Pubblicato il 15/12/2012, 15:23 | Scritto da La Redazione

SANREMO: FAZIO, UNA BELLA SFIDA VERA

”XFactor” è lo show del terzo millennio, il Festival è il più grande evento del secolo scorso. Partendo da questo assunto, il nostro editorialista Mario Maffucci analizza la kermesse del 2013 alla luce del cast e delle anticipazioni date fin qui dal conduttore, chiedendo un cambio radicale di linguaggio.

Fabio Fazio (FF) ha fatto la sua prima mossa importante per capire come si disporrà sulla scacchiera del Festival di Sanremo 2013 (F): Sanremo rottama i vecchi big, un F per chi all’Ariston non c’è mai stato, spazio ai vincitori dei “talent”. Insomma si cambia. In quale quadro? Se usciamo dal Teatro e cerchiamo di annusare l’aria che tira, la scelta di FF sembra avere una forte motivazione. Il sentimento centrale – dice il 46° Rapporto sulla situazione sociale del Paese del CENSIS – è il «problema della sopravvivenza». Se questo è il clima, di fronte a questa tendenza FF non si è arroccato sullo sperimentato, ma ha innovato, incidendo il suo marchio di fabbrica sull’Evento, lanciando la sfida qualità/ascolto («Mi basta non battere me stesso» – ha detto con ironia – cioè il 56% nel 1999 e 55% nel 2000) e mettendo le mani avanti con l’Azienda («Se la Rai ha interpellato me, sapeva che mi sarei mosso con il mio team di autori»). Detta così la dichiarazione sembra indicare un FF prigioniero di un gruppo d’élite piuttosto che il leader di un gruppo consapevole di lavorare nel solco di una tradizione, che ha accumulato un patrimonio di pubblico molto più vasto di quello che il nostro testimone marca abitualmente sul mercato televisivo.

Per cercare di essere utile, tento di individuare quegli invisibili elementi che danno colore e profondità alla proposta televisiva, muovendo il consenso del pubblico. Non è un’analisi facile, ma preferisco affrontare la prova, allontanandomi dalla pista delle opinioni sulle qualità musicali degli interpreti, se tutte le tendenze della canzone italiana sono state rappresentate, se alcune sono state privilegiate; tema sul quale ritengo di non avere una particolare competenza. Il brand del Festival è più forte di quello del nostro conduttore? Secondo me sì, ma è certo che l‘artista ha però la libertà di fare la scelta ambiziosa di proiettare sull’Ariston la personalità del suo profilo e del suo gusto. È una scelta legittima, diversa da quella di mettersi al servizio di un consenso trasversale. In questo caso è richiesto però che la scelta sia consapevole e coerente nella costruzione delle prossime scansioni della rassegna e al momento dei bilanci non ci siano rimpianti per i risultati. Per ora si è capito che il valore della qualità complessiva del cast andrà a compensare la richiesta di popolarità (Luciana Littizzetto e forse Roberto Saviano, pur essendo personaggi centrali sembrano più dividere che aggregare, soprattutto a ridosso di una competizione elettorale). Del resto il successo di un F è determinato da molti altri elementi: non solo dalla qualità delle canzoni, ma anche dalla simpatia, dalla bravura e dal “sentimento” che sapranno esprimere i conduttori, dallo spettacolo che punteggerà l’evento, dalle “performances” rivelazioni che potrebbero scaturire dai molti protagonisti, dalle curiosità che l’evento susciterà nel pubblico (rivalità, il look dei partecipanti, il gossip) e infine dalle caratteristiche del contesto esterno alla rassegna (il clima che si vive nel Paese, la concorrenza tv e lo stato di credibilità di Rai1).

La riuscita se non il successo è un mix misterioso, un’indicazione che scaturisce dal profondo della società e che interpreta a modo suo una realtà in trasformazione, com’è indubbiamente la nostra. La struttura portante che regge la televisione è – secondo me – la novità. Un appuntamento tradizionale che non tenga conto di come tutto intorno non è come lo scorso anno, è destinato a non convincere. Sotto questo profilo il cast sembra far fronte nel complesso a questa sensibilità. Punto delicato questo, perché si può essere nella direzione giusta, ma troppo in avanti rispetto alle aspettative del pubblico. FF è troppo in avanti? Non lo so. So però che il F di Sanremo non può non fare i conti con il linguaggio e la cultura, non tanto di trasmissioni come Amici (ma anche di Amici), non può non fare i conti con XFactor (XF). Il F appartiene alla vita di molti di noi. XF è un’astronave che proviene da un altro mondo, quello satellitare, appena esplorato. XF è per ora il più bel “talent” del terzo secolo. Il F è il più Grande Evento musicale e televisivo del secolo scorso. Perciò l’Evento quest’anno in particolare ha un problema di linguaggio (perché avrà anche un pubblico giovane portato da alcuni concorrenti e dai cantanti provenienti dai talent). Il linguaggio è quel tirante invisibile che può fare la fortuna di una proposta televisiva. Il marchio di fabbrica di XF infatti non è stato il diligente Alessandro Cattalan, ma i Cinque Giudici, demiurghi dei concorrenti, quindi difficilmente obbiettivi, anzi passionali e di parte. Terribilmente umani però e quindi coinvolgenti nei loro giudizi, nei loro atteggiamenti radicali a volte irritanti, nella tenerezza e nella forza con la quale hanno sostenuto i cantanti. Cinque personalità controverse, suscettibili e permalosi, aggressivi e ambiziosi. Umanamente pessimi, ma artisticamente unici. Il pubblico è stato tirato nella spirale delle emozioni ed è stato sulle spine, partecipando così sia alla truffa che alla favola.

Il F ha invece come macchina di selezione una “giuria di qualità” di cui non si conoscono i volti, le personalità, i punti forti e deboli: magari una macchina perfetta, ma senza un cuore. Il pubblico subisce i giudizi: approva o disapprova; reagisce soltanto con quel mezzo poco raccomandabile che è il televoto. I conflitti e le emozioni che i Cinque hanno condiviso con gli spettatori hanno intriso di umanità un palcoscenico stellare illuminato da effetti ad alta tecnologia e dall’estro artistico di Luca Tommasini. Ogni concorrente, almeno nella fase finale, è stato trattato come se si dovesse esibire con una popstar come Madonna. In conclusione, il problema strategico di FF che, come al solito sarà impeccabile nella conduzione, sarà però quello di dare un’anima pulsante alle tante storie che il “circo sanremese” porterà con sé: le storie ci saranno, basterà saperle riconoscere. Cinque serate. Per lo meno tre ore al giorno. Quindici ore. Fine.

 

Mario Maffucci

 

(Nella foto Fabio Fazio)