Pubblicato il 24/09/2013, 15:04 | Scritto da La Redazione

BARBARA FORIA: «I MIEI MONOLOGHI SI ISPIRANO AL QUOTIDIANO. VORREI TORNARE A LAVORARE CON SIMONA VENTURA»

TVZOOM ha incontrato la comica napoletana, quest’anno presente ogni lunedì in prime time su Italia 1 nella squadra di “Colorado”. Ritratto di un’attrice che appartiene alla generazione rosa dei talenti di cabaret.meta name=”news_keywords” content=”<barbara foria, italia 1, colorado, cielo che gol>”

Sono belle, talentuose, spigliate. Senza bisogno di essere spogliate. Sanno far ridere, osservano la realtà nei suoi tratti così grotteschi da essere reali, e la rielaborano in materiale da palcoscenico. Sono la generazione rosa della comicità. Barbara Foria, favella napoletana e attitudine travolgente, ne fa parte a buon diritto. Ogni lunedì, con i suoi monologhi a Colorado, su Italia 1. E a fianco di Simona Ventura, nella scorsa stagione, a Cielo che gol!.
«Il più grosso problema degli esordi? Vincere la diffidenza del pubblico», confessa a TVZOOM.
Diffidenza femminile o maschile?
«Durante gli anni di gavetta, nei live, di entrambi. Succedeva a volte che le donne ti guardassero con sospetto, pronte a criticare, pronte a dire: “E mò questa chi è?”. Sai, a volte noi donne siamo stronzette, non sappiamo fare gruppo, essere complici. La diffidenza maschile, invece, si basa sul luogo comune “Tanto la donna non sa far ridere”».
Invece è nata una generazione rosa della comicità. Quel luogo comune si sta incrinando.
«Esistono comiche bravissime dai tempi di Franca Valeri. Oggi finalmente c’è più possibilità di affermarsi. Non si deve far distinzione di sesso tra talenti comici. Non ha senso. A volte però, sono proprio i colleghi uomini a lanciare qualche stilettata. Ma solo perché, in fondo, sono loro le primedonne (ride, nda)».
La nuova stagione di Colorado è cominciata. Come si sente?
«Ci sono ottime prospettive di raccolta, dopo la scorsa stagione, che è stata di semina. Sono felicissima di essere stata rinconfermata nel cast. Non era affatto scontato. Sono piaciuta agli autori, al regista. Un riconoscimento personale al mio lavoro, ma anche a tutta la squadra. L’atmosfera di Colorado è coesa, siamo uno splendido gruppo».
Lei è una monologhista, deve catturar l’attenzione con la sola forza della parola.
«Ammiro i personaggi che si creano un profilo sfruttando aspetti scenografici ed estetici, ma la mia dimensione è quella del monologo. La mia napoletanità mi impone di parlare senza freni».
Da dove attinge, nello scrivere i suoi testi?
«Da tutto ciò che mi circonda. Dalla quotidianità, soprattutto. Osservo quel che mi capita attorno. Ascolto i racconti di amici e parenti. Ora ricevo spunti anche dai fan, dalle persone che incontro. La mia cifra non è il surreale, ma le piccole cose del quotidiano. Quelle in cui il pubblico si riconosce».
Il famoso principio dell’immedesimazione.
«Il monologhista fa satira sociale povera e ne va fiero. Il suo punto di forza sta nel divertire raccontando e rielaborando cose che potrebbero accadere a chiunque».
Allora oggi la diffidenza del pubblico non c’è più!
«Anzi, ricevo messaggi e spunti da tanti fan. Le donne che si identificano in quel che racconto mi sostengono e mi supportano».
Ripensa mai ai tempi della gavetta?
«Un sacco di volte. Ho fatto una gavetta assai formativa. Andavo nei pub più skrausi, quelli di periferia, a volte da sola, guidando la mia macchina. Ogni sera era una nuova avventura. Ricordo uno spettacolo a Faenza, in cui il pubblico rumoreggiava e quasi mi impediva di parlare. Io non sapevo come pormi, cercavo di andare avanti. A un certo punto è arrivato il cameriere con un flute di champagne, dicendomi che era offerto da un tavolo in prima fila. Era il tavolo più rumoroso, ragazzi a cui non importava nulla dello spettacolo. Me ne sono andata!»
La bellezza unita al talento destabilizza. Pensi alla sua collega Virginia Raffaele.
«Conosco bene Virginia, è una gnocca paurosa, oltre a essere una grande attrice di teatro. Sta facendo grandi passi nella sua carriera, un percorso analogo a quello della bravissima Paola Cortellesi. Sono davvero felice per lei».
La Raffaele imita Belen, Belen è stata sul vostro palco di Colorado, nelle scorse stagioni.
«Mi ricordo di Belen già ai tempi de La Tintoria. È bellissima, e trovo sia anche brava. Di solito, io caldeggio i talenti delle attrici italiane, nella nostra tv. Ma lei è una splendida eccezione».
Lei a che cosa punta?
«Io voglio inserirmi in questa scia, come sto facendo ora. E, oltre alla tv, voglio continuare a fare teatro. Presto tornerò a Roma con un mio spettacolo, al Teatro dei Satiri. Per la prima volta, mi faranno recitare nella sala grande. Una bella soddisfazione. Mi piace vedere il mio faccione sulle locandine».
Per la tv ha qualche sogno nel cassetto?
«Mi piacerebbe condurre in maniera frizzante un format ben studiato. Non necessariamente qualcosa di comico, come Colorado o Zelig. Qualcosa di diverso. E poi voglio fare radio, io sono nata lì. E vorrei tornare a lavorare con Simona Ventura».
Già, Simona Ventura. Con lei ha partecipato alla stagione di Cielo che gol!
«Cielo che gol! è stata un’esperienza fighissima. Simona è una macchina da guerra. Andavo in studio con gioia, non vedevo l’ora di cominciare. Il mio desiderio, in passato, era partecipare a Quelli che il calcio, da tifosissima del Napoli. Non ci sono mai riuscita. Quando mi è arrivata la telefonata per il casting di Cielo che gol! non ci potevo credere. Mi sono precipitata. Sono rimasta in buoni rapporti con tutto il cast. Con Vera Spadini e Cristina De Pin ci sentiamo spesso, siamo rimaste amiche».
Lei è tifosa del Napoli: nel suo mestiere, sarà stata influenzata dalla scuola napoletana.
«I modelli di comicità napoletana sono tantissimi, si tratta di un mondo multiforme. Ricordo quando, da studentessa universitaria, mi guardavo gli spettacoli di Telegaribaldi, una rete locale che ha forgiato tantissimi talenti. E poi sono sempre stata fan di Totò, Troisi. Tanti esempi di grande valore».
Made in Sud, promosso in Rai, è un altro esempio.
«Conosco moltissimi colleghi che lavorano a Made in Sud. Ancor prima di andare sulla Rai, era già un fenomeno di culto in tutta la scena meridionale. Il sud, da questo punto di vista, fa storia a sé. C’è grande campanilismo, e ci si supporta a vicenda. Anche se io sono una napoletana atipica, ho lasciato la mia città per andare a vivere a Roma, questo mi ha un pochino allontanata dalle opportunità delle reti regionali».
I contenitori di cabaret televisivi stanno vivendo un momento di gloria. Eppure c’è chi dice che ci sia bisogno di inserire innovazioni.
«Concordo. Per evitare che tutto diventi schematico e ripetitivo, è necessario osare. Colorado ci sta provando, per esempio con la scelta di comici per la prima fascia, dedicata a un pubblico più giovane, e quelli per una fascia più adulta. L’essenziale è sperimentare».
Il web è fonte di sperimentazione.
«Io non sono molto tecnologica, la mia generazione ha conosciuto il web quando era già grandicella. Ma le opportunità che offre sono enormi. Penso al successo delle web series. O penso a quel comico americano che ha creato uno spettcolo solo per il web, senza mai mostrarsi dal vivo, totalizzando un numero impressionante di click. Oppure, ancora, mi viene in mente Maccio Capatonda. Però non c’è una legge che stabilisca gli ingredienti del successo. E non si deve alimentare la falsa speranza che, con il web, chiunque possa improvvisarsi attore senza esperienza».
Ma l’ingrediente del successo, se si ha talento, esiste?
«Lottare duro e avere una buona dose di culo, diciamolo».
Altrimenti, occorre un piano B.
«Ah, ma io ce l’ho il piano B. Sono avvocato, senza aver mai esercitato. Ma se mai mi mettessi a farlo, il paradosso sarebbe gestire cause di divorzio: proprio io, che nei miei monologhi parlo di fidanzati e rapporti di coppia! (ride, nda)».
Bene: il piano B, c’è. Anche se non deve usarlo.
«Ecco. Magari allora mi studio un piano C».

 

Gabriele Gambini

(Nella foto Barbara Foria)