Pubblicato il 17/09/2013, 10:03 | Scritto da La Redazione

ALDO GRASSO: «LA TV GENERALISTA E LA SFIDA DEI 7 CANALI»

ALDO GRASSO: «LA TV GENERALISTA E LA SFIDA DEI 7 CANALI»
La stagione tv è alle sue prime battute e le reti generaliste, dopo un’estate in cui hanno pressoché lasciato campo libero ai canali digitali e pay, tentano di riappropriarsi del pubblico di massa. Ma di fronte al moltiplicarsi delle offerte e al frammentarsi dei consumi, quale ruolo resta ai primi sette canali? Una riflessione del […]

La stagione tv è alle sue prime battute e le reti generaliste, dopo un’estate in cui hanno pressoché lasciato campo libero ai canali digitali e pay, tentano di riappropriarsi del pubblico di massa. Ma di fronte al moltiplicarsi delle offerte e al frammentarsi dei consumi, quale ruolo resta ai primi sette canali? Una riflessione del critico tv del Corriere della Sera.meta name=”Aldo Grasso, tv generalista, digitale”

Rassegna Stampa: Corriere della Sera, pagina 63, di Aldo Grasso.

La tv generalista e la sfida dei 7 canali

La stagione tv è alle sue prime battute e le reti generaliste, dopo un’estate in cui hanno pressoché lasciato campo libero ai canali digitali e pay, tentano di riappropriarsi del pubblico di massa. Ma di fronte al moltiplicarsi delle offerte e al frammentarsi dei consumi, quale ruolo resta ai primi sette canali? La televisione che si rivolge a tutti ha ancora un senso? La riflessione prosegue inesausta da qualche anno, e la cover story dedicata al «Piccolo grande schermo» dell’ultimo numero della rivista.

Studio aggiunge un ulteriore tassello. Partendo da una posizione provocatoria, almeno per gli opinion leader che ritagliano il campo televisivo fingendo che tutto ciò che non guardano non esista: la televisione generalista non va liquidata, ma è centrale nel creare eventi, nello stabilire abitudini, nell’insinuarsi tra le pieghe del quotidiano. Sta cambiando, certo, ha compiuto vari errori, ma è l’unica capace di aggregare ancora grandi quantità di pubblico (e far felici molti investitori). Lì sta la sua forza e, come indica Fabio Guarnaccia, una tv divenuta «stra-generaloista» deve «isolare i suoi tratti identitari, differenziando la propria offerta, producendo un numero maggiore di contenuti originali». La riflessione prosegue con il modello (economico e narrativo) di Netflix, all’opposto del generalismo, con un dietro le quinte sulla gestione del pubblico in studio, con una carrellata sui produttori di serie tv. Senza dimenticare il web, che ha colonizzato (in forme ora ingenue ora consapevoli) molti programmi e che tiene la tv al centro dei suoi discorsi: come scrive Luca Barra, il piccolo schermo «parla a tutti e  a tutti insieme proprio perché dà (o finge di dare) a ciascuno ciò di cui ha bisogno». Se la fine dell’anno televisivo è tempo di bilanci, la sua ripresa è piena di buoni propositi. Stiamo a vedere cosa ci aspetta.