una casa famiglia piuttosto che a una nonna che si dichiara disponibile ad accoglierlo. È possibile questo nella realtà o è un’esagerazione dettata dalla finzione?

«Di fronte agli atteggiamenti scomposti della nonna, che naturalmente lo fa a fin di bene, il giudice minorile, ubbidendo alle regole, lo affida a una casa famiglia. Questo avviene nella realtà».

È vero che per scrivere si è fatto aiutare da suo nipote, un bambino?
«Gli ho chiesto i dettagli su quel mondo in cui si va a nascondere, il calcio, i videogiochi, il wrestling, tutte le vie di fuga che un bambino si costruisce».

Crede che questo film dovrebbe essere proiettato anche nelle scuole?

«Non lo so, di certo mi auguro che appena finito ci sia un essere umano di sesso maschile che si sia riconosciuto in questo padre e che faccia una telefonata alla moglie. Allora sì che questo film avrebbe un senso».

Temeva gli ascolti?

«Sì, la pagella dei numeri è sempre lì, ma mi auguro che non sia poi così determinante. Trovo che la frase “ha vinto la serata…” sia la cosa più indecente che esista».

 

Tiziana Leone

 

(Nella foto Pupi Avati)