Pubblicato il 04/05/2013, 13:29 | Scritto da La Redazione

LUCA ZINGARETTI E I RECORD TV: «UNA FOLLIA DA MUSICAL MI TRASFORMÒ IN ATTORE»

LUCA ZINGARETTI E I RECORD TV: «UNA FOLLIA DA MUSICAL MI TRASFORMÒ IN ATTORE»
In un’intervista ad Antonio D’Orrico del “Corriere della sera”, l’attore racconta la sua vita e il successo de “Il Commissario Montalbano”. Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 59, di Antonio D’Orrico. Zingaretti e i record tv: una follia da musical mi trasformò in attore L’intervista: il commissario è il personaggio del momento con oltre 10 […]

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In un’intervista ad Antonio D’Orrico del “Corriere della sera”, l’attore racconta la sua vita e il successo de “Il Commissario Montalbano”.

Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 59, di Antonio D’Orrico.

Zingaretti e i record tv: una follia da musical mi trasformò in attore

L’intervista: il commissario è il personaggio del momento con oltre 10 milioni di fan. «La prova decisiva: una canzone di Bice Valori».

Luca Zingaretti, lei è ora Mister Dieci Milioni di Spettatori, record stabilito dalle ultime inchieste del commissario Montalbano. Mi racconta tutto da quando è cominciato?

«Da quando sono cominciati i film di Montalbano?».

No, da quando cominciò lei come attore. Lei ama i documentari tanto che organizza ogni anno, a Cortona, un festival sul genere intitolato «Hai visto mai?». Se dovesse girare un documentario su se stesso quale sarebbe la scena che fa vedere come diventò attore?

«La scena in cui ci siamo io e il mio caro amico Francesco Fagioli che mi dice: “Luca, perché non facciamo l’Accademia di arte drammatica?”. E io rispondo: “Ma sei scemo? Ne prendono venti su 700 che si presentano!”. Ma Francesco non mi ha dato tregua e così passammo l’estate a immaginare che eravamo due attori. Ci divertimmo, era un gioco. Comunque ci preparammo per i provini».

E cosa preparò per l’esame?

«Un sacco di roba. Un dialogo da La morte di Danton di Buchner (con Francesco Fagioli che mi faceva la spalla così come io facevo la spalla a lui). Un monologo da Santa Giovanna di George Bernard Shaw. Una poesia di Giorgio Caproni. E una canzone».

Ma era l’Accademia o il festival di Sanremo?

«Dovevi dimostrare di saper cantare e io cantai un pezzo tratto da Aggiungi un posto a tavola, musical che amavo e che avevo visto quattordici volte. La cantava Bice Valori e attaccava così: “Eccomi, è arrivata Consolazione”. Bice Valori, nello spettacolo, era una prostituta che si chiamava Consolazione. E, infatti, la canzone, in maniera molto ritmata, continuava così: “Consolazione di nome e di fatto”».

E la presero lo stesso, nonostante Consolazione?

«Mi presero proprio grazie a Consolazione. Perché a un esame di ammissione non serviva saper recitare (e chi sapeva recitare?) ma farsi notare. E io mi feci notare come uno che si presenta con le mutande a pois a una serata di gala».

E poi cosa si vede nel suo documentario?

«Flashback. Alla prima scena c’è l’inquadratura di un campo di pallone e dei ragazzi che giocano. Uno sono io. Il calcio è una mia grande passione. Giocavo nella San Paolo Ostiense e un giorno un osservatore mi notò e mi portò al Rimini. Mi presero, feci la preparazione per il campionato, giocai la prima partita ma poi tornai a Roma».

Avevano scoperto che era un bidone?

«Macché. Ero stato preso in Accademia. Scelsi l’arte e poi, all’epoca, Rimini d’inverno era allegra come un lunapark chiuso. Un’altra cosa, mi ero appena fidanzato con una ragazza di Roma».

Senta, Zingaretti, prima di passare alla prossima scena, volevo dirle che ero un po’ preoccupato perché gira voce che lei non ama le interviste, che è scontroso…

«Sono una persona molto riservata, un po’ burbera per certe cose. Diciamo che sono poco salottiero. La mia vita privata è la mia vita privata. Se lei mi chiede che cos’è l’amore per Luca Zingaretti? Perché pensa di essere un sex symbol? O quale parte anatomica delle donne le piace? Io non le rispondo. Non dico le mie cose più care, più intime per avere un titolo sui giornali».

Guardi, stavo per chiederle proprio di questa ragazza con la quale si era appena fidanzato ma passiamo alla scena successiva del suo documentario.

«È un collage di scene della mia famiglia, quella da cui provengo e quella che mi sono costruito: mia moglie Luisa, mia figlia Emma, i miei genitori, mio fratello Nicola, mia sorella. Angela. Nel collage c’è la scena della nonna di mia madre che mentre sta scappando da Roma (erano di origine ebraica) torna indietro perché ha lasciato l’orologio a casa e i nazisti la prendono e la portano ad Auschwitz da dove non tornerà più. C’è la scena del padre di mio padre, che era marchigiano di Jesi, e che era alto un metro e 87, uno spilungone per l’epoca, e perciò venne a Roma a fare il corazziere del re».

Scortava il sovrano a cavallo?

«Cavalli? Lui seguiva la carrozza o l’auto del re in bicicletta, non c’erano nemmeno le moto».

Senta, ma se nel suo documentario dovesse spiegare i dieci milioni di spettatori di Montalbano come lo spiegherebbe?

«Direi tante cose. Che c’è alla base il genio di Camilleri. Che c’è, me lo permetta, il lavoro ben fatto del regista Sironi e della troupe. C’è poi che il commissario è un eroe positivo di cui abbiamo bisogno perché siamo caduti in basso e Montalbano ci ricorda un modo perduto di essere italiani, i nostri compatrioti degli anni 60. Questo discorso andrebbe bene se poi Montalbano non avesse un successo così straordinario anche all’estero, con i lord inglesi che si riuniscono la sera per vederselo nei loro club (me lo hanno raccontato di persona), se il commissario non piacesse a un grande scrittore come sir Ronald Harwood, di cui sto mettendo in scena La torre d’avorio, che nella conferenza di presentazione dello spettacolo ha detto: “Mi sono appena reso conto che il signor Zingaretti è lo stesso attore che fa Montalbano”. Abbiamo creato un prodotto italiano esportabile, cosa che fino a poco tempo fa sembrava impossibile».

Ultima domanda: perché lei è un sex symbol?

«Io non sono un sex symbol. Penso di avere un pubblico femminile affezionato perché gli ho sempre raccontato belle storie con energia e onestà. Sa che con la costumista Chiara Ferrantini ogni volta ci interroghiamo sul percorso che Montalbano potrebbe aver fatto in merito al suo abbigliamento? Sono i dettagli che fanno la differenza e non sfuggono al pubblico, specie quello femminile. Credo che sia bello vedere una persona appassionata del proprio lavoro. Io mi innamoro di persone così e, forse, non sono il solo».