Pubblicato il 14/10/2013, 12:00 | Scritto da La Redazione

DAL 2016 IL CANONE POTREBBE PASSARE ANCHE AD ALTRI. IN CAMPO ANCHE LE RETI REGIONALI

DAL 2016 IL CANONE POTREBBE PASSARE ANCHE AD ALTRI. IN CAMPO ANCHE LE RETI REGIONALI
  Come previsto dalla legge Gasparri, il 2015, dato di espirazione del contratto che si va a firmare, è la dead line dell’esclusiva di servizio pubblico per la Rai. Dopo di allora anche altre tv potranno ambire alla qualifica di concessionario di servizio pubblico, che significa mettere le mani sul miliardo e oltre di euro.meta […]

 

Come previsto dalla legge Gasparri, il 2015, dato di espirazione del contratto che si va a firmare, è la dead line dell’esclusiva di servizio pubblico per la Rai. Dopo di allora anche altre tv potranno ambire alla qualifica di concessionario di servizio pubblico, che significa mettere le mani sul miliardo e oltre di euro.meta name=”Canone, Rai, tv private, servizio pubblico”

Rassegna Stampa: Il Messaggero, pagina 7, di Al.Gu.

Dal 2016 il canone potrebbe passare anche ad altri. In campo le reti regionali

ROMA Bisogna avere la pazienza e l’attenzione di leggere fino alla fine le trenta pagine della bozza del contratto di servizio tra la Rai e lo Stato per scovare le insidie che il documento riserva per la tv pubblica. Il contratto, cui da mesi lavorano uomini del governo e di viale Mazzini, ora è all’esame della commissione parlamentare di Vigilanza per il via libera finale, è da qualche tempo oggetto di indiscrezioni, diffuse da chi lo giudica un cavallo di troia per la privatizzazione (almeno parziale) o addirittura la liquidazione della Rai. Intanto un dato. Come previsto dalla legge Gasparri, il 2015, dato di espirazione del contratto che si va a firmare, è la dead line dell’esclusiva di servizio pubblico per la Rai. Dopo di allora anche altre tv potranno ambire alla qualifica di concessionario di servizio pubblico, che significa mettere le mani sul miliardo e oltre di euro (che sarebbe un terzo in più se si combattesse l’evasione) del canone di abbonamento alla televisione.
LA BOZZA
La bozza del nuovo contratto, all’articolo 23, proprio nell’ultima pagina del documento, recita testualmente sotto il titolo Consultazione pubblica: «In previsione della data di scadenza fissata al 6 maggio 2016, sull’esempio di altri broadcaster europei, la Rai effettua delle indagini demoscopiche focalizzate su tematiche editoriali legate alla nuova concessione, informando il ministero su finalità, metodologie e risultati e coopera con il ministero nello svolgimento della consultazione pubblica». Insomma, la Rai collaborerà a
stabilire chi potrà prendere il suo posto: ovviamente ciò le conferisce un notevole vantaggio su eventuali competitor, ma per la prima volta si mette nero su bianco che non è detto sia viale Mazzini ad incassare il canone. Perlomeno a cominciare dal 2016. Chi sono i possibili altri soggetti interessati? Anni fa Fedele Confalonieri, un po’ per provocazione, lanciò l’idea di destinare Rete4 al servizio pubblico. Una rete basterebbe, perché da dicembre sarà obbligatorio una sorta di bollino-qualità che comunichi agli spettatori quali sono i programmi di servizio pubblico, pagati dal canone, e quali quelli commerciali, realizzati grazie alla pubblicità.
«Io scommetterei però più su un interesse di Sky, che si è appena affacciata al digitale terrestre ed ha spazio e risorse a volontà», commenta il segretario del sindacato (Usigrai) dei giornalisti Rai, Vittorio Di Trapani. «C’è la possibilità, spiega, che la Rai concentri su Raidue, la rete in maggior sofferenza, tutta o quasi la programmazione di servizio pubblico per dare maggiore libertà alle altre. Potrebbe essere il primo passo verso una privatizzazione. Ma il vero rischio per me è un altro. Che si vada, ed è previsto dalla Gasparri, a uno spacchettamento del canone, con magari la cessione dell’informazione regionale a emittenti locali».
Segnali in materia ce ne sono. Deputati, tra l’altro membri della Vigilanza Rai come Renato Brunetta (Pdl) e Maurizio Rossi (Scelta civica), hanno creato osservatori che bacchettano la tv pubblica. La TgR, la testata regionale più ricca di giornalisti, è oggi senza direttore. Ce n’è abbastanza per far tremare la Rai, che, con la crisi della pubblicità, basa i suoi ricavi per ben oltre il 50 per cento proprio sul canone.