Pubblicato il 19/07/2013, 15:04 | Scritto da La Redazione

MICHELE CRISCITIELLO: «IL SEGRETO DI SPORTITALIA? AFFIDABILITÀ NEL DARE LE NOTIZIE E UNA REDAZIONE DI GIOVANI»

TVZOOM ha intervistato il giornalista che in questo periodo conduce numerose trasmissioni di calciomercato sul network SportItalia, negli ultimi mesi capaci di impensierire i grandi colossi televisivi.meta name=”news_keywords” content=”<michele criscitiello, sportitalia, speciale calciomercato>”

È estate, i tifosi di tutta Italia sono soffocati dalla tensione del calciomercato come lo sarebbe un perizoma tra le chiappe di un ippopotamo. L’offerta televisiva è ricca, ricchissima, pure troppo. E c’è chi si fa trovare pronto. Come il network Sportitalia che, numeri alla mano, riesce a far tremare le gambe di colossi come Sky e Mediaset.
Il segreto? «Un team giovanissimo, formato da giornalisti nati tra l’86 e il ’92, una maniacale attenzione nel cercare le notizie, un rapporto solido, costruito nel tempo, con procuratori, dirigenti sportivi e giocatori».
Parola di Michele Criscitiello, al timone della redazione di Aspettando Calciomercato, Speciale Calciomercato (dal lunedì al venerdì alle 23, e di Lo sai che? (venti minuti di filo diretto con gli spettatori, assieme a Alfredo Pedullà, dalla mezzanotte).
I dati auditel premiano le sue creature: Il Network Sportitalia chiude giugno 2013 con una media giornaliera di 0,61% individui e 1,10% maschi. Rispetto a giugno 2012 la share cresce del 30% e il minuto medio del 35%. Il canale con la crescita maggiore è Sportitalia1 che con 0,31% giorno cresce del 41% rispetto a giugno 2012 e del 50% sul minuto medio.Sportitalia24 cresce del 36% mentre Sportitalia2 è stabile. I contatti giornalieri del Network aumentano del 25% e si assestano sui 5milioni al giorno.
Con mezzi inferiori ai grandi colossi che si occupano di calcio, siete riusciti a plasmare format in costante crescita.
«Ci riempie di soddisfazione essere riusciti a portare al successo dei format con lo stesso argomento e lo stesso target di colossi come Sky, pur avendo mezzi economici decisamente inferiori. Quello del calciomercato è il periodo per noi più favorevole, in cui non vengono disputate le partite e possiamo giocarcela ad armi pari. Alla base del buon riscontro c’è l’essere riusciti ad acquisire forte credibilità nel fornire le notizie, creando una sorta di salotto politico del calcio, in stile Porta a Porta, a cui procuratori, dirigenti sportivi e personaggi autorevoli sono interessati a partecipare».
Il calciomercato si alimenta su suggestioni e sensazionalismi. Spesso è sottile il confine tra la bomba di mercato e la sparata ad arte per destare scalpore. Qual è il segreto per veicolare un’informazione corretta senza far cadere l’attenzione?
«Puntellare la credibilità nei confronti dei nostri utenti. Attraverso un serrato e costante rapporto con i dirigenti sportivi, guadagnando la loro fiducia pur non perdendo di vista l’approccio critico. Nelle nostre trasmissioni parliamo di tutte le squadre del campionato, non solo delle più importanti. Non siamo vincolati a partigianeria nei confronti di un particolare club. Abbiamo imparato a rielaborare le notizie rischiando. Per esempio, quando ci fu l’ultimo incontro tra Galliani e Tevez, numerose testate dissero che il campione argentino sarebbe andato al Milan. Noi abbiamo mantenuto la nostra linea, frutto dei rapporti proficui coltivati con numerosi procuratori, e abbiamo continuato a sostenere che Tevez sarebbe stato juventino. Così è stato. Il pubblico ci ha premiati».
Qualche stecca vi è mai capitata?
«Certo. Ai tempi della trattativa di Aquilani verso il Liverpool, mi fidai di una mia fonte e dissi che l’affare non sarebbe mai andato in porto. Mi sbagliai. E pagai lo scotto di questo. Fa parte del gioco. Per questo, nella mia redazione, non smettiamo mai di telefonare a dirigenti sportivi e procuratori per avere fonti fresche, cercare conferme e smentite. Con la differenza che, in 5 anni di duro lavoro, oggi capita più spesso che siano i dirigenti stessi ad essere interessati nel contattarmi per fornire notizie, che è nostra premura veicolare con attenzione, ponderando, senza alimentare sensazionalismi a tutti i costi».
Coltivare rapporti con questo o quell’altro dirigente può far alimentare accuse di partigianeria nei suoi confronti.
«Per questo è fondamentale saper rielaborare la notizia. E, soprattutto, non perdere mai di vista l’approccio critico, il giudizio giornalistico. Spesso mi è capitato di litigare furiosamente con i procuratori. In questo modo, però, ho costruito un rapporto sincero, basato sulla fiducia reciproca. Il mio punto di forza sta proprio nell’essere libero da condizionamenti dei club».
Non saranno mancati i momenti in cui l’hanno accusata di essere tifoso.
«Mi piace ritwittare gli insulti e le accuse che mi vengono mosse. All’epoca della bagarre che coinvolse Conte, presi posizione in suo favore dopo essermi fatto un’idea precisa della vicenda, consultando le carte. In molti mi accusarono di essere juventino. Poi ho criticato Marotta per alcune sue scelte di mercato. E in tanti insinuarono fossi anti-juventino. Lo spirito critico da giornalista libero non deve mai essere perso».
Le dinamiche nel fare calciomercato sono cambiate, al giorno d’oggi. Il web ha reso la diffusione delle notizie ultra rapida. Questo significa che la carta stampata ha perso autorevolezza?
«In Italia, ci sono 3 o 4 giornalisti che hanno in mano le vere notizie di mercato. Noi siamo tra questi. Siti come tuttomercatoweb, per fare un esempio, sono notevolmete avvantaggiati rispetto alla carta stampata. Il mercato cambia di minuto in minuto, live e rete godono di un punto di vista privilegiato nell’essere sul pezzo, nella diffusione tempestiva delle news. Prerogativa che un tempo era della carta stampata, oggi non più. Nonostante la bravura di moltissimi colleghi del settore, beninteso».
A proposito di news di mercato: il campionato italiano è destinato a esercitare un ruolo sempre meno determinante, nella geografia calcistica europea?
«Per altri 4 o 5 anni almeno saremo messi male. Colpa anche di un regime fiscale non certo vantaggioso. Se un club, in Italia, compra un giocatore dal mercato interno paga il doppio delle tasse, se lo compra dall’esterno ne paga la metà. Inoltre i club di altre nazioni europee sono fiscalmente favoriti».
Michele Criscitiello ha 30 anni, eppure parla da veterano. Lei ha sempre voluto fare questo mestiere?
«Da sempre. A 15 anni studiavo al liceo classico nella mia città, Avellino, ma mi interessava molto di più scrivere gli articoli che avrei letto nella tv locale con cui già collaboravo. Per mia fortuna nel 2003 l’Avellino tornò in serie B e arrivò Zeman. L’editore della tv invitò Pedullà, Maffei e Gianfranco De Laurentiis in trasmissione. Proprio De Laurentiis mi spronò a tentare di mettermi in gioco al di fuori di Avellino. Inviai parecchi curricula. Sportitalia mi rispose, la segretaria dell’editore Bogarelli mi propose un colloquio, sull’onda della mia insistenza. Solo che sbagliò a fissare la data e mi disse di farmi trovare in sede, a Milano, il giorno prima per il giorno dopo. Alle 7.30 di mattina. Non mi persi d’animo. Presi l’aereo e mi presentai. “Abbiamo bisogno di giovani così intraprendenti”, fu il commento di Bogarelli. Che mi mise in prova».
E poi?
«I patti erano: “Se è bravo lo teniamo, altrimenti non lo confermiamo”. Feci 7 giorni di prova. Era il 2005. Dissero che ero bravo, pur avendo margini di miglioramento. Solo che pareva non ci fosse budget sufficiente per tenermi. Io azzardai: “Ma allora perché mi avete fatto provare?”. Alla fine li convinsi. Ed eccomi qui. Pronto a lavorare da mattina a notte fonda».
Bacchetta magica alla mano, se dovesse immaginare una prospettiva di carriera?
«Con Bogarelli, l’attuale editore e con la libertà decisionale di cui godo, rimarrei a Sportitalia tutta la vita. Certo, potendo sognare, non mi dispiacerebbe in un futuro condurre un programma di approfondimento calcisitico sulle reti Mediaset. Potendo sognare, eh».
Si dice che alcune grandi realtà come la Rai siano legate ancora a una vecchia concezione di intendere il calcio in tv.
«Non giudico i colleghi. Mi limito ad applicare una filosofia che credo sia valida universalmente. Investire sui giovani. Creare una redazione affiatata. Stare sempre sul pezzo. Per quanto riguarda la Rai, sono legato sentimentalmente a tre grandi maestri: De Laurentiis, Maffei e Tosatti. Soprattutto De Laurentiis, dal quale accetto consigli e lavate di capo, se necessario».
Le qualità per essere un buon giornalista sportivo.
«Rapidità di conduzione. Concretezza. Affidabilità nel dare le notizie. Essere capaci di prese di posizione nette, animando il pubblico, dividendolo se necessario, ma garantendo chiarezza di giudizio giornalistico».
Lei si occupa anche della gestione di Udinese Channel.
«Mi hanno dato grande fiducia. Intendo ripagarla dando il massimo. Il calcio a Udine è un mondo meraviglioso. Dal punto di vista societario, sono dei fenomeni. I Pozzo, padre e figlio, sono persone affidabili, capaci, che sanno di calcio. Il padre non si è mai fermato un momento, è incredibile. Il figlio, ha imparato tutto da lui e ha saputo metterlo in pratica garantendo una continuità rara nelle grandi famiglie alla guida delle società».
Il suo più grande errore professionale, fino a oggi?
«La presa di posizione su Aquilani al Liverpool, come detto prima».
La sua più grande soddisfazione?
«Aver organizzato il Gran Galà dell’AIC nel 2012 e nel 2013. Da semplice gioco è diventato il più importante evento del calcio italiano. Abbiamo protato al Teatro Dal Verme di Milano 2000 persone, oltre ai calciatori e agli addetti ai lavori più importanti. L’ho condotto con Alessia Ventura. Davanti a una platea così grande, dapprima ero spaventato, poi mi sono davvero goduto il momento».

 

Gabriele Gambini

(Nella foto Michele Criscitiello)