Pubblicato il 21/03/2013, 16:33 | Scritto da La Redazione

CLAUDIA POTENZA: «A MIO AGIO IN RUOLI DAL FORTE IMPATTO. IL MIO SOGNO? UN PERSONAGGIO FEMMINILE DI AMPIO RESPIRO»

 

TVZOOM ha intervistato la giovane attrice pugliese, protagonista de “Il clan dei camorristi” e, dal 28 marzo, tra gli interpreti del film per il cinema “Outing”, con Andrea Bosca, Nicolas Vaporidis e Massimo Ghini.

A voler essere scontati, si potrebbe affermare: «Potenza del cinema e della televisione!». Ma sarebbe cadere nel cliché del luogo comune, quello che l’incantevole e magnetica Claudia Potenza riesce a evitare, destreggiandosi tra cinema e tv in ruoli versatili.
Dal 28 marzo, la giovane attrice pugliese sarà Lucia, fidanzata di Andrea Bosca nel film per il cinema Outing, diretto da Matteo Vicino, con Massimo Ghini e Nicolas Vaporidis. Una commedia che analizza con piglio ironico e disincantato l’ipocrisia collettiva nazionale su omosessualità e coppie di fatto, strizzando l’occhio a una riflessione sociale su meritocrazia e spazio per i giovani talenti in un Paese dove se non appartieni a una consorteria, non sei nessuno. Da diverse settimane inoltre, Claudia è Rosa, la moglie del boss camorrista O’Malese, ne Il clan dei camorristi, su Canale 5.
Passa da un ruolo brillante in Outing a uno serioso e drammatico in televisione. Entrambe però sono rappresentazioni dal forte impatto.
«Quando ho iniziato col teatro, venivo considerata soprattutto per i ruoli drammatici. Poi a poco a poco è emersa anche la mia verve, che mi ha permesso di ottenere diverse parti nelle commedie».
Come giudica il suo ruolo ne Il clan dei camorristi?
«Ho avuto la fortuna di lavorare con registi pazzeschi e di essere stata scelta da Alessandro Angelini. Sono fiera di questa opportunità, il mio personaggio è ispirato alla moglie del boss camorrista Sandokan. Ho preso spunto osservandola in diversi video, mi sono esercitata lavorando senza sosta. Al punto da suggerire personalmente la riscrittura di una parte della settima puntata».
La fiction esplora le radici del crimine in tutta la sua ferocia.
«Non c’è un limite allo scempio, alla violenza, alle azioni estreme dei protagonisti del clan. Anche se il nostro è un ruolo di attori, al termine di ogni ripresa, ci sentivamo quasi con la coscienza sporca per le scene girate. Ma il valore della fiction è anche didattico, sociale. Mettere in scena la realtà e aiutare il pubblico a comprenderla».
Nessun rischio di emulazione?
«No, perché non creiamo idoli o falsi miti. Mettiamo in scena la realtà senza sconti, innescando un moto di presa di coscienza. Vale anche per le figure femminili, le mogli dei boss, la cui prospettiva di vita è o la galera, o il diventare vedova. O magari morire».
Ogni suo ruolo, da Outing fino a tornare indietro nel tempo, è sempre intriso di una forte carica mediteranea, tratto distintivo di una solida personalità e di una precisa appartenenza territoriale che lei riesce a rappresentare.
«Il cinema è volto, di certo non sarei credibile come donna che fa la calza. Per questo mi stanno a pennello ruoli di donne dal forte impatto».
Questa condizione la aggrada?
«Certo, sono felice. Poi, se potessi esprimere un personale desiderio, mi piacerebbe interpretare un personaggio femminile di ampio respiro, denso di carica emozionale da dividere vicendendevolmente con una controparte maschile. In una piena condivisione di ruoli in cui la donna non sia solo un contorno alla narrazione».
Il cinema italiano si sta muovendo in quella direzione?
«Si stanno facendo parecchi passi in avanti, ma la strada da fare è ancora lunga».

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Claudia Potenza)