Pubblicato il 14/12/2012, 17:06 | Scritto da La Redazione

GUIDO BAGATTA: «PORTO “XFACTOR” A PATTINARE SUL GHIACCIO»

Il giornalista e conduttore è l’ideatore di “XFactor On Ice”, evento che fa incontrare i protagonisti del talent show di Sky e i grandi campioni del pattinaggio. Appuntamento a Torino il 23 dicembre.

 XFactor non teme scivoloni, neanche sul ghiaccio. Sarà per questo che il talent dei record targato Sky si dà al pattinaggio. Domenica 23 dicembre dalle 17 il Pala Vela di Torino sarà teatro dello spettacolo XFactor On Ice, ideato e prodotto dalla Riptide di Guido Bagatta.
L’idea è natalizia e suggestiva. I finalisti del talent, Chiara Galiazzo, Davide, Daniele, Cixi, Ics e i Frères Chaos accompagneranno con la loro voce le esibizioni di otto campioni di pattinaggio su ghiaccio: Florent Amodio, Sasha Cohen e Sarah Meier, più altri talenti nostrani come Samuel Contesti, Valentina Marchei, Stefania Berton e Ondrej Hotarek.
A condurre la serata i Moderni, che hanno partecipato all’edizione precedente del talent, insieme con Giorgia Palmas.
«Potrebbe essere l’inizio di un progetto molto interessante», ha commentato Bagatta, giornalista, conduttore radiofonico e televisivo avvezzo alle incursioni catodiche sperimentali.

Da dove nasce l’idea di XFactor On Ice?
«Nasce da un presupposto piuttosto intuitivo: il pattinaggio artistico non potrebbe esistere senza la musica. XFactor è il talent musicale di maggior successo. L’unione dei due aspetti contribuisce a coniugarli in un unico show, creando un evento nuovo, accattivante, capace di richiamare il grande pubblico».
Come funzionerà l’abbinamento tra il pattinatore e il cantante?
«Ciascun finalista del talent sarà abbinato a un pattinatore, proponendo due ambientazioni musicali differenti. La prima sarà un inedito, la seconda una cover di un pezzo classico. Canteranno dal vivo, su una base registrata. La scenografia sarà natalizia, ideale per il periodo. Tra i cantanti, Chiara avrà lo spazio maggiore, essendo stata la vincitrice».
Ha avuto modo di seguire il talent?
«Non sono un grande fan dei talent, ma per XFactor ho fatto un’eccezione. È un prodotto intelligente e moderno. Riesce a coniugare le caratteristiche da grande show televisivo, rimanendo focalizzato esclusivamente sulla musica. Niente gossip, niente facili concessioni al sensazionalismo. Una giuria tecnica e competente con Elio e Morgan, con l’occhio attento di Simona Ventura per quanto riguarda l’appeal mediatico e artistico dei concorrenti. Chi esce da lì è un cantante vero, un personaggio che può distinguersi per ciò che sa fare e non per indiscrezioni montate ad arte sulla sua vita privata. Per qualità, l’unico talent che può reggere il confronto è Amici».
Il successo di certi format e l’ampliamento della scelta dei canali sono la riprova che la tv sta virando verso un modello americano?
«La situazione americana è diversa, molto più spezzettata. Qui abbiamo un solo provider su satellite che confeziona i programmi principali. Negli USA esistono solo 4 tv in chiaro, il resto è appannaggio delle pay. Inoltre, le pay tv in America hanno ascolti da generalista. Da noi  non sarebbe minimamente pensabile. Basti pensare all’americana ESPN, che vanta circa 78 milioni di abbonati e incide in modo minimo sui costi complessivi di una famiglia.
L’avvento del DTT in Italia ha iniziato a modificare la geografia dei canali, ma siamo indietro di circa dieci anni rispetto alle realtà americane. Anche perché le idee vincenti sono poche».

Le generaliste sono vittima di crisi di idee, secondo lei?
«Rai e Mediaset spesso si attorcigliano sugli stessi personaggi nel preserale e nel prime time. Manca il coraggio di sperimentare idee nuove, dal taglio più internazionale, con volti diversi. In Italia, con il predominio degli agenti di spettacolo, i nomi selezionati sono sempre gli stessi. Spesso mi è capitato di scontrarmi con realtà che da questo punto di vista ci sentono poco».
Ora come ora, ha qualche idea che le piacerebbe portare avanti?
«Discorso sulle generaliste a parte, sono un amante dell’universo Discovery in tutte le sue declinazioni. Mi piacerebbe, perché no, condurre una versione italiana di Lavori Sporchi, magari su Dmax».
Lei ha anche una considerevole esperienza radiofonica. Mai pensato di tornare a fare radio?
«Sul piano economico, la tv rende di più della radio. Ma sul piano della libertà creativa, dell’espressione personale, la radio è imbattibile. Se tornassi in radio, vorrei farlo scardinando lo stereotipo sul mio personaggio, su quanto ho fatto fino a oggi. Mi piacerebbe condurre un programma nuovo, sullo stile de La Zanzara di Radio 24, in cui porre al centro spaccati di vita e attualità, alternati a momenti musicali».
La radio “parlata”, del resto, risulta sempre la più accattivante.

«Anche la radio sta vivendo un paradosso. Nelle scelte degli editori, c’è un’evidente crisi della radio parlata, a vantaggio di quella di flusso. Però, dati alla mano, i programmi che hanno più ascoltatori, sono proprio quelli parlati: La Zanzara, Lo zoo di 105 etc.».
Forse perché sono programmi capaci di viecolare idee…
«Infatti sono programmi bersagliati da querele. In Italia, esprimere pareri netti è rischioso, perché si va a colmare un vuoto. È molto più conveniente alimentare quel vuoto, dando spazio a chi ha poco da dire. Ma se hai poco da dire, è meglio se stai lontano dalla radio, perché neanche i momenti musicali possono salvare la tua performance».
Lei ha all’attivo la pubblicazione di alcuni libri. Scriverà ancora?
«La scrittura corrisponde a un’urgenza personale, a qualcosa che senti dentro. In questi ultimi due anni, non ho avvertito quella sensazione. Sarà stato il famigerato “blocco dello scrittore”. Ultimamente, però, ho iniziato ad abbozzare le idee per una storia, ambientata in un supermercato popolato da single. Vedremo che cosa salterà fuori».

 

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Guido Bagatta)