Pubblicato il 18/12/2012, 10:31 | Scritto da La Redazione

BENIGNI E L’OTTIMA LEZIONE SULLA COSTITUZIONE, MA NON CONVINCE CON LA SATIRA SU BERLUSCONI

Nello show di Rai1 “La più bella del mondo” il comico ha offerto al pubblico una lezione di educazione civica con leggerezza e poesia. Ma il monologo iniziale sull’ex premier non ha mordente.

Una lezione di educazione civica, con stile, poesia, senza retorica. Roberto Benigni nel suo show di Rai1, La più bella del mondo regala vita alla dimenticata Costituzione Italiana, la colora con le canzoni di John Lennon e le sue battute, si infila nell’articolo 3 che prescrive l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, e ne esce con un: «Ma questo l’hanno scritto a Woodstock, è Imagine di John Lennon trent’anni prima. Me li immagino a Montecitorio, come fricchettoni, che si passano il cannone».

Il premio Oscar onora il suo titolo parlando per oltre un’ora, senza neanche un’interruzione pubblicitaria, un pezzo di tv da ricordare. Come da dimenticare sono invece quei trenta minuti iniziali, dedicati al ritorno di Silvio Berlusconi. Un affondo senza mordente che arriva subito. «L’Italia sta passando un brutto periodo, volevo parlarvi solo di cose belle, ma vi devo parlare anche di cose meno piacevoli: in questo mese di dicembre ci sono state brutte notizie, tragiche. Una è che tra quattro giorni è prevista la fine del mondo, ma non è la più brutta. Sulla fine del mondo uno ci passa sopra, ma l’altra notizia ci ha veramente spappolato. Ci sono tanti italiani che desiderano andare in pensione e non ci possono andare, ce n’è uno che ci potrebbe andare quando vuole e non c’è verso di mandarcelo. Ma dico, s’è ripresentato… Signore pietà, per la sesta volta ha detto che la settima si riposa. Sembra quei sequel dei film dell’orrore, tipo Lo squalo 6, la Mummia, Gozzilla contro Bersani». La satira non convince neanche il pubblico che applaude poco.

Il Benigni “politico” si mangia il Benigni comico, mettendo sullo stesso piano le leggi dello Stato e quelle di Dio. «Mentre la legge vieta, ti trattiene, fa paura, la Costituzione spinge, ti protegge, ti vuole bene, è la nostra mamma, è tutto a favore. I dieci comandamenti sono tutti un no, la Costituzione è tutto un sì, è la legge del desiderio». Mentre parla, di fronte a tutti i vertici Rai nello studio 5 di Cinecittà, Benigni inchioda al piccolo schermo il pubblico che ha perso ormai l’abitudine, anche la minima, a sentir parlare di temi sociali, senza che nessuno chieda indietro il suo voto. Il lavoro «ovvero la concreta felicità sulla terra», la pena di morte «perché io non voglio ammazzare nessuno» , la guerra che viene ripudiata «ripudia è un verbo definitivo, è una scultura, è una parola biblica» , articolo dopo articolo la Costituzione prende forma e verbo nelle parole di chi l’ha scritta, «c’era anche un ragazzo di 29 anni che si chiamava Aldo Moro». Gli si perdona lo scambio tra Ugo e Giorgio La Malfa tra l’elenco dei padri fondatori, perché Benigni parla della legge come della Divina Commedia.

«Con la disoccupazione le persone producono infelicità e perdiamo tutti. Nella busta paga quel che c’è dentro non è avere è essere». Trova il modo per scherzare quando tra gli articoli spunta quello sulle Regioni.«L’Italia è una e indivisibile. L’hanno fatto a scrivere a Umberto Terracini, scrivi Umberto: l’Italia è una e indivisibile, proprio Umberto si chiamava. Noi vi diamo tutto il potere che volete perché conoscete le esigenze dei cittadini, ci sarà meno corruzione. Prendere i soldi, spenderli per comprare un cocktail, un libro, non lo farà nessuno, sarebbe una cosa vergognosa. Si sono fidati e hanno messo questa divisione delle Regioni».

E l’ironia continua anche nell’articolo 6 in cui la Repubblica «tutela con apposite norme le minoranze linguistiche». «È un articolo solo per Di Pietro». Ma è sull’articolo 7 che nel teatro qualcuno comincia a soffrire. «Lo stato e la chiesa cattolica sono indipendenti e sovrani». C’è la Chiesa, argomento sempre delicato su Rai1. Ma Benigni parte dai patti lateranensi «con cui lo stato ha espropriato i terreni della Chiesa, senza dargli i soldi. Non vorrei aver fatto una gaffe tante volte se ne fossero dimenticati, con tutti questi problemi dell’Imu». Il tempo del sorriso è finito, si torna all’educazione civica, quella che serve per spiegare che «esser laico non significa essere ateo, Gesù il primo laico, disse: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Dove queste cose non sono divise, ci sono solo guerre. Dante era cristianissimo, ma era un intellettuale laico, tant’è vero che andò a Roma per dire al Papa di non mischiare la politica a Firenze».

Si può parlare di religione e chiedere alla Chiesa di rispettare la divisione dei poteri anche in prima serata su Raiuno. Con leggerezza, sorrisi e delicatezza. Come Benigni ha fatto in maniera eccellente, se soltanto avesse lasciato stare Berlusconi. «L’avete visto a Canale 5? Era una vecchia intervista del 94, durava un’ora e mezza, diceva che doveva salvare l’Italia, abbassava le tasse, parlava del complotto della magistratura, vi levo l’Ici, però nel ’94 aveva avuto successo. Prima di lui c’era una famosa pornostar e lo zio del delitto di Avetrana, sta cercando di mettere insieme ‘sta cercando di mettere insieme i moderati. Quando uno si presenta in politica ha paura perché ha scheletri nell’armadio, nel suo Michael Jackson ci ha girato thriller. Silvio ha fatto tutto, orge, avvocati, minorenni che gli può succedere? Si diverte come un matto. Ha detto che lui si tira indietro se Monti si presenta: Mario ti abbiamo dato tutto, presentati, anche per finta, giusto per non farlo presentare, poi quando chiudono le liste smentisci, come fa lui».

 

Tiziana Leone

 

(Nella foto Roberto Benigni)