Pubblicato il 09/04/2013, 10:32 | Scritto da La Redazione

GLI INSUCCESSI PARALLELI DEI PEDAGOGHI TELEVISIVI BENIGNI E SAVIANO

GLI INSUCCESSI PARALLELI DEI PEDAGOGHI TELEVISIVI BENIGNI E SAVIANO
“Tutto quello che fa male ti fa bene” recita Steven Johnson, giornalista americano attento ai media. Soprattutto la tv, i videogame, il gusto di vedere il mondo in pieno depensamento. Sarà per questo che la pedagogia monologante dei Roberto Saviano che presenta il suo libro a Che tempo che fa, o l’”Inferno” di Roberto Benigni in […]


“Tutto quello che fa male ti fa bene” recita Steven Johnson, giornalista americano attento ai media. Soprattutto la tv, i videogame, il gusto di vedere il mondo in pieno depensamento. Sarà per questo che la pedagogia monologante dei Roberto Saviano che presenta il suo libro a Che tempo che fa, o l’”Inferno” di Roberto Benigni in prime time sul Rai2, non tirano grandi numeri di ascolto.

Rassegna Stampa: Il Foglio, pagina 2, di Massimiliano Lenzi.

Gli insuccessi paralleli dei pedagoghi televisivi Benigni e Saviano

“Tutto quello che fa male ti fa bene” recita Steven Johnson, giornalista americano attento ai media. Soprattutto la tv, i videogame, il gusto di vedere il mondo in pieno depensamento: della serie, quando ho fame, ho fame e quando ho voglia, ho voglia. Sarà per questo che la pedagogia monologante dei Roberto Saviano, nel presentare da Fabio Fazio il suo ultimo libro sulle disgrazie (e le fortune) da cocaina, o l’”Inferno” di Roberto Benigni in prime time sulla Rai, secondo canale, non tirano grandi numeri di ascolto. Nell’Inferno di Roberto Benigni, per pochissimi spettatori nonostante il prezzo costato alla tv pubblica, manca il Male, lo stupore e il gusto per i reietti e la sapidità di Dante nel ficcarli all’Inferno, con l’orgasmo della vendetta tipico dei viventi. La “Divina Commedia” non sarà mai un Mulino Bianco dove la faccia di un Antonio Banderas fornaio ti prepara la colazione del mattino. No, è carne condannata, sangue che cola sulle malefatte degli uomini e del Potere come sistema, passato e presente unico caso di sostituzione ambiziosa al Dio Padre Onnipotente quello dell’Alighieri. Dante è stato cattivissimo e la dolcezza del benignismo nazionale, a cavallo per l’Unità d’Italia nel 150° al Festival di Sanremo o dedito a Mameli e alla Costituzione, non gli rende la giusta pariglia della sua cattiveria. Va così, nell’era del fitness, della chirurgia plastica all’Universo: anche i peggiori devono stare in forma. Sarà per questo che nel confronto con il pubblico televisivo, massa che cerca nei media conforto o svago, Benigni naufraga e non fa stavolta ascolti. Su RaiDue quando declama Dante si ritrovano in pochi, una carboneria di buoni disposti in circolo, quasi a esorcizzare il resto del mondo, dove la bottiglia di Mefistofele non se la prende nessuno. L’ultima puntata ultima in ordine di messa in onda di “TuttoDante”, il mercoledì, su RaiDue, ha raccolto un misero 2,54 per cento di share, con 746.921 spettatori, battuto persino dal canale digitale Iris. Un declino, quello dell’Inferno benignesco seriale (e non puntata-evento), risacca di un successo arrivato con Hollywood e “La vita è bella”, prezzo pagato alla mutazione antropologica di un comico, passato dalla ferocia di “Televacca”, tra le bestemmie di Toscana, al ruolo di cantore dantesco sulla Rai. Forse più che raccontare l’Inferno Benigni avrebbe dovuto approcciarsi al Purgatorio “Credette Cimabue nella pittura / tener lo campo, ed ora ha Giotto il grido, si che la fama di colui è scura”, così vicino alla debolezza dell’essere uomini. In fondo, è la vastità che lo ha fregato. Come il tema della cocaina per Roberto Saviano, nostro scrittore del Bene spiegato al mondo. Ospite domenica di Fabio Fazio (ieri ha bissato, a “Che Tempo che fa” del lunedì, come nelle serialità dei Rambo, 1, 2 e via di seguito), appollaiato lì, prima della Luciana Littizzetto, attimo da sempre di massimo ascolto, ha raggranellato un modesto 11,35 per cento di share, con 3 milioni e 285 mila spettatori. Dicono gli esperti dei palinsesti che, data la programmazione di Italia1, il buon Saviano sia stato penalizzato dalla diretta del Moto GP del Qatar dove gareggiava Valentino Rossi. Se però il bene che lotta contro il male cede a una gara di moto, be’ vuol dire che qualcosa non va. Un segno che la liturgia monologante, del Padre buono che spiega al pubblico, auditel o popolo fa poca differenza, quanto siano cattivi i cattivi è un meccanismo ormai inceppato. Il manicheismo, tipico tratto di costume di un pezzo della nostra élite intellettuale, negli anni del berlusconismo imperante, è in affanno. Tutto si mischia, nel 2013 della crisi. Compresa la sovrastima auditel di chi, parlando da solo, che sia l’Inferno o la cocaina, crede di aver comunque ragione. Un cittadino Kane, da “Quarto Potere” di Orson Welles, ribaltato: “Potrei essere più preciso nelle promesse, se già fin d’ora non mi dessi tanto da fare per mantenerle”. Ché i cattivi, in fondo, così cattivi non sono mai.