Pubblicato il 06/09/2013, 10:31 | Scritto da La Redazione

RAI, I 700 MILIONI CHE MASI NON VOLLE

RAI, I 700 MILIONI CHE MASI NON VOLLE
Il Consiglio di Stato condanna la tv per il mancato accordo con Sky, perché l’ex dg non paga?meta name=”Masi, dg, Sky, Rai” Rassegna Stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 8, di Loris Mazzetti. Rai, i 700 milioni che Masi non volleIL CONSIGLIO DI STATO CONDANNA LA TV PER IL MANCATO ACCORDO CON SKY. PERCHÉ L’EX DG […]


Il Consiglio di Stato condanna la tv per il mancato accordo con Sky, perché l’ex dg non paga?meta name=”Masi, dg, Sky, Rai”

Rassegna Stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 8, di Loris Mazzetti.

Rai, i 700 milioni che Masi non volle
IL CONSIGLIO DI STATO CONDANNA LA TV PER IL MANCATO ACCORDO CON SKY. PERCHÉ L’EX DG NON PAGA?
Berlusconi, stando seduto a palazzo Chigi, non solo ha seguito criminosamente gli affari delle sue società ma ha condizionato la Rai attraverso la nomina di direttori a lui sottomessi, professionalmente scadenti, capaci di produrre danni immensi alla tv pubblica, cioè al bene comune. La medaglia d’oro va a Mauro Masi direttore generale da aprile 2009 a giugno 2011, tornato alla ribalta in questi giorni per la sentenza del Consiglio di Stato, a favore di Sky, che ha condannato la Rai, la piattaforma satellitare Tivusat spa e l’Agcom, per aver oscurato i canali digitali della tv pubblica sulla piattaforma satellitare di Murdoch, in particolare la Rai non ha rispettato gli “obblighi di servizio pubblico e del contratto di servizio ( ) e la possibilità per tutti gli utenti di ricevere la programmazione pubblica gratuitamente su tutte le piattaforme distributive”. Nel 2009 Berlusconi, per tentare di arginare il successo di Sky, si inventò una nuova piattaforma satellitare Tivusat, alla quale, oltre a Mediaset, hanno aderito: Rai, Telecom (La7), la Federazione della radio e delle televisioni (Frt) e l’Associazione delle tv-radio locali e in Internet (Aeranti-Corallo). Il vertice Rai ha rinunciato all’offerta di Murdoch di 350 milioni di euro per 7 anni per il rinnovo del contratto. Masi, in simbiosi con Paolo Romani (viceministro con delega alle Comunicazioni), non ha mai aperto la trattativa. L’OBIETTIVO DI SKY (la fonte è autorevole) era di chiuderla alla cifra di 100 milioni annui. Masi ha rinunciato a circa 700 milioni di euro, facendo chiudere Raisat, che coordinava i rapporti editoriali con Sky: l’unicaconsociata in attivo. Anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si è sentito in dovere di intervenire. Il 6 agosto del 2009 Masi ha presentato una relazione a giustificazione, nella quale ha precisato che la decisione di interrompere il rapporto con Sky avrebbe creato “una maggior centralità della Rai nel nuovo scenario multipiattaforma e multicanale (… ) avremmo svenduto anzi regalato a Sky tutta l’offerta della Rai in aggiunta ai canali Raisat, sarebbe stato quello sì, un atto contrario agli interessi e alla tutela del servizio pubblico”. È stata una grave decisione perché la Rai ha abbandonato la strada intrapresa alla fine degli anni Novanta che aveva portato alla costituzione di Raisat spa all’interno di un accordo di partecipazione dell’azienda nella piattaforma satellitare Telepiù, allora in competizione con Stream. La decisione di Masi ha costretto la Rai a svolgere il solo ruolo dell’editore, lasciando agli altri il nuovo mercato: Sky sul satellite, Mediaset e La7 sul digitale terrestre, Alice Telecom e Fastweb sul cavo IPInternet.  La decisione di far uscire Rai da Sky, è avvenuta all’inizio della grave crisi finanziaria, creando un danno economico all’azienda, indebolendola fortemente: tagli di budget delle reti, mancati investimenti sulle tecnologie, con conseguente perdita di qualità del prodotto. La malafede ha raggiunto il culmine durante
una audizione di Masi in Commissione di Vigilanza quando il dg ha raccontato che i 50 milioni di Sky sarebbero stati tranquillamente sostituiti dall’entrata pubblicitaria nei canali digitali: il primo anno fu di 10 milioni di euro e solo oggi, a fronte di uno share complessivo del 6 per cento, è di circa 60 milioni. La sentenza del Consiglio di Stato sottolinea che l’intera vicenda ha portato “un’alterazione della parità di condizioni nel mercato televisivo a favore di alcuni operatori privati attraverso l’impiego di risorse pubbliche”. É dovere del consiglio di amministrazione della Rai chiedere a Mauro Masi e a chi ha collaborato alle infauste decisioni, a tutela del bene comune, il risarcimento del danno erariale come previsto dal Codice civile.