Pubblicato il 09/02/2013, 12:23 | Scritto da La Redazione

LO SHOW E IL PALAZZO: DALL’ITALSIDER A BENIGNI, NON SOLO CANZONETTE

LO SHOW E IL PALAZZO: DALL’ITALSIDER A BENIGNI, NON SOLO CANZONETTE
Nel 1984, mentre presentava Baudo, arrivarono i metalmeccanici. Poi Capanna, Grillo. Bernabei: trovate un altro Modugno e non ci sarà più spazio per la politica. Maffucci: «Perché la politica si è sempre intrecciata con il Festival di Sanremo? Ma perché la politica è intessuta nel nostro stesso “modo” di essere italiani così come lo è […]

Nel 1984, mentre presentava Baudo, arrivarono i metalmeccanici. Poi Capanna, Grillo. Bernabei: trovate un altro Modugno e non ci sarà più spazio per la politica. Maffucci: «Perché la politica si è sempre intrecciata con il Festival di Sanremo? Ma perché la politica è intessuta nel nostro stesso “modo” di essere italiani così come lo è la canzone».

 

Rassegna Stampa: Corriere della Sera, pagina 13, di Paolo Conti

 

Lo show e il Palazzo Nel 1984, mentre presentava Baudo, arrivarono i metalmeccanici. Poi Capanna, Grillo…
Dall’Italsider a Benigni, non solo canzonette

Bernabei: trovate un altro Modugno e non ci sarà più spazio per la politica

ROMA «Perché la politica si è sempre intrecciata con il Festival di Sanremo? Ma perché la politica è intessuta nel nostro stesso “modo” di essere italiani così come lo è la canzone. L’Italia figlia della gloriosa storia dei Comuni e delle Signorie ha nella musica, un istintivo mezzo di espressione. E inevitabile che queste due modalità si incontrino e si mescolino…». A parlare non è un sociologo della politica ma Mario Maffucci, un pezzo di storia della Rai e di Sanremo, dal 1989 al 2000 partner nell’organizzazione del Festival con Pippo Baudo, Adriano Aragozzini, Carlo Bixio e Gianni Ravera e poi responsabile in prima persona dal 1997 al 2000. Politica e canzoni, Sanremo e il Palazzo, un continuo gioco di rinvii. Ancora Maffucci: «Ricordo bene che, appena finito il Festival, avevo un appuntamento fisso. Piero Bassetti, primo presidente della Regione Lombardia e personaggio chiave della politica lombarda, mi invitava a pranzo e mi chiedeva quale Italia avessi visto dal Festival. I cambiamenti sociali, le tendenze, le novità di rilievo». La storia del Festival è strapiena di eventi politico-sociali. L’archetipo storico è la marcia dei metalmeccanici dell’Italsider sul Sanremo 1984. Ci volle Pippo Baudo per governare l’ingovernabile, persino le forze dell’ordine erano incerte sul da farsi. Baudo oggi ha deciso di non parlare durante questo Sanremo 2013 («ho scelto il silenzio per rispetto di chi sta organizzando il Festival») ma basta riguardare gli archivi per ammirare un capolavoro assoluto del baudismo militante: trattativa lampo con i manifestanti, delegazione di sei operai che espone le proprie ragioni sindacali sul palcoscenico del teatro Ariston. In quanto al resto, c’è solo l’imbarazzo della scelta. L’indimenticata partecipazione di Beppe Grillo nel 1985, con attacchi trasversali alla Fiat, a Berlusconi, ad Albano. O Sabina Guzzanti che, nel 1995, porta sul palcoscenico con David Riondino la «Riserva indiana» per cantare «Troppo sole» con un gruppo composto da Sandro Curzi, Mario Capanna, Ermete Realacci, Milo Manara. Fino ad arrivare al Festival 2002 con Roberto Benigni, con Giuliano Ferrara che promette di tirargli uova marce se avesse fatto satira antigovernativa.
Minaccia inutile: Benigni porta a casa apprezzamenti bipartisan. Insomma, da sempre Sanremo è in contatto con la politica. Dice Angelo Guglielmi, ex direttore di Rai3 ma anche esponente del Gruppo 63, punta dell’avanguardia letteraria storica: «Se dovessi scegliere un esempio “politico” a Sanremo, non avrei esitazioni: il Grillo del 1985. Lì già dette un ampio saggio delle sue capacità dialettiche. Guardando il Grillo di oggi si ritrova quello… La politica al Festival? Io, a differenza del mio amico Umberto Eco, seguo poco Sanremo. Ma quest’anno mi piacciono due aspetti. Il primo. Fazio mi sembra abbia volutamente scelto la strada di cantanti professionisti in grado di ricollegarsi all’attualità. Scelta, se vogliamo, “politica”. Secondo. Sono felice che la “piccola politica” non abbia costretto il Festival a cambiare data. Ha trionfato il buonsenso, ha perso la follia del Palazzo…». Infine il sospiro di Ettore Bernabei, direttore generale padrone della Rai dal 1960 al 1974: «La politica a Sanremo? E diventata un elemento del Festival quando è finita la stagione delle grandi canzoni italiane che tutti cantavano il giorno successivo. Trovate un altro Domenico Modugno e vedrete che il Festival non avrà mai più bisogno della politica per riempire le serate».