Pubblicato il 04/04/2013, 10:31 | Scritto da La Redazione

BONOLIS:«CI VUOLE PIÙ IRONIA, FUNZIONA COME L’ANTIBIOTICO»

BONOLIS:«CI VUOLE PIÙ IRONIA, FUNZIONA COME L’ANTIBIOTICO»
Paolo Bonolis racconta come è cambiata la tv dei più piccoli in un’intervista a Repubblica, dai suoi esordi a Bum bum bam in cui il suo rapporto con loro «era quello di un fratello maggiore, in più c’era il pupazzo Uan. Avevo il mio modo di pormi, anche ironico, ma li portavo per mano. Serve […]

Paolo Bonolis racconta come è cambiata la tv dei più piccoli in un’intervista a Repubblica, dai suoi esordi a Bum bum bam in cui il suo rapporto con loro «era quello di un fratello maggiore, in più c’era il pupazzo Uan. Avevo il mio modo di pormi, anche ironico, ma li portavo per mano. Serve una presenza». «Oggi si sono moltiplicati i cartoni animati, ma non c’è più un adulto come filtro. Per me è sbagliato».

 

Rassegna Stampa: La Repubblica, pagina 33, di Silvia Fumarola

 

Bonolis: ci vuole più ironia funziona come l’antibiotico


ROMA Per i bambini degli anni Ottanta quello con Bim bum bam su Italia 1 era un appuntamento fisso: «Ricevevamo trecentomila lettere l’anno», racconta Paolo Bonolis «la trasmissione era un fenomeno. Oggi si sono moltiplicati i cartoni animati, ma non c’è più un adulto come filtro. Per me è sbagliato». Tre figli: Silvia, 10 anni, Davide 8 e Adele 5, il conduttore è un esperto: passa dagli amori di Violetta ai Muppet con naturalezza.

Bonolis, com’è cambiata la tv dei ragazzi?
«È cambiata tanto. Ci sono dieci, quindici canali di cartoni… Questo mondo cartonato per me non fa bene. I bambini vengono abbandonati in un universo di fantasia, senza un filtro per leggere la realtà. A Bim bum bam il rapporto con loro era quello di un fratello maggiore, in più c’era il pupazzo Uan. Avevo il mio modo di pormi, anche ironico, ma li portavo per mano. Serve una presenza».
È indispensabile per qualsiasi tipo di offerta?
«Sì. La tv è ricca di canali tematici, ma nessuno spiega niente. Le faccio un esempio: trasmettono un documentario sugli squali e tutti ne parlano male. Ma vuoi spiegare che se ti entra un ladro in casa lo respingi? Lo squalo abita nel mare, la sua casa, e siamo noi a invadere il suo territorio…».
I bambini devono vedere solo l’offerta creata per loro?
«No. Anche poche cose della tv generalista, i giochi, i quiz, il punto è spendere tempo con loro. Non si possono parcheggiare davanti alla tv da soli».
Quante ore davanti alla tv concede ai suoi figli?
«In genere un’oretta dopo il pranzo al ritorno da scuola e mezz’ora la sera. Le due ore sono
complete quando Davide vede la partita con me. Ma la tv è l’ultima preoccupazione ormai lntenet e i videogiochi danno una sorta di accelerazione a immaginare la realtà che non corrisponde al quotidiano, bruciano un gioco dietro l’altro. È un processo non televisivo ma culturale, il mondo ci spinge a vivere di corsa: devi sapere tutto subito, fare tutto al volo. Temo che i bambini restino ingabbiati nel linguaggio frettoloso».
Ha una soluzione?
«Viviamo nel mondo tranchant di Twitter, che è un dramma sociale, un mondo chiuso in una sintesi che esclude il sentimento. Mi piacerebbero programmi per ragazzi che non impedissero di vivere la loro contemporaneità, apprezzando un mondo più slow».
Perché non si fa più la “tv dei ragazzi”?
«Perché mettere in piedi uno studio costa, i prodotti per bambini sono stati risucchiati dal mondo tematico, non si investe. Per assurdo non ci sono adulti che parlano ai più piccoli,ma un mare di bambini che si rivolge ai grandi».
Bonolis bambino che guardava?
«Sandokan, Pippi calzelunghe, le avventure della Calypso di Jacques Cousteau, da più adulto Giochi senza frontiere, qualche varietà. Con i miei genitori seguivo Il segno del comando che mi terrorizzava e Belfagor, che non mi faceva paura perché papà diceva: “Paolo, non ti preoccupare quel fantasma sta sempre dietro la porta”».
A Bim bum bam è stato subito consapevole dell’importanza dello scambio con i piccoli spettatori?
«Ho cominciato a 19 anni, la consapevolezza l’ho avuta a 23 quando ho iniziato a scrivere per i bambini. Il programma era firmato da Lidia Ravera poi con Giancarlo Muratori chiedemmo alla produttrice Alessandra Valeri Manera, di scrivere i testi col Gruppo 80 che animava i pupazzi. La trasmissione aveva un’anima dissacrante che ai bambini piaceva perché prendeva in giro gli adulti. L’ironia aiuta: volevo iniettargliela come dosi di antibiotico. Per questo mi piacciono i Muppet».
I bambini scrivevano?
«Trecentomila lettere l’anno, rispondevamo sempre con sincerità. Il pupazzo diceva: “Bellissimo questo disegno”. E io: “Se questo è un presepe è imbarazzante, sembrano tre ragni”. E i bambini si divertivano perché sapevano che era la verità. Non puoi dire che è tutto bello, devono imparare che sbagliare non è un dramma. Ma è cambiato tutto, noi apparteniamo alla generazione del citofono, no?».
Oddio, è sicuro?
«È la generazione che, finiti i compiti, correva dall’amico, citofonava e giocava. Oggi i citofoni sono lindi, i ragazzini si messaggiano, comunicano via computer, a volte hanno amicizie che non conoscono. “Sai papà, Missile 2000 è mio amico”. Ma chi è? Chi l’ha mai visto?».