Pubblicato il 13/03/2013, 17:33 | Scritto da La Redazione

ENRICO BERTOLINO: «ANALIZZIAMO UN’ITALIA CHE ALLA PIAZZA E AI TEATRI PREFERISCE GLI OUTLET»

Appuntamento con il comico milanese ogni martedì e mercoledì su Rai3 alle 23.15 con “Glob Porcellum” e ogni venerdì alla stessa ora con “Glob del venerdì”: tre diverse occasioni per fare dell’entertainment garbato, con un occhio attento sulla realtà del Paese.

Enrico Bertolino è tornato su Rai3 con il suo Glob, quest’anno in tre appuntamenti settimanali. Al martedì e al mercoledì alle 23.15 con Glob Porcellum, ideale contraltare all’ultimo Glob Spread e occasione per partire dal recente esito elettorale e commentare i risvolti tragicomici di un’Italia che sta cambiando, in un mix di approccio critico e ironia disincantata. Confermatissimi gli interventi di Curzio Maltese e Stefano Bartezzaghi. Al venerdì alla stessa ora, spazio a Glob del venerdì, dedicato alla comicità tout-court. Nel cast, incursioni di Brenda Lodigiani, che si calerà nei panni di Giulia Innocenzi, Lucia Vasini, il Nando Pagnoncelli riveduto e corretto da Fabrizio Casalino, le irruzioni di Antonio Cornacchione, Saverio Raimondo, Andrea Sambuco e Simonetta Guarino, oltre a Walter Siti, con il suo punto di vista sull’innovazione dei linguaggi televisivi.
Enrico, oggi più che mai sono il filtro con cui guardare la società. Ha mai pensato di darsi anche lei alla politica?
«No, ci mancherebbe, l’idea non mi ha mai sfiorato. Ho amici che fanno politica, conosco molte persone nell’ambito, come Enrico Letta, grazie all’attività della mia scuola di formazione. Vero è che negli ultimi anni c’è stata un’invasione di comici nella tv, che di riflesso si occupano anche di politica. Questo perché abbiamo avuto un Presidente del Consiglio che è stato imprenditore televisivo e ha intuito la grande forza comunicativa di questa sovrapposizione. Quanto ai comici in politica, direi che c’è già Grillo».
E allora si concentrerà sul suo Glob Porcellum, ennesimo ritorno dopo Glob Spread, che era giunto dopo l’interruzione del programma nel 2010. A quel tempo il direttore di rete era Di Bella. Oggi c’è Andrea Vianello.
«Con Di Bella era stato rivalutato il programma dopo la chiusura del 2010, un attestato di stima che mi aveva fatto piacere e che dimostra come Glob ormai sia un marchio consolidato. Vianello ci ha confermato la fiducia, con lui i rapporti sono ottimi. La prima settimana quest’anno ha avuto riscontri soddisfacenti, in uno spazio come quello della (quasi) terza serata e con la difficoltà di non avere un programma di traino che possa portarci pubblico affine».
In questo modo può compensare l’insoddisfazione per il non brillante esito di Wikitaly su Rai 2.
«Wikitaly è stata un’esperienza utile, ma ha pagato la scarsa identità attuale di Rai 2, che sta cercando di ricostruire una personalità a poco a poco. Persino Benigni, di recente, non ha avuto risultati esaltanti sul secondo canale Rai. Abbiamo avuto difficoltà, avremmo potuto migliorarlo, dunque le colpe sono da condividere fra tutti. La rete è stata comunque corretta e ci ha consentito di portare a termine tutte le puntate previste, anche dopo l’inizio di Servizio Pubblico su LA7, che è stata una concorrenza forte».
Gli appuntamenti del martedì e del mercoledì cercano di coniugare entertainment con analisi sociologica. Porcellum è il termine emblematico che scandisce la difficoltà nel riuscirci, nell’Italia contemporanea?
«Porcellum è il termine adatto per definire la palude politica attuale. Al martedì e al mercoledì ci avvantaggiamo della diretta, che può anche essere un’arma a doppio taglio che sottopone la scaletta a cambiamenti continui. Grande contributo viene da un analista come Curzio Maltese, capace di commentare l’attualità in modo puntuale. E da Stefano Bartezzaghi».
L’attualità tv è sempre più vicina alla velocità del web, rendendo obsoleta la carta stampata.
«Vero. Per questo cerchiamo di sovrapporre con attenzione l’aspetto social con quello della diretta. La carta stampata sta diventando anacronistica, anche se io assaporo ancora il piacere di andarmi a leggere il giornale al bar».
Le incursioni comiche di questa settimana?
«Tante, come sempre. Per esempio, mandare Fabrizio Casalino nei panni di Bagnasco, direttamente nel conclave. Se dovessero scomunicarlo, sono affari suoi (ride, nda)».
E poi Brenda Lodigiani, divertente nel fare il verso a Giulia Innocenzi.
«Avevo l’opportunità di sfruttare un talento giovane come quello di Brenda, che ha la stessa età della Innocenzi, dunque si rivela un abbinamento perfetto. Lei è una persona versatile, polivalente. Quest’anno abbiamo tanti giovani, come Savero Raimondo, Casalino stesso, che si è approcciato da poco a questo tipo di show. Mixati a personaggi più esperti. Qualcosa di simile a quello che era la “serra creativa” della Rai di una volta. Io non ho ambizioni di fare l’eroe da prima serata, mi interessa gestire un format ben fatto e consentire alle nuove leve di mettersi in mostra in uno spazio utile».
Il suo sodalizio con Curzio Maltese continua a essere proficuo.
«Lui è eccellente notista politico, rende il programma vicino all’attualità. In un’epoca in cui imperversa una sarabanda di programmi d’approfondimento in cui si vedono sempre gli stessi giornalisti, vestiti allo stesso modo, che fanno la spola tra uno studio e l’altro anziché stare nelle redazioni, ho chiesto a Curzio di farmi una sintesi della sua testimonianza. Tornando a valorizzare il contenuto anziché il contenitore. Il suo ruolo è perfetto per un programma contemporaneo. Per intenderci, ai tempi del CAF (Craxi-Andreotti-Forlani), non sarebbe stato pensabile».
Antonio Di Pollina su La Repubblica ha scritto: “Enrico Bertolino e gli altri cercano da sempre una formula che forse non esiste, ma essendo una fase in cui esiste tutto e non esiste nulla non è facilissimo.  Martedì la finta rassegna stampa era strepitosa. Un giorno il paese tornerà stabile, con governo e politica riconoscibili e tranquillizzanti: e a quel punto in quello spazio potrà tornare Fabio Volo”.
«Sono d’accordo. Abbiamo il vantaggio, se di vantaggio si può parlare, di vivere in un Paese che ci metterà tempo a tornare normale. Dunque l’intrattenimento sull’attualità deve prendere coraggio. Quello di Fabio è disincantato e strutturato sul suo personaggio. Il nostro è diverso. Mi piacerebbe diventasse in futuro una striscia quotidiana. Ma per il momento, sta benissimo così».

L’Italia tornerà a essere un Paese normale, prima o poi?
«Deve tornare a esserlo. Per potersi relazionare al meglio con l’Europa. Gli italiani non sono un popolo da primavera araba, il ricorso alle piazze suona stucchevole. Alle piazze, si sono sostituiti gli outlet. Quelli sono il luogo della nuova partecipazione (sorride, nda)».
Aprono gli outlet e chiudono i teatri.
«Putroppo. Una perdita grave. Tutti i miei comici di riferimento vengono dal teatro: Albanese, Paolo Rossi, lo stesso Grillo aveva un modello di comunicazione fortissimo riempiendo i teatri. Se manca il teatro, si uccide la cultura. A Milano ha chiuso il Ciak, ha chiusto lo Smeraldo, il San Babila è a rischio. Resiste il Teatro Nuovo, grazie alla signora Gemma, che si oppone a offerte e minacce, non arrendendosi mai».
I nuovi teatri sono su Youtube? Vale anche per il cabaret, si intende.
«Il web è molto selettivo, ma non ha feedback immediato. Il cabaret invece era impietoso. Ricordo quando, agli esordi, facevo lo scaldapubblico e avevo pochi minuti a disposizione per convincere la platea. Quella era una palestra vera e propria. Oggi esistono i laboratori, è vero, ma corrono il rischio di somigliare a fabbriche di illusioni, un po’ come i talent».
A proposito di cabaret, quest’anno ha partecipato a due puntate di Zelig. Che opinione ha, sul quest’edizione?
«L’ho ritrovato più vicino al cabaret in senso classico e meno allo show televisivo. Questo mi piace. Certo, è un programma con una certa età e con una sua storia, non basta più un semplice restyling. Teresa Mannino e Forest sono bravi, specie perché hanno sulle spalle un’eredità pesantissima come quella di Claudio Bisio. Un po’ come se Il Mistero Buffo si trovasse a rimpiazzare Dario Fo. L’hanno anche fatto, ma con il dovuto rodaggio».
Tornerà a teatro?
«Ci tornerò presto. Per il momento, sono totalmente concentrato su Glob. Poi continuo a gestire la mia azienda di formazione e la mia Onlus a Pititinga, in Brasile. Un impegno costane che mi rende felice, nonostante i costi vivi siano molto alti, specie in un momento di crisi».

Morale: l’Italia di oggi somiglia all’Inter. Tanti orizzonti progettuali e scarsa applicazione nel raggiungerli.
«Non parliamo di Inter. Nell’ultima partita, sono tornato dallo stadio alquanto avvilito. Ma l’interista ha un po’ di perdenza nel suo DNA. Sono i corsi e ricorsi della Storia».

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Enrico Bertolino)