Pubblicato il 17/05/2013, 13:33 | Scritto da La Redazione

“LA STORIA SIAMO NOI”: PERCHÉ I POLITICI NON SI OCCUPANO DEL PAESE, INVECE DI FARE INUTILI INTERROGAZIONI PARLAMENTARI SULLA TV?

La scelta editoriale dei vertici Rai di non rinnovare il contratto a Giovanni Minoli, come al solito, non è stata rispettata da politici inetti che si occupano di palinsesti tv invece di risollevare le sorti di questo Paese.

Vivo la vicenda de La storia siamo noi con un certo malessere. Parto con il dire che è uno dei miei programmi preferiti e che Giovanni Minoli è uno dei migliori professionisti della tv pubblica. Fatta questa premessa per fugare ogni dubbio, però, credo che in questa storia ci siano tutti i tratti del malcostume italiano. I fatti: la Rai ha annunciato che il contratto con Giovanni Minoli è scaduto, che il giornalista è in pensione e che quindi non verrà rinnovato. Il programma, invece, rimarrà in Rai gestito da altri. Scelta editoriale condivisibile o meno, soprattutto se la regola della pensione non è applicata a Bruno Vespa e a Piero Angela, ma, ripeto, rispetto la scelta editoriale dell’azienda.

All’annuncio della notizia, com’era successo per Miss Italia (nessuno si scandalizzi per il paragone), è partita la gara tra i politici, di destra e di sinistra, per rilasciare dichiarazioni in difesa del giornalista e della trasmissione, con interrogazioni parlamentari spese come noccioline. Ecco, ciò che mi provoca malessere è questa continua, inutile, dispendiosa, ingerenza della politica nelle scelte del management di Viale Mazzini.

Quando questa pessima abitudine passerà mai? In ogni Paese civile i manager della televisione pubblica vengono scelti in base ai loro meriti professionali e non per tessera di partito, come per esempio capita nella BBC inglese. Non solo, per tutta la durata del loro mandato nessuno si permette di interferire con strumenti parlamentari, anche perché i cittadini inglesi chiederebbero la rimozione dei parlamentari, che perdono tempo e soldi occupandosi di cose che non li compete, come la gestione dei palinsesti televisivi. Alla fine del mandato l’operato di questi manager viene valutato con criteri oggettivi (share, raccolta pubblicitaria, sviluppo editoriale, coerenza con la funzione di servizio pubblico) e solo in caso di bocciatura in base a questi criteri i manager non vengono rinnovati e si cambia. Solo in casi gravi (scandali, corruzione, inadempienze) i vertici sono rimossi dai loro ruoli.

Cosa abbiamo fatto noi di male per non meritarci una gestione del genere? Quante altre inutili interrogazioni parlamentari dovremo subire?

 

twitter@AndreaAAmato

 

(Nella foto Giovanni Minoli)