Pubblicato il 14/12/2012, 11:35 | Scritto da La Redazione

LUIGI GUBITOSI: «ECCO I MIEI TAGLI SALVA-RAI»

LUIGI GUBITOSI: «ECCO I MIEI TAGLI SALVA-RAI»
A sei mesi dalla telefonata del premier Mario Monti, il direttore generale di Viale Mazzini racconta al “Mondo” la sua strategia per salvare i conti della tv di Stato. Rassegna stampa: Il Mondo, pagina 26, di Andrea Ducci. Gubitosi: I miei tagli salva-Rai Grandi riorganizzazioni: parla il dg di Viale Mazzini. Ricavi in calo e […]

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A sei mesi dalla telefonata del premier Mario Monti, il direttore generale di Viale Mazzini racconta al “Mondo” la sua strategia per salvare i conti della tv di Stato.

Rassegna stampa: Il Mondo, pagina 26, di Andrea Ducci.

Gubitosi: I miei tagli salva-Rai

Grandi riorganizzazioni: parla il dg di Viale Mazzini. Ricavi in calo e debiti in aumento. Con sacche di inefficienza nei centri di produzione. A sei mesi dall’incarico, sono pronte le contromisure.

Sei mesi vissuti pericolosamente. Tutto ha inizio lo scorso 7 giugno quando una persona amica gli anticipa la chiamata del premier Mario Monti, in sintesi le parole del Presidente del Consiglio sono le seguenti: «si tratta dell’opportunità di fare qualcosa per il suo Paese, intende rendersi disponibile?». Dall’altra parte del telefono Luigi Gubitosi ascolta e, poi, in pochi minuti accetta. Tanto che il giorno seguente Monti lo indica nuovo direttore generale della Rai. Per lo sbarco definitivo a Viale Mazzini è necessario tuttavia oltre un mese di attesa durante il quale si susseguono le immancabili polemiche politiche, a partire da quella sullo stipendio da 650 mila euro annui. A luglio il cda Rai nomina Gubitosi al vertice della tv di Stato e da li inizia il cimento del cinquantunenne ex manager di Wind e Fiat. L’obiettivo è fare meglio dei suoi predecessori: tradotto significa raddrizzare i conti di un’azienda che archivierà l’anno in corso con 200 milioni di euro di perdite e un indebitamento schizzato a quota 450 milioni (nel 2011 erano 272 milioni). Una polveriera, anche alla luce delle innumerevoli fibrillazioni a cui sarà sottoposta l’azienda durante l’interminabile campagna elettorale per le politiche del febbraio prossimo. Nel frattempo Gubitosi ha aperto i cassetti stabilendo le priorità per tentare un turnaround che nel 2013 punta a contenere le perdite ben al di sotto dei 100 milioni e l’anno successivo a chiudere in pareggio. «Da una parte la Rai si configura come azienda leggera, che assembla contenuti, dall’altra come gruppo pesante che copre tutta la filiera e che, tuttavia, si appoggiava sempre di più a produzioni esterne». Motivo che ha spinto Gubitosi a ripensare il modello. «Per dare l’idea è un’azienda divisa con sistemi stratificati per cui, per esempio, i telegiornali non collaborano tra loro. Stesso discorso vale per gli studi di produzione di Roma in overbooking e quelli di Torino, Milano e Napoli disponibili. Un problema a cui finora si è dato risposta affittando altri studi esterni piuttosto che fare ruotare correttamente le produzioni nelle nostre sedi».

Va da sé che l’importante è eliminare i costi non necessari. Una sorta di spending review in salsa Rai, del resto, è in corso da settimane, e ha messo sotto esame oltre 60 voci di spesa nel tentativo di adottare le best practice. Le prime sforbiciate sono già arrivate con il taglio dei cachet alle star e lo stop alle generose consulenze accordate agli ex dirigenti e ai giornalisti Rai in pensione. «Misure che valgono da sole qualche milione di euro». Il budget 2013 e quello del biennio successivo daranno, invece, una risposta sul destino delle risorse interne a Viale Mazzini. Alla ripetuta e insistente domanda se i dipendenti Rai non siano troppi Gubitosi ha finora sempre argomentato che la priorità è ragionare sull’organizzazione del lavoro e sul modello produttivo, malgrado il costo del lavoro assorba oltre 1 miliardo di euro a fronte di circa 2,7 miliardi di ricavi. Il fatturato del 2012 è sceso soprattutto a causa della pubblicità, precipitata da 964 a circa 730 milioni. In pratica, una flessione di oltre il 20%, che sommata alla frenata degli anni precedenti porta a mezzo miliardo il totale dei ricavi pubblicitari scomparsi dal bilancio tra il 2008 e oggi. «Non banale». Al punto che Gubitosi ha segnato la discontinuità con la gestione precedente targata Lorenza Lei, a cui viene imputata l’elaborazione di un budget per l’anno in corso totalmente velleitario. «Dopo una fiction, si cercherà di realizzare un documentario serio e veritiero», osserva chi conosce il piano di Gubitosi. La ricetta passa per il nuovo corso al vertice della controllata Sipra (concessionaria pubblicitaria della Rai) dove l’arrivo di Francesco Piscopo (ex Sky) affiancato dai consulenti di Mckinsey sta rivoltando la società. «Qualcosa si era inceppato. Bisogna ripartire dalla copertura dei clienti e da una maggiore aggressione commerciale. Basti dire che in quattro anni da amministratore delegato di Wind non sono mai stato visitato da qualcuno della Rai o di Sipra per chiedermi di investire in pubblicità».

Nelle stime per il 2013 il risultato di questo lavoro dovrebbe tradursi in una sostanziale tenuta dei ricavi a fronte di un mercato destinato a registrare un ulteriore calo degli investimenti pubblicitari. L’altra voce storicamente dolente è quella del canone, che a fronte di 1,7 miliardi di euro versati dagli abbonati Rai evidenzia un’evasione di circa il 27%. All’appello manca oltre mezzo miliardo di euro. Tutti i predecessori di Gubitosi si sono esercitati, senza alcun risultato, nel tentativo di recuperarne almeno una parte. La vecchia idea di inserire il pagamento dell’abbonamento Rai in bolletta elettrica è rimasta lettera morta ed è destinata a restare tale visto che necessita di una norma ad hoc. In alternativa si è affacciata la possibilità di sondare Sky per verificare se gli abbonati alla piattaforma di Rupert Murdoch versano il canone, dato che sono certamente possessori di un apparecchio tv. Gubitosi non si sbilancia ma sottolinea che nel 2013 lavorerà al problema. All’attuale dg Rai non sfugge che la crescita repentina dell’ indebitamento (nel 2011 la Rai ha chiesto un prestito da 295 milioni a un pool di banche e nel 2012 altri 100 milioni di finanziamento alla Bei) sommata al forte calo dei ricavi può innescare il classico avvitamento. «Non è così se si interviene subito per fermare questa dinamica, intanto è importante considerare che gli immobili sono di nostra proprietà e i finanziamenti potranno essere rinegoziati». Certo è che molto dipenderà dalla politica rimasta finora abbastanza tranquilla di fronte alle nomine dei direttori di rete (Rai I a Giancarlo Leone, Rai2 ad Angelo Teodoli, Rai3 ad Andrea Vianello) e a quella del direttore del Tg 1 (Mario Orfeo). Le dimissioni di Mario Monti e l’innesco della campagna elettorale cambiano, però, lo scenario e sul vertice Rai composto da Gubitosi e dal presidente Anna Maria Tarantola le pressioni si faranno fortissime. Inutile negarlo. «Aumenterà la tensione nel Paese e noi in quanto specchio del Paese vivremo questa condizione», sintetizza Gubitosi ricorrendo a un’espressione tipica quando si parla della Rai. Specificando pure che se qualcuno pensa di condizionarne l’operato «ci sarà un direttore generale in più» oltre agli ultimi otto che si sono susseguiti alla guida di Viale Mazzini in un decennio. Facile, insomma, aggiungere che anche i prossimi sei mesi saranno vissuti pericolosamente.