Pubblicato il 12/10/2013, 14:35 | Scritto da La Redazione

PAOLA FERRARI: «LA CRISI DEI TALK SHOW? INEVITABILE NON TUTTI SONO VESPA E SANTORO»

PAOLA FERRARI: «LA CRISI DEI TALK SHOW? INEVITABILE NON TUTTI SONO VESPA E SANTORO»
In un’intervista al quotidiano “Il Tempo”, la conduttrice de “La domenica sportiva” parla di televisione generalista e talk show. meta name=”news_keywords” content=”paola ferrari, il tempo, la domenica sportiva“ Rassegna stampa: Il Tempo, pagina 25, di Massimiliano Lenzi. La tv delle chiacchiere/22 Paola Ferrari «La crisi dei talk show? Inevitabile Non tutti sono Vespa e Santoro» […]

In un’intervista al quotidiano “Il Tempo”, la conduttrice de “La domenica sportiva” parla di televisione generalista e talk show.

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Rassegna stampa: Il Tempo, pagina 25, di Massimiliano Lenzi.

La tv delle chiacchiere/22 Paola Ferrari

«La crisi dei talk show? Inevitabile Non tutti sono Vespa e Santoro»

Maurizio Costanzo, Massimo Giletti, Enrico Mentana, Bruno Vespa. E poi Minoli, Guglielmi, Gianluigi Paragone, Luxuria, Augias, Mimun, Venier, Carlucci, Ricci, Vinci, Sottile, Telese, Conti, Davide Parenti, Duilio Giammaria, Piero Angela, Corrado Formigli. Commentatori che hanno raccontato i talk show su «Il Tempo». Ora è il turno di Paola Ferrari.

«La crisi dei talk? Non mi piace dire… l’avevo detto, ma nel mese di giugno avevo previsto l’affollamento di tali show nel panorama televisivo autunnale. Ma sembrava che sorprendentemente nessuno se ne accorgesse! I gravi problemi di budget delle reti hanno fatto indirizzare molti direttori di testata verso gli spazi di approfondimento più agevoli dal punto di vista dei costi, ma l’overdose era facilmente prevedibile. Oltre all’affollamento manca originalità e veri anchorman/ woman che abbiano presa sul pubblico. Non nascono Santoro o Vespa tutti i giorni».

Paola Ferrari, giornalista, conduttrice tv, alla guida de La Domenica sportiva, la tv la mastica dai tempi del Portobello di Enzo Tortora.

Cosa consiglia Paola Ferrari per alzare gli ascolti?

«Per fare ascolti bisogna trovare anche personaggi nuovi, non i soliti politici che la gente aborre. È questo non è facile».

Condurrebbe volentieri un programma politico?

«In questo momento assolutamente no. Ma se dovessi farlo penserei ad un programma nuovo con temi importanti per il pubblico e con i cittadini protagonisti. Una via dimezzo tra Mi manda Rai Tre ed A Bocca aperta di Gianfranco Funari, precursore di tanti programmi. Ma bisogna creare nuovi format e non è certo facile».

Politica e sport: quale calciatore vedrebbe in politica e quale politico nel calcio?

«Il calciatore più “politicizzato” che vedo in questo momento è sicuramente Gigi Buffon. Da tempo schierato su posizioni riconducibili al centro destra. Ha valori forti da trasmettere, ha voglia di farlo senza timori, è schietto e riesce con facilità ad arrivare alla gente. Di politici “calciatori” neve do pochi. Non sanno fare squadra e il calcio è un gioco di squadra. Troppo tesi a pensare a loro stessi. Bersani come coach sarebbe stato subito esonerato. Renzi, il rottamatore, sarebbe stato rapidamente isolato in uno spogliatoio dove i senatori comandano sempre. Forse Alfano qualche requisito lo avrebbe, specialmente in fase di calciomercato».

Il talento che l’ha sorpresa di più?

«La vera scoperta in questo momento è Gervinho, ma io punto molto anche su Strootman, centrocampista nazionale olandese arrivato alla Roma. Capace di qualità e quantità. La Roma in questo momento ha il centrocampo più forte d’Italia, anche della Juve».

La tv generalista è stanca?

«Per la tv generalista rinnovarsi è complicato in un periodo dove mancano le risorse. Il primo punto è fidelizzare il proprio pubblico, senza correre appresso alle tv satellitari e tematiche. Basta guardare gli ascolti de La Domenica Sportiva, su Rai Due, un programma dato per morto 5 anni fa e che invece di sparire ha aumentato via via lo share, vincendo ormai regolarmente la seconda serata della domenica. Da anni comunque mancano idee, i format sono sfruttati al midollo ma il bacino di utenti è ancora molto vasto. Rafforzare il senso di servizio pubblico, per esempio per la Rai sarà fondamentale, investendo però sul web, sui nuovi linguaggi».

La Regione Piemonte, promotrice di Io Lavoro, occasione di incontro fra imprese e persone in cerca di occupazione, dedica quest’ anno una sezione a “Quando dalla tv passa la ricerca di lavoro”. La tv è una delle poche forme di mobilità sociale rimaste in Italia?

«Parlare di mobilità sociale in Italia è impossibile. Forse lo sarà per i nostri figli ma questa generazione pensa ancora al posto fisso senza capire che il mondo è cambiato. Le reti generaliste sono in profondo rosso e stanno cercando con fatica di limitare sprechi e far quadrare i bilanci. Ma se intendiamo la tv come bacino di posti di lavoro grazie a produzioni esterne ed indipendenti e grazie anche al moltiplicarsi di canali, può essere una strada. Ma bisogna percorrerla solo da un punto di vista strettamente professionale e di respiro europeo. Mentalità che si stanno per fortuna affermando».

Antonio Ricci dice che è il momento di riformare l’Auditel, è d’accordo?

«L’Auditel ha rovinato la qualità dei programmi, lo sappiamo, ma è un male inevitabile. Purtroppo non si può tornare indietro. Il denaro comanda sempre».