Pubblicato il 18/12/2012, 14:29 | Scritto da La Redazione

ENRICO LANDO: «”I 2 SOLITI IDIOTI” AVRÀ UN TAGLIO CINEMATOGRAFICO. ALLA BASE DEL PROGETTO? IL MIO VIAGGIO IN INGHILTERRA»

ENRICO LANDO: «”I 2 SOLITI IDIOTI” AVRÀ UN TAGLIO CINEMATOGRAFICO. ALLA BASE DEL PROGETTO? IL MIO VIAGGIO IN INGHILTERRA»
  TVZOOM ha intervistato il regista delle stagioni tv della serie con Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli, che torneranno al cinema da giovedì 20 dicembre per il seguito del successo cinematografico dello scorso Natale. Per il produttore Valsecchi, I soliti Idioti erano insoliti e ignoti. «Narra la leggenda che sia stato suo figlio a segnalarci […]

 

TVZOOM ha intervistato il regista delle stagioni tv della serie con Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli, che torneranno al cinema da giovedì 20 dicembre per il seguito del successo cinematografico dello scorso Natale.

Per il produttore Valsecchi, I soliti Idioti erano insoliti e ignoti. «Narra la leggenda che sia stato suo figlio a segnalarci a lui», ha ammesso Fabrizio Biggio, «Sulle prime, lui ha risposto, “E chi c…o sono questi Soliti Idioti?”».
A distanza di anni, tutti sanno chi sono. Al punto che alle quattro stagioni televisive su MTV è seguito un film di successo, e al film di successo ne seguirà un altro, nelle sale a partire da giovedì 20 dicembre. «Ci affrancheremo dal prodotto televisivo per proporre qualcosa di davvero cinematografico», ha puntualizzato Enrico Lando, storico regista della serie fin dai suoi albori, esempio di creatività eclettica applicata a nuove idee.

Per taglio cinematografico intende una soluzione narrativa omogenea, lontana da un collage di sketch?
«Meno fusione di sketch e maggiore uniformità narrativa. Abbiamo scelto di privilegiare l’aspetto narrativo, supportando la sceneggiatura con una soluzione di continuità che renderà questo film molto più cinematografico rispetto al precedente».
I protagonisti, manco a dirlo, saranno l’ineffabile Ruggero De Ceglie/Mandelli e il figlio Gianluca/Biggio…
«Sono i personaggi più popolari, è inevitabile che la scelta ricadesse su di loro. La storia ricomincerà laddove si era interrotta nella prima pellicola. Ruggero e Gianluca tentano di recuperare una macchina in un hangar, sottraendola a una gang di malavitosi russi che si mettono a sparare. In questo episodio, i russi proveranno a tutti i costi a riprendersi l’auto. Inoltre, Ruggero avrà la Guardia di Finanza alle calcagna per il pagamento delle tasse. Dulcis in fundo, Gianluca vorrà nuovamente sposarsi. Ma non ti dico se ci riuscirà…».
Un taglio grottesco e surreale applicato a problemi sociologici e d’attualità contemporanei: il paragone con I Mostri di Risi, che ciclicamente salta fuori in ogni intervista, diventa automatico. Lei, da regista, ha un’opinone in merito?
«Non vogliamo paragonarci a nessuno, tanto meno a Risi. L’idea per I Soliti Idioti è nata nel periodo in cui vivevo in Inghilterra. Lavorando al progetto, a poco a poco, si siamo accorti di un potenziale accostamento al film di Risi. Un onore. Tuttavia non era nostro intento averlo come riferimento iniziale».
Il suo periodo inglese è alla base de I Soliti Idioti?
«Ho vissuto in Inghilterra per otto anni. Mi sono appassionato al loro modo di concepire la comicità televisiva, le sit com. Da Monty Python in poi. In Inghilterra, sono avanti anni luce rispetto all’Italia. Da lì ho attinto le idee per I Soliti Idioti, ci abbiamo lavorato sopra, vincendo le resistenze iniziali. La serie, all’inizio, è partita in sordina. Ha avuto un periodo di rodaggio. Soltanto con la terza stagione, anche grazie a YouTube, è arrivata la consacrazione di pubblico».
Come si trova a dirigere Biggio e Mandelli sul set?
«Sono dei grandi autori e improvvisatori. A volte, capita che scrivano una sceneggiatura e me la propongano. Dopodiché, io mi creo una personale idea di come debba essere lo sketch da girare, e preparo una scenografia adeguata. Loro arrivano sul set e mi chiedono di stravolgerne alcuni aspetti. Questo accade anche con i dialoghi».
Il suo ruolo dunque è anche quello di frenarli?
«In un certo senso, sì. La capacità di improvvisare è una dote fondamentale, ma io devo saper contenere la scena girata entro certi limiti, che non devono essere valicati. L’omogeneità narrativa è essenziale».
È prevista una quinta serie televisiva o, perché no, un altro film?
«Per il momento, un altro film non è in programma. Quanto a una nuova stagione televisiva, al momento non ci sono conferme ufficiali. Si vedrà».
La sua storia personale di regista è molto interessante: otto anni di gavetta in Inghilterra per poi tornare con successo in Italia. Il suo percorso rappresenta la parabola di un giovane d’oggi, che deve fuggire all’estero per potersi affermare?
«Il mio percorso ha una genesi travagliata. Mi sono laureato in Economia con grande fatica, più per assecondare il volere dei miei genitori che per una sincera vocazione. Nella mia mente, ho sempre desiderato fare ciò che faccio ora. Dopo la laurea, ho deciso di andare in un luogo che mi permettesse di fare un’opportuna quanto innovativa gavetta. Avendo sempre amato la tv inglese e americana in generale, gli otto anni trascorsi a Londra sono stati formativi».
Rimanendo in Italia non ce l’avrebbe fatta ugualmente?
«Questo non saprei dirlo. Vero è che l’Italia è piuttosto indietro quanto a innovazione televisiva. Spesso si dice che manchi la volontà di rischiare. Sono d’accordo. Per fortuna, l’avvento del web consente grandi possibilità di sperimentazione».
Il Web come fucina di nuove idee?
«Il Web come esempio di società crossmediale. Al giorno d’oggi esiste la rete, esiste la tv, il cinema, i videogames, la musica in tutte le sue forme. Una contaminazione di generi diventa inevitabile e può favorire la creatività. In Italia dobbiamo imparare a sfruttare appieno questi aspetti. Certo, la lingua inglese si presta maggiormente ad assecondare alcuni progetti web, per via del suo carattere internazionale».
Da regista, il 2013 le riserverà progetti personali imminenti?
«Ho voglia di sperimentare novità. Ho diversi progetti in cantiere, sia per la tv, sia per il cinema. Mi piacerebbe confrontarmi con la commedia».

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Enrico Lando)