Pubblicato il 30/12/2012, 12:25 | Scritto da La Redazione

TV DI DOMANI: MANCANO NUOVE IDEE E GIOVANI SULLO SCHERMO

TV DI DOMANI: MANCANO NUOVE IDEE E GIOVANI SULLO SCHERMO
Ugo Volli sulle colonne de “Il Messaggero” analizza come la tv italiana sia vecchia e priva di idee, con i soliti volti sullo schermo. Rassegna stampa: Il Messaggero, pagina 25, di Ugo Volli. Le nuove idee latitano come i conduttori sotto i 60 anni Che cosa resta della televisione? Come per le eredità, possiamo fare […]

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Ugo Volli sulle colonne de “Il Messaggero” analizza come la tv italiana sia vecchia e priva di idee, con i soliti volti sullo schermo.

Rassegna stampa: Il Messaggero, pagina 25, di Ugo Volli.

Le nuove idee latitano come i conduttori sotto i 60 anni

Che cosa resta della televisione? Come per le eredità, possiamo fare l’inventario del patrimonio: Sanremo, le Olimpiadi, qualche reality superstite come XFactor, un po’ di giornalismo e di talk show, qualche serata speciale di grandi provocatori (Celentano, Benigni). Poco più. Vecchi cavalli di battaglia vanno malinconicamente in pensione (L’infedele per tutti). Se passiamo ai dati degli affari, il rosso cronico del bilancio Rai certo non si rifarà con il ritocchino del canone accordato da Monti. Ma anche Mediaset si trova a registrare il primo bilancio in passivo della sua storia. E La7, che era accreditata del ruolo di terzo incomodo, è in vendita da quasi un anno, ma non trova acquirenti.

LA CRISI È la crisi, è chiaro. Da decenni anche in Italia le televisioni non campano vendendo programmi ai loro utenti, ma spettatori ai loro inserzionisti. Non basterebbe fare programmi belli e nuovi che incatenassero gli italiani davanti al piccolo schermo; ci vorrebbero comunque imprese disposte a investire in pubblicità. Ma queste sono diminuite di numero e hanno ridotto la pianificazione pubblicitaria, lasciando a secco le televisioni ma anche i giornali. E però la crisi non spiega tutto. Perché se ci fossero ancora dei programmi di grande successo, capaci di raccogliere per davvero l’Italia in un solo pubblico, si potrebbe pensare che i problemi finanziari siano solamente congiunturali. Ma nonostante tutti i trucchetti di comunicazione, come misurare l’Auditel in percentuali sull’ascolto televisivo e non in cifra assoluta, vien fuori che i grandi successi in tv non superano quasi mai il quindici per cento della popolazione, cioè sono prodotti di nicchia. E soprattutto sono prodotti vecchi, scontati: Celentano si è affermato nel 1961, ha iniziato a predicare negli anni Ottanta. Benigni era già abbastanza famoso da presentare Sanremo nel 1980. Santoro si è inventato il suo format nel 1987 con Samarcanda.

XFactor è una trasmissione inglese del 2006, arrivata in Italia nel 2008 (cioè ha già quattro stagioni alle spalle) e sostanzialmente ricicla un’idea che era già popolarissima negli anni Ottanta con Saranno famosi. Insomma, le idee nuove latitano come i conduttori sotto i sessanta e con meno di trent’anni di anzianità in video. La ragione è semplice: non è questa o quella trasmissione, questo o quel canale a essere invecchiato. È decotta da tempo la Tv generalista, vittima di Internet, di Facebook, di Youtube, perfino della sua stessa moltiplicazione col satellite e il digitale terrestre. Restano le nicchie, i canali tematici, la comodità degli appuntamenti periodici con l’informazione e con lo sport. E la nostalgia, le vecchie star che ritornano inossidabili, pretendendo pure di provocare fin che qualcuno li starà a sentire. L’ultimo che esce spenga il telecomando.