Pubblicato il 16/02/2013, 13:00 | Scritto da La Redazione

SELVAGGIA QUATTRINI: «ORIANA DAVERIO DI “CENTOVETRINE”, DONNA DETERMINATA MA DI GRANDE SENSIBILITÀ, UN PO’ COME ME»

SELVAGGIA QUATTRINI: «ORIANA DAVERIO DI “CENTOVETRINE”, DONNA DETERMINATA MA DI GRANDE SENSIBILITÀ, UN PO’ COME ME»
TVZOOM ha intervistato l’attrice e doppiatrice che interpreta la direttrice del carcere nella soap opera di Canale 5 e che, dal ieri, è al Teatro San Babila di Milano con “Gli innamorati” di Goldoni. Chiamatela pure figlia d’arte, ma solo perché ha saputo assorbire l’atmosfera fertile di famiglia. Trasformando in professione un’urgenza progettuale che ha […]

TVZOOM ha intervistato l’attrice e doppiatrice che interpreta la direttrice del carcere nella soap opera di Canale 5 e che, dal ieri, è al Teatro San Babila di Milano con “Gli innamorati” di Goldoni.

Chiamatela pure figlia d’arte, ma solo perché ha saputo assorbire l’atmosfera fertile di famiglia. Trasformando in professione un’urgenza progettuale che ha sentito fin dagli 8 anni d’età. Selvaggia Quattrini, figlia della celebre attrice Paola, si destreggia con disinvoltura e successo tra cinema (Marianna Ucrìa, Ma quando arrivano le ragazze?), televisione (Incantesimo 5 e 6, Una donna per amico 3, La dottoressa Giò), doppiaggio (Halle Berry, Milla Jovovich, Paz Vega) e, da quest’anno, è nel cast di Centovetrine (è ufficiale: ad aprile inizieranno le nuove riprese per la quattordicesima stagione della soap) nel ruolo di Oriana Daverio, giovane e determinata direttrice del carcere in cui è rinchiuso Ettore Ferri (Roberto Alpi).
Oltre che con le mura della casa circondariale di cui è responsabile, Oriana deve fare i conti con le mura psicologiche della sua figura istituzionale, valicabili all’occorrenza per garantire alle pieghe irrivelate della sua sensibilità la meritata evasione. La metafora è azzeccata anche per la Selvaggia Quattrini attrice di teatro, dal 12 febbraio al 3 marzo in scena al San Babila di Milano con Gli innamorati, su testo di Goldoni, valoroso esempio di resistenza nei confronti di una città che, quel teatro, vorrebbe chiuderlo buttando via la chiave.
Selvaggia, sulla scheda di presentazione di Oriana Daverio leggo: «La donna che non sapeva amare».
«Sarebbe fuorviante banalizzare il personaggio di Oriana. Si tratta di una donna che in parte ha chiusto le sue porte alla vita, ma che mantiene una grande capacità di amare. È una figura complessa, a tutto tondo, un ruolo che anch’io ho scoperto a poco a poco, durante le riprese. Una donna determinata, innamorata ma incapace di abbandonarsi davvero all’amore a causa di alcune ferite nel suo passato, portate alla luce durante le puntate della soap».
Selvaggia Quattrini vede in Oriana Daverio dei tratti caratteriali che le appartengono?
«Ogni attore, inevitabilmente, si rifà alla propria esperienza personale quando interpreta un personaggio. Forse anch’io, al primo impatto, posso apparire una donna dura. Di Oriana mi appartengono la sensibilità e la forza interiore, l’attaccamento agli ideali e il desiderio quotidiano di far sempre la cosa giusta. O almeno, di provarci. Ciò può significare anche vivere male con se stessi, autoanalizzandosi costantemente».
Centovetrine è giunto al dodicesimo anno di vita, lo share pomeridiano è sempre elevato, pare che sia stata annunciata la quattordicesima stagione, le cui riprese inizieranno ad aprile.
«La mia permanenza nel cast è durata 5 mesi: ho visto una macchina produttiva laboriosa ed efficiente, tante persone che si sono trasferite nel torinese dando anima e corpo a un progetto qualitativo. In cuor mio, spero davvero che la soap possa godere di lunga vita. A me, questa esperienza ha insegnato molto.
Che cosa le ha insegnato?
«Mi ha fatto crescere come attrice. Mi ha consentito di mettermi alla prova con la lunga serialità, affrontando un modo tecnicamente nuovo di lavorare. Ritmo elevato, grande concentrazione, un meccanismo chiaro e rodato in cui mi sono inserita confrontandomi con colleghi di grande valore».

Il suo ruolo di attrice quest’anno le consentirà di confrontarsi anche con Gli Innamorati di Goldoni, dal 12 febbraio al 3 marzo al San Babila di Milano.
«Interpreto la parte di Eugenia, nobile ragazza milanese decaduta, sincera e di buon cuore, ma puntigliosa e gelosissima del suo innamorato Fulgenzio. Un ruolo molto bello per una giovane attrice. Nel cast ci saranno Isa Barzizza, Laura Graziosi, per la regia di Stefano Artissunch».
Dopo lo Smeraldo, un altro baluardo della cultura milanese come il teatro San Babila rischia la chiusura. La situazione del teatro in Italia è così grigia?
«La crisi c’è e si sente in tutti i settori. L’Italia dovrebbe cercare di non perdere la grande tradizione teatrale che l’ha resa grande nel mondo. Andrebbero adottate politiche diverse, più vicine alle istanze culturali. Soprattutto, più vicine ai giovani. Il teatro, a oggi, è percepito come qualcosa d’elite. Deve ritornare a essere di massa, comunicando con le nuove generazioni. Oltre ai grandi classici, ci sono testi di bravissimi autori contemporanei che meritano di essere scoperti».
La crisi porta conseguenze inevitabili. Ne risentono anche le nuove leve di attori?
«In Italia non sempre c’è meritocrazia nei settori professionali. Tv e teatro non fanno eccezione. Per emergere, occorrono studio, talento, preparazione. Lo dico con cognizione di causa, avendo iniziato questo mestiere a 8 anni».
A proposito dei suoi esordi: l’essere figlia di Paola Quattrini ha avuto un peso decisivo nel determinare la sua scelta di vita?
«Ho ereditato da mia madre la passione per questo mestiere. Essere figli d’arte è un grande vantaggio: si apprendono in maniera naturale cose che altri imparano con l’esperienza a lungo termine, si respira da subito un’atmosfera artistica peculiare, si entra in contatto con nomi prestigiosi».
Alle volte, però, “figlio d’arte” può suonare come un’etichettatura.
«A livello personale ho sempre dovuto dimostrare di essere in grado di lavorare a prescindere dall’essere figlia d’arte. Dunque è stata una sfida in più per affermare le mie qualità».
Ha mai vissuto un confronto competitivo con sua madre?
«Mai. Tra noi non c’è mai stata alcuna competizione. Forse, da piccola, ho sofferto per la sua mancanza da casa, quelle volte in cui era impegnata con il suo lavoro. Ma lei per me ha sempre rappresentato un esempio».
Lei ha all’attivo anche una lunga carriera come doppiatrice: c’è qualche personaggio, magari hollywoodiano al cui doppiaggio è maggiormente legata?
«Sono legata alla principessa Fiona di Shrek, perché è il doppiaggio con cui ho iniziato. Come attrice, mi sento molto vicina allo stile di Paz Vega. E alla forza rappresentativa di Isabel Carrè in Emotivi Anonimi».
Il suo stile di attrice influisce nel suo modo di doppiare?
«Fare il doppiatore impone numerosi aspetti tecnici diversi rispetto al mestiere di attor. Devi riproporre quello che ha fatto qualcun altro, sovrapponendoti a lui e aggiungedoci del tuo. Ma ci sono tantissimi margini di creatività che rappresentano il vero valore aggiunto».
In sincerità: nonostante il successo, le è mai capitato di pensare di poter mollare tutto?
«Ah, tante volte ho pensato di cambiar lavoro. Accade a tutti, è normale. Chissà, mi sarei vista bene come gestore di una libreria. Una piccola libreria indipendente, capace di proporre testi meno noti alla grande distribuzione, organizzando eventi, incontri, proposte originali. Oggi, certo, i grandi circuiti editoriali rendono difficile la sopravvivenza di realtà indipendenti».
Qualche rimpianto professionale?

«Non so se ogni mia scelta fatta sia stata giusta. Di sicuro, così mi sembrava nel momento in cui l’ho presa. A volte ho scoperto progetti interessanti dietro a proposte apparentemente deboli e viceversa. Però, se dipendesse da me, farei tanto cinema. Mi piacerebbe avere più proposte per il grande schermo. Fino a oggi, sono state inferiori rispetto alle occasioni televisive. Ma non per mia decisione».
Lavorando con qualche regista in particolare?
«Sono stata diretta da Pupi Avati ed è un’esperienza che rifarei subito. Mi piace Sorrentino. Marco Tullio Giordana. I nomi sono tanti».
Viene prima la vita privata o la carriera?
«La sfera privata ha sempre avuto predominanza su quella professionale. Non l’ho mai sacrificata».

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Selvaggia Quattrini)