Pubblicato il 12/09/2013, 12:32 | Scritto da La Redazione

“MISSION”, REALITY AL CAMPO PROFUGHI. LA RAI DENUNCIA UN CASO CENSURA

“MISSION”, REALITY AL CAMPO PROFUGHI. LA RAI DENUNCIA UN CASO CENSURA
Sul reality Rai scoppia il caso censura. Il grillino Fico, presidente della Vigilanza, chiede di vedere la cassetta di «The Mission» prima che venga messo in onda. Secco no dei vertici della tv di Stato: mai accaduto prima. Ma Anzaldi (Pd) insiste e lamenta «reticenze offensive». meta name=”news_keywords” content=”il messaggero, the mission, rai, fico, m5s“ […]

Sul reality Rai scoppia il caso censura. Il grillino Fico, presidente della Vigilanza, chiede di vedere la cassetta di «The Mission» prima che venga messo in onda. Secco no dei vertici della tv di Stato: mai accaduto prima. Ma Anzaldi (Pd) insiste e lamenta «reticenze offensive».

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Rassegna stampa: Il Messaggero, pagina 7, di Fulvio Bianchi.

Mission, reality al campo profughi. La Rai denuncia un caso censura

Sul reality Rai scoppia il caso censura. Il grillino Fico, presidente della Vigilanza, chiede di vedere la cassetta di «The Mission» prima che venga messo in onda. Secco no dei vertici della tv di Stato: mai accaduto prima. Ma Anzaldi (Pd) insiste e lamenta «reticenze offensive».

Braccio di ferro tra la Rai e la Commissione di Vigilanza. Il grillino Fico, presidente della Vigilanza, ha chiesto di vedere la cassetta di «The Mission» prima che venga messo in onda. Secco no dei vertici della tv di Stato: non è mai accaduto prima. Ma Anzaldi, del Pd, insiste e parla di «reticenze offensive». Lo scontro sulla trasmissione Mission, che dovrebbe servire a sensibilizzare sul dramma dei profughi di guerra, è cominciato ad agosto quando alcuni deputati del Pd, Sel e M5S avevano chiesto al presidente della Commissione di intervenire per avere chiarimenti sulla partecipazione di protagonisti vip.

Alla Rai trattengono a fatica la stizza. E la preoccupazione. E non esitano a usare l’espressione «censura». È ormai un vero e proprio braccio di ferro quello ingaggiato da Viale Mazzini con la Commissione di Vigilanza dell’azienda e alcuni settori del Parlamento. Terreno di scontro la trasmissione Mission, un docu-reality in programma il 4 e I’11 dicembre prossimo in prima serata su Rai1. E che, nei progetti della tv di Stato, dovrebbe servire a sensibilizzare il pubblico sul dramma dei profughi di guerra negli angoli più tribolati del pianeta. Come il Sud Sudan e il Mali, ad esempio. Lo scontro era cominciato ad inizio agosto quando alcuni deputati del Pd (cui si erano poi aggiunti parlamentari di Sel e M5S con Grillo in testa) leggendo indiscrezioni di stampa sulla natura del format in cantiere avevano chiesto al presidente della Commissione, Roberto Fico, di intervenire sui vertici Rai per avere chiarimenti. Nel mirino la possibile partecipazione di protagonisti vip, i supposti premi in denaro e le notizie incontrollate su mirabolanti cachet con i quali remunerare stelle dello spettacolo inviate nelle tendopoli. Insomma, a far storcere il naso il sospetto che il programma altro non fosse che un reality senza scrupoli giocato sul dolore e sulla sofferenza.

Un sospetto che, nei giorni scorsi, Viale Mazzini ha cercato di smontare chiarendo con tanto di nota ufficiale che «la trasmissione televisiva Mission non è in alcun modo un reality ma un progetto di social tv nel quale alcuni volti noti, che non saranno remunerati salvo un rimborso spese, per un periodo di tempo limitato affiancheranno gli operatori umanitari di Unhcr e Intersos nel loro lavoro di protezione e assistenza ai rifugiati». Insomma, nessun cachet milionario (si era persino diffusa la voce di un compenso di 500 mila euro per Albano Carrisi) e tanto meno nessun gioco legato alla trasmissione.

Sicura invece l’esistenza di una copertura «istituzionale» di due organismi in prima linea nelle missioni umanitarie, di cui uno legato all’Onu. Chiarimenti e rassicurazioni evidentemente non sufficienti ai deputati del Pd Michele Anzaldi (segretario della Commissione di Vigilanza), Gero Grassi, Federico Gelli e Luigi Bobba. Che in una lettera indirizzata due giorni fa al presidente Fico si sono lamentati per i «ritardi e le reticenze offensive» della Rai. «Nel pieno di una situazione internazionale scrivono i deputati Pd che vede per il mondo il rischio di un nuovo conflitto in Medio Oriente, la Rai sembra intenzionata a proporre un programma che dovrebbe mescolare il dolore dei rifugiati con la spettacolarizzazione dei vip. Un accostamento sul quale il Parlamento vuole subito chiarimenti». Un pressing di fronte al quale Fico si sarebbe convinto a fare un passo avanti significativo, chiedendo informalmente al presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, di poter visionare il materiale girato finora dall’azienda.

Una richiesta però giudicata irricevibile dalla manager, che ora aspetta la richiesta formale preannunciata da Fico. La vicenda, come si vede, ha fatto un salto di qualità rispetto alle polemiche estive e tocca uno dei fili scoperti e mai disinnescati del rapporto tra politica e Viale Mazzini. Fonti Rai, facendo tra l’altro notare che di materiale girato non c’è che un «pilota« risalente ormai ad un anno fa (protagonisti Barbara De Rossi e Michele Cocuzza in Mali) e altre scene girate successivamente da Emanuele Filiberto in Sudan, osservano che tra i poteri della Vigilanza è tassativamente escluso quello di prendere visione preventiva («e ci mancherebbe altro», si sospira) dei contenuti di un programma. E invitano a riflettere sulle conseguenze di tale eventualità: «Il giorno dopo saremmo esposti alle richieste di chiunque, politici di piccolo e grande calibro, per qualunque trasmissione». Il timore che serpeggia tra i vertici Rai, insomma, è che Mission possa diventare il cavallo di Troia infilato dentro l’azienda per controllarne, più di quanto storicamente non sia già avvenuto, strategie e mosse. E all’obiezione che tra i poteri della Vigilanza c’è quello di intervenire con «atti di indirizzo», la risposta è che «questo non vuol dire poter interferire sulla costruzione dei programmi, né tantomeno azionare la censura preventiva. Se il programma è fatto male, i responsabili vengono criticati e ne pagano le conseguenze. Ma dopo, non prima».