Pubblicato il 26/01/2013, 16:33 | Scritto da La Redazione

ALESSANDRO BONAN: «LO SPACCHETTAMENTO DI “CIELO CHE GOL!” CI CONSENTIRÀ DI CRESCERE»

«Vi racconto i punti di forza di “Cielo che gol! – Night”», dice a TVZOOM il giornalista, che dalle 22.30 alle 24 conduce l’appuntamento serale dell’approfondimento calcistico di Cielo (canale 26 dtt, Sky canale 126 e TivùSat canale 19).

Cielo che gol!, nella sua nuova versione riformulata, somiglia a una mela, non necessariamente platonica, divisa in due parti per rimarcare la complementare diversità dell’universo calcistico applicato all’entertainment tv. Dalle 17 alle 18.35, Simona Ventura, con la sua carrellata eterogenea di ospiti, spinge sull’acceleratore dell’intrattenimento tout-court in attesa di mostrare in anteprima in chiaro gli highlights di tutti gli incontri disputati nel campionato di Serie A. Dalle 22.30 alle 24, tocca a Alessandro Bonan destreggiarsi tra intrattenimento e specificità tecniche, mostrando le immagini del posticipo, facendo la corsa su La Domenica Sportiva di Rai Due.
Nel salotto di casa Bonan, domenica 26 gennaio, si alterneranno vari ospiti: Bruno Barbieri, giunto armi, bagagli e posate direttamente dal pluriosannato MasterchefTeo Teocoli, l’ex colonna del Milan Billy Costacurta, il giallista Marco Malvaldi, il giornalista sportivo Maurizio Crosetti. Oltre al collegamento da San Siro con Giulia Mizzoni, alle incursioni spericolate del comico Fayna e ai ragazzi del talent per aspiranti telecronisti, Sognando Caressa.
Toccherà a Bonan saldare il racconto televisivo in una dimensione narrativa vincente. D’altra parte, il giornalista toscano a marzo sarà anche nelle librerie con un romanzo («Il primo, spero non l’ultimo», dice), con la narrazione dovrebbe trovarsi a suo agio.
Alessandro, con Cielo che gol! -Night siete diretti concorrenti de La Domenica Sportiva. Su quali caratteristiche del programma puntate?
«La mia idea corrisponde a una trasmissione di calcio molto serena, garbata, col sorriso sulle labbra, che sappia però conservare piglio e autorevolezza negli argomenti trattati. Il linguaggio deve essere svelto, immediato, eliminando la consuetudine diffusa di sviscerare tematiche fino a farsi prendere la mano dalle controversie. Siamo un gruppo di amici che si ritrova alla sera per parlare di calcio. Con figure tecniche di primo piano come calciatori e giornalisti sportivi, un contorno che alleggerisce e un ospite ricorrente come Teo Teocoli capace di fare il jolly».
Anche lo scenografia ha subito dei mutamenti.
«Lo studio è molto raccolto, per favorire un’interazione quasi confidenziale. La vicinanza fisica accresce la compattezza. Un po’ come un falò sulla spiaggia».
Il ridimensionamento di fascia oraria di Cielo che gol! e la sua suddivisione in due appuntamenti distinti sono frutto di aspettative disattese. Almeno, così si dice.
«Così come era stato concepito all’inizio, era un programma molto impegnativo. Molte ore consecutive in onda, tanti aspetti concentrati in un unico appuntamento. Lo spacchettamento del programma consente di rilanciarlo e farlo crescere, cogliendo l’opportunità di presidiare lo spazio serale, che ha un potenziale forte grazie al posticipo di campionato».
Il suo rapporto con Simona Ventura, durante la co-conduzione?
«Ottimo, l’atmosfera è sempre stata coesa, stimolante. Certo, condurre un programma in due non è semplice, ci vuole rodaggio e tanto tempo a disposizione. Chissà, magari lo faremo ancora. Intanto, lo spacchettamento del format ci consente di gestire aree affini e complementari».
A Simona il ruolo di conduttrice classica, con un occhio di riguardo su intrattenimento e attualità, a lei invece la sfera tecnica dell’approfondimento calcistico?
«Oddio, non saprei. Dentro di me sento di avere tante “sfere”, se così vogliamo chiamarle. Mi muovo su un doppio binario: quello giornalistico e quello dell’intrattenimento».
Le vecchie tribune elettorali non esistono più. La tv di oggi ha contribuito al restlying totale del talk show politico. La stessa cosa si può dire per l’approfondimento calcistico?
«C’è talmente tanto calcio in tv che l’idea di approfondimento classico non funziona più. Oggi il linguaggio deve essere dinamico, soprattutto deve essere veicolato con un corredo di immagini a supporto. Sky ha fatto di questo la sua forza, prima degli altri. E poi, al di là di temi cruciali e drammatici come lo speciale sulla morte del giocatore del Livorno, Morosini, si può e si deve parlare di calcio in modo leggero, spensierato. In un clima disteso, anche una domanda con molto sale consente di ottenere una risposta articolata. Qualcosa di molto diverso rispetto al clima da Tribunale dell’Inquisizione che si respirava in alcune trasmissioni del passato». 
Forse perché le interviste a caldo del dopo-partita possono comportare reazioni istintive da parte dei protagonisti…
«Bisogna tener conto delle tensioni del dopo partita. E creare l’atmosfera giusta per renderle efficaci. Ecco, ritengo che il segreto di un programma vincente stia proprio nel clima con cui viene condotto. L’atmosfera vince sulla scrittura. Nel clima giusto, puoi inserire una scrittura intelligente. Ma se il clima viene a mancare, anche la scrittura risulterà penalizzata».
A proposito! Ha nostalgia di qualche protagonista, nelle interviste del dopo partita?
«Mi manca Mourinho. Con lui mi divertivo tantissimo. Sapeva far leva sul suo carisma comunicativo, conosceva il rispetto dei ruoli tra intervistatore e intervistato. Imbastiva con sapienza un gioco delle parti, anche quando dava risposte piccate».
Parlando di tv del futuro: con Sognando Caressa, state forgiando le nuove leve dei telecronisti. Quali sono le caratteristiche di un buon telecronista?
«Si tratta di un mestiere molto particolare, molto specifico. È una vera e propria specializzazione, come una branca dell’ortopedia applicata alla medicina. Bisogna avere prontezza mentale, capacità di fotografare la frenesia di un’azione, riuscendo a tradurla in linguaggio sintetico. Il buon telecronista è un bravissimo narratore di tempi veloci. Raccontare il calcio non è facile, è qualcosa di diverso rispetto al tennis o al golf, per esempio».
Avete scoperto aspiranti talentuosi?
«Ho visto tanti ragazzi bravi, svegli. Talvolta pervasi da una felice arroganza tipicamente giovanile, che alla lunga deve essere mitigata, altrimenti può diventare un limite. Anche se, ovviamente, aver fiducia nei propri mezzi è fondamentale».
Ci sono anche aspiranti di sesso femminile? O meglio, il calcio sta facendo breccia anche tra il gentil sesso?
«Conosco tante donne che guardano le partite con il fidanzato. Credo che l’attenzione femminile sul calcio aumenterà quando le famiglie potranno tornare allo stadio senza paura. Quando, anche in Italia, si potrà assistere a una partita dal vivo senza rischi per la propria incolumità. Su modello inglese, intendo. E poi, anche Sky ha bisogno di stadi pieni, per raccontare al meglio un evento».
Lo stadio può diventare un coacervo di pulsioni e di contrapposizioni, anche allegoriche, tra fazioni che utilizzano il calcio come pretesto e valvola di sfogo sociale.
«Per questo sottolineo che il modello inglese sia da imitare. Presto o tardi succederà. Per prima cosa, è fondamentale costruire strutture nuove, adeguate. Penso allo Juventus Stadium. Evitando effetti ghetto per i tifosi, che contribuiscono solo a esasperare gli animi. Se crei una struttura accogliente, anche il tifoso maleducato ci penserà due volte prima di commettere un gesto eclatante accanto a un padre di famiglia. E poi, è fondamentale applicare le leggi per isolare i violenti».
Lei è un esperto di calciomercato. Per il 31 gennaio dobbiamo aspettarci qualche colpo?
«Mi incuriosiscono le mosse del Milan. Secondo me, la diplomazia di Galliani porterà a qualche risultato».
Dobbiamo aspettarci invece qualche novità sorprendente da Alessandro Bonan?
«Il mio primo romanzo. Si intitola Anatomia di una voce, uscirà per Cairo Editore a marzo. È un tentativo ambizioso. Ho impiegato anni a conquistare una mia dimensione professionale, partendo dalla provincia e contando solo sulle mie forze. Parallelamente però, ho coltivato la passione per la scrittura, che è anche una valvola di sfogo, uno svago distante dal mio mondo. Qualcosa che mi stimola e spero catturi l’attenzione di chi leggerà».

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Alessandro Bonan)