Pubblicato il 04/08/2013, 14:31 | Scritto da La Redazione

CORSI, RICORSI E CONFLITTI. RIECCO IL FATTORE MEDIASET

CORSI, RICORSI E CONFLITTI. RIECCO IL FATTORE MEDIASET
Il Messaggero riporta i trent’anni Mediaset: «incroci con la politica, dal decreto Craxi alla sentenza di Roma. Molte le leggi di carattere generale usate dal Biscione per ottenere risparmi» Rassegna Stampa: Il Messaggero, pagina 6, di Marco Ferrante   Corsi, ricorsi e conflitti riecco il fattore MediasetTrent’anni di incroci con la politica, dal decreto Craxi […]

Il Messaggero riporta i trent’anni Mediaset: «incroci con la politica, dal decreto Craxi alla sentenza di Roma. Molte le leggi di carattere generale usate dal Biscione per ottenere risparmi»


Rassegna Stampa: Il Messaggero, pagina 6, di Marco Ferrante

 

Corsi, ricorsi e conflitti riecco il fattore Mediaset
Trent’anni di incroci con la politica, dal decreto Craxi alla sentenza di Roma

Molte le leggi di carattere generale usate dal Biscione per ottenere risparmi

IL FOCUS
ROMA L’epopea del rapporto tra la politica e la creatura economica di Silvio Berlusconi nasce nell’ottobre del 1984, quando Bettino Craxi, presidente del Consiglio, si schiera con Fininvest che trasmette contemporaneamente dai ripetitori regionali uno stesso programma nazionale. È la fine del monopolio Rai, l’inizio della grande espansione berlusconiana che si trasferirà poi dalla tv alla politica.
Alle elezioni del 1994, Berlusconi si presenta forte di una prima ristrutturazione del debito dell’azienda. La Banca di Roma di Cesare Geronzi finanzia l’acquisto del 24% di Fininvest da parte di Ennio Doris. Per Berlusconi quei 240 miliardi di lire sono più di una boccata di ossigeno.
OPERAZIONE DIFENSIVA
Il conflitto d’interessi, fattore permanente del discorso pubblico italiano, nasce in quei mesi. Per il Pds di Achille Occhetto, la nascita di Forza Italia è un’operazione puramente difensiva. Secondo una parte degli osservatori dietro lo schermo del partito liberale di massa il Cav. Teme di finire in una coda vendicativa della guerra senza quartiere dichiarata dal Pds ai craxiani. Nel suo primo anno di governo, la questione Fininvest resta sullo sfondo, grazie anche alla terzietà garantita dall’informazione di Canale5. Nasce però una polemica sui risparmi che Fininvest ottiene dall’applicazione di una norma generale sulla detassazione degli utili reinvestiti. Negli anni l’impatto delle norme generali sull’impero berlusconiano sarà sempre un argomento per gli avversari ma anche per l’azienda (si racconta che nelle ultime ore qualcuno si sia pentito di non aver utilizzato il condono del 2003 per risolvere il caso che poi ha portato alla condanna di due giorni fa). Nel 1995 i radicali promuovono e vincono tre referendum pro Fininvest, sulla concentrazione delle reti, sulle interruzioni pubblicitarie e sulla privatizzazione della Rai. Tra il ’95 e il ’96, il problema del debito del gruppo milanese resta. Nel 1996, regnante Romano Prodi, la Fininvest colloca in borsa circa il 25% del capitale. A 7.000 lire, 3,6 euro circa. Nel 1996 Massimo D’Alema inaugura la linea della pacificazione con una visita a Mediaset. Tra il 1997 e il 1999 i governi di centro-sinistra non affrontano il nodo del conflitto d’interessi e danno una mano al Cav. sulla permanenza di Rete4 sull’analogico terrestre. Nel 2003 intervenendo alla Camera Luciano Violante dichiara l’esistenza di un patto: già nel 1994 Berlusconi aveva ricevuto assicurazioni sulle tv, e il suo partito aveva concesso di fatto mano leggera sul conflitto d’interessi, tanto che il fatturato di Mediaset (parole di Violante) era cresciuto di 25 volte negli anni del centrosinistra. Tra il 1996 e il 2001, governi Prodi, D’Alema e Amato, il titolo Mediaset cresce del 178%, con un picco di 24,1 euro nel marzo del 2000.
IL PESO DELLA CONGIUNTURA
Il titolo Mediaset non avrà mai la stessa fortuna nei governi Berlusconi, anche a causa della congiuntura. Nel II Berlusconi segnerà -8%, nel II -4% e nel IV, ai tempi della Grande Crisi,  52%. Ma gli osservatori di questioni finanziarie fanno notare che se quando il Cav. è al governo non va il titolo, crescono però attivo e dividendi, per una maggiore attenzione degli investitori pubblicitari. Nel quinquennio di Berlusconi a palazzo Chigi, sul conflitto d’interessi succedono quattro cose che scateneranno dibattito e polemiche. Nel 2003 una nuova norma salva Rete4 e l’incentivo statale per l’acquisto di decoder che premia una società riconducibile a Paolo Berlusconi. Nel 2005, una norma, la ex Cirielli, che introduce nuovi termini di prescrizione per alcuni reati, considerata un aiuto per alcuni processi in cui il fondatore di Fininvest è coinvolto. Ma il fatto più interessante è l’introduzione della Gasparri che allarga il mercato pubblicitario su cui si calcolano i tetti, e ridisegna il sistema dell’offerta tv. Certo, una
legge sulla tv, con Berlusconi al governo, non poteva essere antiBiscione. Tanto che durante il II Prodi, tra il 2006 e il 2008 il mercato penalizza il titolo Mediaset perché scommette su un superamento della Gasparri, che però non arriverà. Anche perché col tempo l’effetto della Gasparri si rivelerà l’apertura dell’offerta televisiva con l’avvento del digitale terrestre che quest’anno vale il 36% del mercato.
LA CARICA CHE SI ESAURISCE
Il conflitto d’interessi resta sia come argomento polemico a volte strumentale (Sky che nel 2008 contesta l’armonizzazione fiscale europea dell’Iva per le pay-tv), sia come terreno di scontro tra tifoserie (vedi la causa da 560 milioni di euro contro la Cir di De Benedetti), sia come spinta alla chiusura per la cultura aziendale di Mediaset, che anche ma non solo a causa della questione politica finisce col perdere la carica di modernità che aveva segnato la rivoluzione della tv commerciale. Ma questa è un’altra storia. Che succederà adesso? Finora sotto il segno delle larghe intese il titolo Mediaset era cresciuto del 68%, dopo una lieve flessione dell’era Monti. Venerdì ha chuso a meno 1,96% dopo una giornata di altalena.