Pubblicato il 26/02/2013, 10:31 | Scritto da La Redazione

LA LUNGA METAMORFOSI DI GRILLO: DALLE BATTUTE CONTRO CRAXI E MARTELLI ALLA NASCITA DEL SUO NON-PARTITO. COSÌ IL COMICO SI È TRASFORMATO IN POLITICO

LA LUNGA METAMORFOSI DI GRILLO: DALLE BATTUTE CONTRO CRAXI E MARTELLI ALLA NASCITA DEL SUO NON-PARTITO. COSÌ IL COMICO SI È TRASFORMATO IN POLITICO
Un excursus nella carriera del leader grillino. Sono passati ventisette anni, da quel giorno. Era un sabato sera, a Palazzo Chigi c’era Bettino Craxi e il comico che oggi entra da trionfatore nel Palazzo volle togliersi lo sfizio di fare uno sketch sulla politica. Con quella battuta, concluse alla Rai la sua brillante carriera di […]


Un excursus nella carriera del leader grillino. Sono passati ventisette anni, da quel giorno. Era un sabato sera, a Palazzo Chigi c’era Bettino Craxi e il comico che oggi entra da trionfatore nel Palazzo volle togliersi lo sfizio di fare uno sketch sulla politica. Con quella battuta, concluse alla Rai la sua brillante carriera di comico. Forse non immaginava neanche lui che chi lo metteva alla porta gli stava cambiando la vita.

Rassegna Stampa: La Repubblica, pagina 4, di Sebastiano Messina.

La lunga metamorfosi di Grillo dalle battute contro Craxi e Martelli alla nascita del suo non-partito. Così il comico si è trasformato in politico

Sono passati ventisette anni, da quel giorno. Era un sabato sera, a Palazzo Chigi c’era Bettino Craxi e il comico che oggi entra da trionfatore nel Palazzo volle togliersi lo sfizio di fare uno sketch sulla politica. Anzi, proprio sul Psi, il partito del presidente del Consiglio. E allora fece l’imitazione di Martelli che durante il viaggio in Cina domandava a Craxi: «Senti, è vero che qua ce n’è un miliardo e sono tutti socialisti?».«Sì, perché?». «Ma allora, se sono tutti socialisti, a chi rubano?». Con quella battuta, a 38 anni, il ragionier Giuseppe Piero Grillo, detto Beppe, concluse alla Rai la sua brillante carriera di comico. Forse non immaginava neanche lui che chi lo metteva alla porta gli stava cambiando la vita. O forse era proprio quello che voleva, con quella rasoiata che il Palazzo non poteva tollerare (mancavano ancora sei anni alla scoperta di Tangentopoli). Fatto sta che c’è chi fa risalire a quella cacciata dalla tv pubblica l’inizio della spettacolare metamorfosi di Grillo, da attore a profeta e da profeta a capopopolo. Sì, certo, continuò a fare il comico ancora a lungo. Riempiva i teatri, con i suoi monologhi caustici e trascinanti, e una volta si levò anche la soddisfazione di tornare un’ultima volta nella Rai decraxianizzata, con il suo «Beppe Grillo Show», ma a poco a poco nei suoi spettacoli il piatto forte diventò la politica. Amava partire dai dettagli, apparentemente minori, che lui però trasformava in scelte paradigmatiche, piccole mosse per cambiare la vita. La sua e quella di tutti. E così, tra una barzelletta sugli eschimesi e una gag sui computer, comincia a inserire il numero sull’auto a idrogeno «che esiste davvero, l’ho vista, funziona e puoi respirare dal tubo di scappamento», la storia della «biowashball», la pallina magica capace di fare un bucato perfetto in lavatrice senza consumare neanche un grammo di detersivo, la tirata contro i trasporti inquinanti, «per portare i maiali dal Belgio a Parma e riportarli in Belgio come prosciutti», e addirittura l’aneddoto sugli svedesi che fanno la differenziata anche nel bagno, «lì c’è un water che separa la cacca dalla pipì e gli inquilini guadagnano vendendo i propri escrementi ai contadini come concime: abbassano le spese condominiali cagando, sapete?». Non sono battute buone per uno spettacolo, ma idee che lui trasforma, diremmo oggi, in vere e proprie campagne politiche. Si innamora delle nanoparticelle. Si scaglia contro gli inceneritori. Invoca il passaggio immediato e totale alle energie rinnovabili. Si schiera contro l’invio dei soldati italiani in Iraq. Attacca il governatore di Bankitalia, Fazio. Aderisce alla guerriglia contro la Tav in Val di Susa, annunciando con una risata: «Sono un anarchico insurrezionalista!». Giorno dopo giorno, comincia a mettere a fuoco i suoi bersagli. I bancarottieri come Tanzi, che hanno lasciato in mutande i poveri risparmiatori. Le compagnie telefoniche. Le case farmaceutiche. Qualche volta esagera, e si becca una condanna a4000 euro per aver dato della “vecchia puttana” a Rita Levi Montalcini, accusandola di aver ottenuto il Nobel grazie all’aiuto di una ditta di medicinali, ma ormai sono in molti a considerarlo un tribuno del popolo, il difensore dei fregati. La vera svolta arriva nel 2005, quando lui fonda il suo blog, parola che all’epoca è ignota ai più. Eppure, miracolo del passaparola, in pochi mesi diventa il primo blog del Paese, e centotrentamila italiani ogni mattina vanno a leggersi cosa scrive Grillo, e a scrivergli che sono d’accordo con lui. È un’impresa che molti gli invidiano, ma lui vuole comunicarla al mondo intero. Così, con 57 mila euro raccolti tra i suoi bloggers, il 22 novembre compra una pagina intera dell’Herald Tribune. Per dire cosa? Che in Italia c’è un Parlamento pieno di inquisiti, processati o condannati. Questo comico che sfida gli onorevoli, screditandoli nei salotti buoni del Continente, diventa subito un personaggio internazionale, e «Time» lo mette nell’elenco dei personaggi europei dell’anno. A quel punto, lui aveva già le idee chiarissime. E rivelava a “Repubblica” cosa aveva in mente. «Sul web sta nascendo una nuova democrazia che i vecchi politici non riescono neanche a capire. Milioni di persone stanno a guardare questi comatosi che si aggirano promettendo questo e quello: vanno licenziati tutti. Indifferentemente tutti. Vedete, io ho messo su una piccola P2 sobria e trasparente. Sì, la piduina degli agrillati. È una rete di meetup già presente in 95 città. Sa cosa sono i meetup? Gruppi di persone che si incontrano per fare concretamente le cose di cui hanno parlato in un blog. Siamo già quasi seimila: il terzo meet-up del mondo, come numero. Vede, la gente, le persone, sono molto più avanti delle istituzioni». È il 2005, otto anni fa, e non sono in molti a prenderlo sul serio. Le cose cambiano nel 2007, quando il fiume carsico dei meet-up, l’onda lunga dei blogger, invade all’improvviso le piazze italiane, con una manifestazione che per la prima volta viene organizzata solo via Internet, con il passaparola tra biogger. Il nome è sfacciato e impertinente, «Vaffanculo Day», e l’invitò, diciamo così, è per i politici, tutti i politici (si salva, per il momento, solo Di Pietro). Lascia tutti a bocca aperta. A sera, Grillo conta 332 mila 225 firme sotto tre proposte di legge di iniziativa popolare, che affiderà senza alcuna speranza al Parlamento. Sono tre regolette neanche tanto eversive. Primo, nessun condannato può candidarsi. Secondo, nessuno può fare il parlamentare per più di dieci anni. Terzo, basta con le liste dei nominati. Naturalmente, l’effetto della loro caduta nel vuoto sarà il rafforzamento di Grillo: la prova inconfutabile che ha colpito nel segno.
I seguaci ci sono, le idee cominciano a esserci, ma manca ancora qualcosa: la bandiera. Grillo tenta prima la strada delle liste civiche, e le riunisce tutte a Firenze, l’8 marzo 2009. «Come ci chiamiamo? Non ci chiamiamo: esistiamo». Non c’è un programma, ma una lista di obiettivi. Una lista sempre più lunga: l’acqua pubblica, il web gratuito per tutti, i depuratori di condominio, il fotovoltaico… L’ex comico è diventato un concorrente pericoloso, per i partiti. E lui decide di sfidare il più organizzato di tutti, il Pd: «Voglio partecipare alle primarie per il segretario», annuncia. E prende persino la tessera, alla sezione di Paternopoli, in Campania. Ma il partito gli dice no, grazie, la tua strada è diversa dalla nostra.
A quel punto, la nascita del suo non-partito (regolata da un “non-statuto”) è inevitabile. E il 14 ottobre 2009, al teatro Smeraldo di Milano, va in scena per la prima volta il Movimento 5 Stelle. Soggetto di Beppe Grillo, regia di Gianroberto Casaleggio. La metamorfosi è conclusa, il comico è diventato un politico. «È più attore oggi disse una volta Dino Risi, che lo aveva diretto in un suo film di quando tentava di fare l’attore. Ho intuito che dire le cose da bar è un’attività redditizia. Niente di meglio per gli italiani, che aspettano sempre il capopopolo di turno».