Pubblicato il 16/03/2013, 13:29 | Scritto da La Redazione

“THE VOICE” E L’ITALIA DA FARE: PROVE TECNICHE DI UN NUOVO LINGUAGGIO TV, OLTRE I GRILLINI, TRA INSEGNANTI E ROCKER

“THE VOICE” E L’ITALIA DA FARE: PROVE TECNICHE DI UN NUOVO LINGUAGGIO TV, OLTRE I GRILLINI, TRA INSEGNANTI E ROCKER
Il talent show di Rai2 scardina un costume italiano, dove il professore non è mai in gioco. E se questo nuovo linguaggio di uguaglianza si diffondesse dal piccolo schermo alla vita del Paese? La nostra blogger-filosofa immagina qualcosa del genere. Spettacolare serata su Rai2, con la seconda puntata delle audizioni al buio di The Voice […]

Il talent show di Rai2 scardina un costume italiano, dove il professore non è mai in gioco. E se questo nuovo linguaggio di uguaglianza si diffondesse dal piccolo schermo alla vita del Paese? La nostra blogger-filosofa immagina qualcosa del genere.

Spettacolare serata su Rai2, con la seconda puntata delle audizioni al buio di The Voice of Italy. In sintesi, «Il maestro arriva quando l’allievo è pronto»: i quattro coach Piero Pelù, Riccardo Cocciante, Raffaella Carrà e Noemi ascoltano i candidati stando seduti su poltrone che voltano loro le spalle e si girano a guardarli solo se e quando, premendo il pulsante rosso «I want you», scelgono di offrire all’allievo di entrare a far parte della propria squadra. Ma si sovverte il paradigma pedagogico dell’autorità cattedratica autoreferenziale (ricalcato, per esempio, da MasterChef) che de facto va per la maggiore nei luoghi classici di formazione, come le scuole e le università nostrane, perché la competizione non è solo tra i candidati, ma anche tra i coach, che spesso si ritrovano «innamorati» dello stesso allievo e se lo contendono: a quel punto è l’allievo che sceglie con chi studiare.

Come la fantastica Veronica De Simone: canta lei e si girano tutti, tutti se la contendono e lei, una ragazza dolce e super tatuata che partecipa a The Voice per dare una svolta alla sua vita, che vive a Monza con la sorella e fa fatica a tirare avanti, risponde con un sorriso a tutte le proposte e dice: «La Carrà tutta la vita!» (frase che subito diventa un hashtag su Twitter #LaCarraTuttaLaVita e oggi la Carrà se ne rallegra: «Carramba che sorpresa!»). Perché insegnare è amare – diceva Platone – e al cuore, si sa, non si comanda.

La passione dei coach per l’insegnamento e l’aspirazione degli allievi ad avere l’insegnante che sognano sono i due ingredienti chiave del programma, ovvero i due ami gettati a provocare il pubblico televisivo del Bel Paese disastrato e incerto. Un pubblico che evidentemente ha gradito, se ha risposto con uno share del 14,26 %, con 3,7 milioni di telespettatori, in crescita rispetto ai 3,3 milioni della prima puntata. Insegnare, insegnare, insegnare!!! «Eunte, docete omnes gentes…» leggevo l’altro giorno da qualche parte.

Nella stessa giornata in cui i grillini – freschi forse del corso-lampo di diritto costituzionale alla Luiss – si apprestavano a entrare in Parlamento e già discutevano del prezzo della buvette (6 euro!). Nella stessa giornata in cui il nuovo Papa Francesco I pagava di persona il conto dell’albergo e didascalicamente spiegava la differenza tra Chiesa e Ong, esortando a «camminare, edificare, confessare». Nella stessa giornata in cui il mercato immobiliare italiano ha attestato un crollo del quasi 26% e la Confesercenti, invece, la chiusura di 10mila negozi nei soli mesi di gennaio e febbraio. Ecco, nella stessa giornata mi sono divertita con i battibecchi tra Piero e la Raffa per gli stessi allievi, sentire Piero commentare: «La Carrà è una spina nel fianco… tutta vestita di cuoio perché lei vuole fare la rockettara… ma Raffa, tu sei pop!!!» e sentirlo cinguettare parole dolci agli allievi come «Io non mi sono girato perché sono un bischero», oppure «perché sono un cafone» ecc. ecc.  – lui! Il ribelle che ha cantato come nessun altro l’interiorità maschile, che parla «una lingua diversa» con Prima guardia, Gioconda, Il mistero di Giulia, Regina di cuori e Tex (a proposito, qualcuno lo faccia presente a Duccio Demetrio, che scrive libri illeggibili come L’interiorità maschile. Le solitudini degli uomini, noi femministe potremmo finire per credere che l’interiorità maschile non esiste. Prof. Demetrio, prima di scrivere ascolti i Litfiba e le voci maschili di The Voice!).

È bello vedere Timothy Cavicchini, dopo una gran bella interpretazione di Sweet Child O’Mine che ha fatto girare tutti e quattro i coach, restare stupito e commentare da uomo della strada: «Sai… mai vai a pensare che quattro poltrone vadano a girarsi tutte e quattro!». Viva l’umiltà del Rock! E anche l’umiltà di Vito Ardito, imbianchino dalla voce di miele che si definisce timidamente «pittore edile» e tra le proposte ricevute sceglie «la Signora Carrà». L’umiltà è un’altra chiave del programma: si percepisce ovunque, senza sadismi alla MasterChef e forzature alla De Filippi, anche e soprattutto tra i docenti.

La sedicenne Chiara Furfari ha preferito come coach Noemi al «nonno» Riccardo Cocciante e lui, gigante della canzone, ha commentato commosso: «I giovani non mi hanno scelto perché non conoscono di me la possibilità di andare verso di loro». Grande Riccardo! E ancora: la pur brava Jessica Morlacchi, ex cantante dei Gazosa e vincitrice a Sanremo, non ha convinto tutti i coach, mentre Piero Pelù ha detto no a Chiara Luppi «perché sei troppo brava», lei che aveva interpretato la nutrice nel musical «Giulietta e Romeo» di Cocciante e ha portato a The Voice una bellissima esecuzione di Amor mio di Mina. Ma per fortuna se l’è presa la Raffa. Insomma, non ci sono favoriti o così sembra.

«Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani», diceva chi ha fatto l’Unità. Oggi, che l’Italia sia fatta c’è qualche dubbio, ma almeno è chiaro che, per fare gli italiani (e magari anche l’Italia!), sarà più utile una banda d’insegnanti e rockettari pieni di entusiasmo (così simili in questo al lato buono dei grillini) che un vecchio barbuto che sbraita da dietro il cancello di una villa, da dietro uno schermo o da dietro una maschera – quando non da dietro tutte e tre le cose insieme! E poco importa che questo sia un format straniero: le aspirazioni del pubblico sono tutte italiane e c’è da sperare che questo bel mix ottimista di competenza e voglia di fare traslochi anche altrove e faccia tendenza, in politica e in tv.

 

Wilma Laclava

 

(Nella foto i coach di The Voice of Italy)