Pubblicato il 21/12/2012, 10:31 | Scritto da La Redazione

ASSALTO ALLA TV, STOP DEL GARANTE: «SERVE EQUITÀ»

ASSALTO ALLA TV, STOP DEL GARANTE: «SERVE EQUITÀ»
La Rai lo ha ricordato martedì ai suoi direttori e ai suoi giornalisti. Ora l’ AgCom lo ricorda ai media di proprietà privata sui quali ha competenza. Prima che la “par condicio” in senso stretto entri in vigore a ridosso del voto, già oggi i telegiornali e i talk-show sono tenuti alla «imparzialità e all’equilibrio […]


La Rai lo ha ricordato martedì ai suoi direttori e ai suoi giornalisti. Ora l’ AgCom lo ricorda ai media di proprietà privata sui quali ha competenza. Prima che la “par condicio” in senso stretto entri in vigore a ridosso del voto, già oggi i telegiornali e i talk-show sono tenuti alla «imparzialità e all’equilibrio nella presenza dei soggetti politici».

Rassegna Stampa: La Repubblica, pagina 9, di Aldo Fontanarosa.

Assalto alla tv, stop del Garante: “Serve equità”

Corsa contro il tempo per l’asta frequenze. Il governo: “Farla prima del voto”.
ROMA – Il vertice della Rai lo ha ricordato martedì ai suoi direttori e ai suoi giornalisti. Ora il Garante per le Comunicazioni (AgCom) lo ricorda ai media di proprietà privata sui quali ha competenza. Prima che la “par condicio” in senso stretto entri in vigore a ridosso del voto, già oggi i telegiornali e i talk-show (Mediaset inclusa) sono tenuti alla «imparzialità e all’equilibrio nella presenza dei soggetti politici». Così stabilisce una delibera del Garante che ha ormai 6 anni, è la numero 22 del 2006. L’AgCom risponde così ad Enrico Letta, vice segretario del Pd, che dalle pagine di Repubblica.it ha attaccato il Cavaliere pigliatutto, onnipresente nel piccolo schermo. Il Garante stesso interviene su un altro tema a metà tra politica e industria tv. Con voto unanime dei suoi componenti, l’AgCom approva le regole generali per l’asta delle frequenze televisive. Si tratta delle sei reti nazionali (o multiplex) che invece il governo Berlusconi avrebbe voluto regalare agli editori tv, inclusi Rai e Mediaset. Le regole, stavolta, impongono l’asta ed escludono sia Rai sia Mediaset dalla corsa alle tre reti pregiate con un diritto d’uso ventennale. Ad una di queste tre reti potrà puntare ad esempio Sky (ma con l’ obbligo di trasmettere in chiaro e gratis per 36 mesi). Rai e Mediaset, invece, potranno concorrere per le sole tre reti che hanno un diritto d’uso di 5 anni. Trascorsi 5 anni, queste tre reti andranno liberate e trasferite alle società di tic, come stabiliscono le leggi europee e quella italiana. L’asta, dunque, accelera il passo. Ma non è affatto scontato che questa battaglia per le frequenze si consumi davvero ora che il governo Monti cade. Il ministero per lo Sviluppo economico avrà la forza per completare questo percorso? Giurano al ministero che «c’è la ferma volontà di celebrare l’ asta» malgrado la vicina fine della legislatura e malgrado la rabbia – viene da dire – di Silvio Berlusconi. Ma le 9 settimane e mezzo che ci separano dal voto possono spogliare l’asta della sua forza. L’iter burocratico non si è certo esaurito ieri. Ora il Garante italiano spedirà il provvedimento alla Commissione Ue, insieme agli auguri di Buone Feste. La Direzione Generale Competizione, che deve dare il via libera alle misure italiane se favorevoli alla concorrenza, si gode già il freddo Natale brussellese e riaprirà le porte il 7 gennaio, a voler essere ottimisti. Il nostro ministero dello Sviluppo economico «solleciterà a Bruxelles una risposta fulminea», ma questa richiederà almeno 5 o sei settimane. Saremo già arrivati, dunque, a inizio febbraio. A quel punto guadagnerà la scena proprio lo Sviluppo economico, che scrive le regole operative dell’asta. E cioè il bando e il disciplinare di gara, che “bruciano” altre due settimane per la stesura. Quando bando e disciplinare saranno in Gazzetta Ufficiale con l’invito a presentare un’offerta economica, vedremo le urne ormai aperte. Sono tre gli scenari possibili. Nel primo, l’asta viene celebrata regalando a Berlusconi un’inedita sconfitta imprenditoriale. Nel secondo caso, il ministero dello Sviluppo economico fa in tempo a completare l’iter amministrativo, ma non a indire l’ asta. Che verrebbe rimessa al nuovo governo. Nel terzo scenario, un qualsiasi intoppo a Bruxelles, a Roma-porta al naufragio dell’asta. Quando Berlusconi ha accelerato sul pedale della crisi politica, aveva forse trai suoi obiettivi anche questo. Colpire l’asta, a lui ostile, ormai in vista del traguardo.