Pubblicato il 29/12/2012, 16:25 | Scritto da La Redazione

VIVIANA STRAMBELLI, ATTRICE ROCK’N’ROLL NEL 2013 SU RAI1

A colloquio con l’attrice, protagonista, a fianco di Cristiana Capotondi, di “Un marito di troppo”, film tv Rai previsto per il 2013: il suo percorso di carriera, i suoi progetti, la sua passione per la musica e per il canto.

«In Un marito di troppo reciterò a fianco di Cristiana Capotondi e sarò il suo contraltare ideale: interpreterò Barbara, giornalista musicale entusiasta della vita, che si innamora ogni minuto, che cambia colore di capelli ogni giorno, con uno slancio vitale da paladina dell’ottimismo», mi dice Viviana Strambelli, attrice della scuderia QuattroP, a proposito del film tv, diretto da Luca Ribuoli, previsto per il 2013 dal palinsesto di RaiUno. Viviana è proprio così. Entusiasta, determinata, capace di cavalcare la tigre su diversi orizzonti progettuali. «Oltre al recitare, sento l’urgenza di cantare e suonare. Sto lavorando a un progetto musicale per me molto importante».
Nel frattempo, l’abbiamo vista in tv nel cast di Questo nostro amore, al cinema in Tutto Tutto Niente Niente e, dal 22 al 28 gennaio al Teatro Elfo Puccini di Milano, con La signorina Else.
La Barbara di Un marito di troppo le assomiglia davvero? Anche Viviana Strambelli cambia colore di capelli ogni due per tre?
«Oh, sì, il suo modo di affrontare la vita mi rispecchia molto. Mi sono divertita un sacco a interpretare Barbara. Quando mi hanno chiamata per il provino, ho letto la parte e ho subito pensato fosse perfetta per me. Dovevo essere selezionata io, a tutti i costi! Per convincere regista e produzione mi sono presentata con un largo cappello, abbinato a un look con stravaganti calze rosse. Insomma, ho puntato molto su una personalità forte e sull’autoironia. Barbara ha tanta energia creativa dentro di sé, si innamora di continuo, di un luogo, di una situazione, di un progetto. Non si perde mai d’animo, sa sdrammatizzare, si veste in maniera allucinante, colpisce i presenti col suo modo di fare. Nel film è il contraltare ideale al personaggio di Cristiana Capotondi, che è seria, misurata, contenuta».
Il film è girato a Torino…
«E infatti la sottoscritta si è innamorata anche di Torino (ride, nda)! Scherzi a parte, questo è forse il mio primo vero ruolo da protagonista e sono contenta di come tutto il gruppo ha lavorato. Nel cast c’erano tanti attori provenienti dallo Stabile di Genova, dove mi sono diplomata. Con il regista, Luca Ribuoli, avevo già lavorato in Questo nostro amore, ma anche ne La squadra e ne Il commissario Manara. Fino a oggi, i nostri percorsi di carriera si sono quasi sovrapposti. Lui riesce a valorizzare i tratti di un attore, se ne innamora, in senso professionale, lasciando nel contempo spazio anche alla libertà creativa. Si chiama empatia». 
Il ruolo di Barbara è molto diverso dalla parte che ha avuto in Questo nostro amore.
«Quella era una fiction ambientata negli anni ’60, tutta l’atmosfera era differente. Mi sono sempre ritenuta un’attrice “contemporanea”, pensavo di non essere adatta a recitare in un film d’epoca. Invece il mio ruolo di maestrina comprensiva, dolce e affettuosa ha avuto notevole risalto e dignità nella fiction, nonostante si sia trattato di un’esperienza breve, fatta di cinque sole pose».

Lei si ritiene attrice “contemporanea”, forse perché è la sua attitudine a esserlo. Molto rock’n’roll oriented, come si dice. Non a caso si diletta con chitarra e voce, giusto?
«Io la vedo così: la propensione artistica non necessariamente deve essere confinata in un unico campo. Alle volte, scopri di avere un’urgenza progettuale che ti porta a sperimentare livelli diversi di comunicazione. Per me, con la musica, è avvenuto questo. Non ne posso fare a meno. E ora sta iniziando a diventare qualcosa di serio».
Progetti all’orizzonte? Se sì, sono conciliabili col mestiere di attrice?
«Facciamo prima un distinguo. Ho iniziato a studiare recitazione quando avevo 14 anni. La mia preparazione specifica, è per fare l’attrice. Non ho mai studiato musica, nel senso che non so leggere le note. Questo però mi garantisce una libertà creativa non vincolata a schemi prefissati. Quanto ai progetti, sì, ne ho in cantiere uno anche in ambito musicale. Non posso ancora anticipare nulla. Sulla conciliabilità tra i due mondi…».
Non cerchi la domanda di riserva, eh! 
«Quest’estate mi è capitata un’occasione formativa importante a teatro. Non retribuita, ma essenziale per affinare le mie qualità. Ho accettato, rinunciando alla proposta per un musical di maggiore durata. In linea di massima, fare l’attrice è la mia vocazione. Ma io confido di riuscire a fare entrambe le cose. Soprattutto perché suonare mi consente di trarre sostentamento nei periodi in cui non lavoro come attrice. Faccio anche la fotografa. Per la stessa ragione».
La sua musica trae ispirazione da qualcuno o qualcosa in particolare?
«Dalla vita che ci metto dentro. E poi, dal rock progressivo anni ’70. Genesis, Pink Floyd. Oltre che dall’elettronica alla Radiohead. Beninteso, non intendo paragonarmi a loro! Però li ho ascoltati molto. Il mio progetto è più da attrice/cantante, che da musicista vera e propria. Mi piace esibirmi declamando poesie, con un tappeto di poche note a base di violoncello e chitarra acustica. Un’atmosfera intimista, vicina all’indie contemporaneo. Quest’estate, tornata a casa dalla mia famiglia, ho scritto circa dieci canzoni, tutte in inglese perché la trovo una lingua funzionale a quel che voglio esprimere».
Non le chiedo dunque quale ruolo le piacerebbe interpretare al cinema o in tv, sarebbe troppo facile: la rockstar! 
«Eh, magari. Vorrei proprio interpretare il ruolo di una rockstar».
Diretta da chi?
«Potendo sognare, da Bertolucci».
Altri sogni nel cassetto?
«Un film francesce. Alla Godard. Qualcosa tipo Fino all’ultimo respiro».
Mi scusi, l’ho distratta. Stavamo parlando di musica.
«Ci sono cose che scegli, altre che ti scelgono. Ho scelto di fare l’attrice, ma a 9 anni mi è stata regalata la mia prima chitarra. I due aspetti dovevano necessariamente conciliarsi».
Proviamo a conciliare musica e mezzo televisivo: ha guardato X Factor?

«Non voglio fare la snob, penso che i talent-show, a patto che ti consentano di esprimere la tua reale attitudine, possano rappresentare un’occasione formativa. Ti dirò di più, mi è capitato di partecipare a un provino per Star Academy».
Il difetto dei talent?
«Il rischio è che, accettando compromessi al ribasso, il cantante venga omologato a una tendenza, snaturandosi».
Oggi ritenterebbe la strada di un talent?
«Oggi come oggi, no. Perché ho altre idee in mente».
Tra le tante idee, constato che è aggiornata sulle nuove tecnologie: ha partecipato a ben due web fiction, Kubrick e Il colloquio. Quello è il futuro della fiction, così come i-Tunes e il web in generale lo sono stati per la musica?
«Le web fiction consentono di portare avanti progetti con budget bassi, coltivando idee bocciate dalla tv. Fermo restando che, tra non molto, web e tv saranno sovrapposti. Kubrick ha avuto successo grazie a quanti hanno creduto nell’idea e grazie al supporto di Magnolia. Non solo. Il cast era sì formato da giovani esordienti, ma tutti con grandi studi e diplomi alle spalle. La qualità dovrebbe essere alla base di ogni progetto. In tv, non sempre è così. Non sempre c’è meritocrazia nelle scelte. E allora, ben vengano strade alternative, purché adeguatamente supportate. Un po’ come è avvenuto con la scena musicale indipendente, affrancata dalle major e diffusa grazie alla rete».
Qual è il sogno di ogni attore?
«Facile. Recitare in un film per il cinema».
Lei l’ha fatto, anche di recente, con Tutto Tutto Niente Niente, a fianco di Antonio Albanese.
«Interpreto il ruolo di Maria Assunta Maddalena, sorella pugliese di Albanese/Frengo. Il classico stereotipo di donna cattolica portato all’eccesso, al paradosso, con tutti i tratti comici del caso. Un ruolo comico come pochi. Sono contentissima di averlo interpretato, non sono occasioni che capitano tutti i giorni.
Come si è trovata sul set con Albanese?
«Sul set, Albanese è generosissimo, oltre che super professionale. Sia lui, sia la bravissima Lunetta, sono geniali. Ottima armonia anche con Giulio Manfredonia, il regista. Lui è uno di quelli che ti torturano al provino, ma poi ti lasciano spazio interpretativo».

A breve, la vedremo anche a teatro.
«Dal 22 al 28 gennaio all’Elfo di Milano. Un monologo tratto da La signorina Else di Schnizler, realizzato con la compagnia pugliese La bottega degli apocrifi. La macchina scenica allestita è bellissima, particolareggiata, perfetta per l’essenza onirica, introspettiva dell’opera. Ci tengo molto, imbastire questo spettacolo e portarlo a Milano non è stato affatto semplice, è importante il responso del pubblico».
Nel panorama teatrale nazionale si sta smuovendo qualcosa?
«Mi auguro che la crisi abbia un effetto Darwiniano, aiutando a liberare le energie vincenti, garantendo un risveglio di idee nuove. Ultimamente stiamo assistendo a una resistenza creativa positiva che fa ben sperare».

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Viviana Strambelli)