Pubblicato il 26/01/2013, 13:26 | Scritto da La Redazione

GIOVANNI VERNIA: «IL MIO CORONA SPECCHIO DEI TEMPI. MA HO GIÀ IN MENTE UNA NUOVA IMITAZIONE»

GIOVANNI VERNIA: «IL MIO CORONA SPECCHIO DEI TEMPI. MA HO GIÀ IN MENTE UNA NUOVA IMITAZIONE»
Dopo il fortunato personaggio di Johnny Groove, il comico ligure ha centrato di nuovo il bersaglio con l’imitazione del re dei paparazzi, ogni lunedì in prima serata su Italia Uno a “Zelig Circus”. In un colloquio con TVZOOM, Vernia ha raccontato la genesi dell’idea, non scordando qualche anticipazione sul futuro. «Avevo pronto uno sketch su […]

Dopo il fortunato personaggio di Johnny Groove, il comico ligure ha centrato di nuovo il bersaglio con l’imitazione del re dei paparazzi, ogni lunedì in prima serata su Italia Uno a “Zelig Circus”. In un colloquio con TVZOOM, Vernia ha raccontato la genesi dell’idea, non scordando qualche anticipazione sul futuro.

«Avevo pronto uno sketch su Corona in fuga, la notizia del suo arresto però non mi trova impreparato: a Zelig Circus interpreterò un Fabrizio dal carcere», dice Giovanni Vernia, il Johnny Groove che ha spopolato nel cabaret di Italia Uno e che quest’anno sta trovando nuova gloria con l’imitazione dell’ex latitante meno latitante e più pop d’Italia.
La vicenda Corona, del resto, risulta interessante sotto diversi aspetti: convinto di essere “ammanicato” con la Dea Bendata, l’agente dei paparazzi ha cercato di estrarre l’asso della manica giocando d’azzardo in Portogallo, ma si è ritrovato in mano un due di picche. «Una situazione paradossale, per certi versi specchio delle contraddizioni dell’Italia contemporanea e del desiderio di trovare capri espiatori», ammette il bravo comico ligure, che dalla laurea in ingegneria si è trovato catapultato nell’Olimpo degli intrattenitori televisivi.
Giovanni, è d’obbligo una domanda: che ne penserà Johnny Groove della vicenda Corona?
«Oddio, bella domanda! Prima di tutto bisognerebbe capire se Johnny Groove è al corrente della vicenda Corona. Mmh…disastro, adesso mi tocca leggere i giornali?! (me lo dice con la spassosa intonazione vocale dell’eroe delle discoteche house, nda)». Giusto. Dunque correggiamo il tiro: che ne pensa Giovanni Vernia della vicenda Corona?
«In tutto questo c’è qualcosa di comico e paradossale. Da una fuga quasi rocambolesca, in cui molti erano portati addirittura a fare il tifo per Corona, divenuto il “cattivo” per eccellenza, quello che scappa facendola in barba a tutti, siamo giunti a una conclusione amara della vicenda. Fosse fuggito a Santo Domingo, avrebbe interpretato fino in fondo il copione che in tanti si aspettavano da lui. Invece non è andata così».
Come ce lo mostrerà, nella prossima puntata di Zelig?
«Intendo giocare sulle sue disattenzioni durante la fuga, sugli aspetti comici, volutamente esagerati, del non aver preparato bene il progetto. Voglio calcare la mano sulla parodia di quanto è accaduto, evitando di toccare il lato umano della persona. Non mi interessa mostrare se ha pianto oppure no, se ha vissuto momenti di sconforto. Quegli aspetti rappresentano la sfera umana e personale del personaggio e devono essere rispettati».
Quando ha pensato che un’imitazione di Corona sarebbe diventata vincente?
«Quando invento un personaggio non mi chiedo mai se sia vincente o meno. L’essenziale è che io mi diverta a portarlo in scena. Ricordo di aver visto, diverso tempo fa, Corona durante un talk show. Mi aveva colpito il contrasto tra la sua pervicacia nel fare il duro, l’uomo che non deve chiedere mai, in un contesto antitetico a questo suo atteggiamento. Per certi versi, mi sembrava un pesce fuor d’acqua. Ho così iniziato a lavorare su alcuni suoi tic linguistici, il suo uso costante dell’avverbio “Assolutamente” per rafforzare un concetto, la frase “Cammino sempre a testa alta”. E poi ho esasperato gli atteggiamenti fisici, il suo accento catanese, che in pochi riconoscono, ma che ogni tanto emerge con prepotenza. Dando vita a dei tormentoni».
Ha mai avuto qualche dubbio sull’efficacia rappresentativa di quei tormentoni?
«Il mio dubbio era legato alla fisicità: lui e io non ci somigliamo affatto. Quell’aspetto è stato compensato da un forte richiamo alla gestualità e da costumi di scena adeguati».
Diciamocela tutta, la vicenda Corona è una storia tipicamente italiana.
«Mettiamola così, l’Italia è il luogo ideale per far accadere qualcosa del genere. Nella prossima puntata, non a caso, gli farò pronunciare questa frase emblematica: “La più grande fortuna di Fabrizio sono gli italiani”. Questo è uno spunto per ironizzare sulle falle nei meccanismi della Giustizia nel nostro Paese. In fondo, anche un’attenzione così metodica su Corona da parte della Giustizia, è piuttosto curiosa, in un Paese dove chi commette reati anche peggiori tende a farla franca».
Per certi versi, è anche un capro espiatorio?
«Beninteso, si tratta di una persona che ha commesso svariati reati ed è giusto che si presenti dinanzi alla Legge. Ma sotto qualche aspetto, un po’ capro espiatorio lo è stato, senza dubbio».
Prima o poi l’attenzione intorno a Corona scemerà…
«Infatti si tratta di un’imitazione di passaggio. Non intendo tirare la corda troppo a lungo, specie perché tra un po’ Corona dovrà sottoporsi all’inchiesta, al processo, ed è giusto che questi aspetti vengano tutelati. Ho già in mente un nuovo personaggio». Un’imitazione di qualcuno noto al grande pubblico?
«Sì, ma non posso ancora svelartela. Magari la proporrò a Zelig già durante questa edizione».
Quest’anno Zelig si è rinnovato. Nuovi conduttori, un’interazione diversa, in risposta a chi sottolineava che la formula potesse essere stanca. È soddisfatto di quest’edizione?
«Sì. Zelig è un grande contenitore, all’interno del quale trova spazio una qualità comica eterogenea. Ce n’è per tutti i gusti, quella rimane la sua forza. Per quanto mi riguarda, io penso a divertirmi il più possibile con quello che faccio. Ho bisogno di novità costanti, di stimoli sempre nuovi. Non sarei mai tornato sul palco riproponendo Johnny Groove, non è nella mia indole ripetermi a oltranza».
Oltre a Zelig, ha in serbo progetti imminenti?
«A ottobre partirà la mia tournèè teatrale. Sono carico e ho buone aspettative».
Lei ha fatto anche un film. C’è qualche progetto televisivo al quale le piacerebbe prender parte?
«Le Iene. Oppure Striscia. Ma loro non mi cagano! (ride, nda). Mi vedrei benissimo a condurre Le Iene, specie perché ho un’innata passione per il ballo e lì, i conduttori, non smettono mai di ballare».
Mai provato a buttar giù idee anche per un format personale?
«L’idea c’è, richiama qualcosa che ho fatto tanti anni fa. Sarebbe adatto alla seconda serata. Chissà».
Lei appartiene a buon diritto alle nuove leve della comicità italiana. A quali modelli si è ispirato?
«Tre su tutti: Alberto Sordi, Carlo Verdone e Fiorello. Loro per me sono miti assoluti».
È difficile emergere per un comico, in un contesto televisivo così competitivo?
«Difficilissimo. Al giorno d’oggi, i comici sono tantissimi, le strade per farsi notare sono sì aumentate, ma il formato tv resta pressoché identico. Quindi, o hai in mano qualcosa di veramente – ma veramente! – forte, o uscire dalla gavetta è dura».
Lei ne è un esempio, considerata soprattutto la sua professione pre successo televisivo.
«Ah, certo! Ero un ingegnere, lavoravo in un’azienda di consulenza. Fare cabaret era un hobby extra lavorativo. Zelig è capitato quasi per caso, senza aspettative particolari».

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Giovanni Vernia)