Pubblicato il 23/11/2012, 10:31 | Scritto da La Redazione

UN TAVOLO COMUNE PER IL FUTURO DELLA RAI

UN TAVOLO COMUNE PER IL FUTURO DELLA RAI
Riuscirà l’accoppiata Tarantola-Gubitosi a salvare la Rai dalla cattiva politia? Dopo l’intervento del dg al congresso dell’Usigrai tante le riflessioni sulle sue dichiarazioni. Secondo l’Unità, tra il Cda di prima e l’attuale c’è la stessa differenza che c’è fra la notte e il giorno, ma bisognerebbe cambiere la Gasparri. Rassegna Stampa: L’Unità, pagina 18, di Carlo […]

Riuscirà l’accoppiata Tarantola-Gubitosi a salvare la Rai dalla cattiva politia? Dopo l’intervento del dg al congresso dell’Usigrai tante le riflessioni sulle sue dichiarazioni. Secondo l’Unità, tra il Cda di prima e l’attuale c’è la stessa differenza che c’è fra la notte e il giorno, ma bisognerebbe cambiere la Gasparri.

Rassegna Stampa: L’Unità, pagina 18, di Carlo Rognoni.
Un tavolo comune per il futuro della Rai

RIUSCIRÀ L’ACCOPPIATA TARANTOLA-GUBITOSI A SALVARE LA RAI DALLA CATTIVA POLITICA? Ora non c’è dubbio che fra il Cda di prima e l’attuale c’è la stessa differenza che c’è fra la notte e il giorno. Intanto perché alla guida ci sono due figure riconoscibili più per la loro storia professionale che per la loro appartenenza partitica. Ma non solo. La decisione del Tesoro di dare loro ampie deleghe, carica di una responsabilità forte la coppia Tarantola-Gubitosi. Per lo meno nella scelta dei dirigenti e dell’organizzazione interna. Se prima si poteva dire che la Rai aveva un’anomalia che la uccideva, un Cda che assomigliava a un amministratore delegato collettivo (un caso unico al mondo), oggi un primo passo verso la normalità è stato fatto.
Certo che non basta. Fin tanto che non si cambierà la Gasparri la Rai difficilmente sarà nella condizione di ripensare se stessa. E tuttavia un merito va subito riconosciuto a Tarantola Gubitosi: hanno aperto un primo spiraglio al cambiamento. Il direttore generale a Salerno davanti ai 250 giornalisti arrivati da tutta Italia per il Congresso del loro sindacato, ha lanciato un seme di speranza, che è stato subito raccolto dalla nuova segreteria Usigrai. Il tempo della rassegnazione è finito? E tornata la voglia di costruire il domani? Di uscire dalle quattro crisi in cui la Rai era precipitata? Parliamo di una crisi di credibilità, di una crisi di identità, a cui va aggiunto un colpevole ritardo tecnologico, nella digitalizzazione delle news, e di una crisi di bilancio (si parla di una perdita di oltre 200 milioni di euro per il 2012). Gubitosi ha promesso che i conti torneranno in pareggio nel 2013. Con tagli oculati e non lineari dice conta di recuperare le risorse che servono. E ha lanciato quello che potrebbe diventare uno slogan di successo per l’informazione: più realtà meno reality! Insomma ce n’era abbastanza nel discorso di Salerno per convincere molti giornalisti a raccogliere la palla del dialogo. La sfida è grande: portare una Rai risanata e rimotivata al 2016 quando scade la Convenzione con lo Stato. Adesso tocca alla nuova segreteria Usigrai prendere coraggio. Dal governo che verrà dovrà pretendere una seria riforma della Gasparri. La chiedono pezzi di società civile, la vuol fare il Pd. La nuova Usigrai adempierà al proprio dovere solo se saprà misurarsi con quella che potremmo definire la rifondazione del servizio pubblico. La Rai si trova oggi in un mercato in cui è cambiato quasi tutto. Si è aggiunto un nuovo medium internet che è già diventato e sempre più diventerà dominante. In alcuni Paesi il servizio pubblico è stato ridotto se non quasi annullato. Ovunque ci si domanda quale attività di servizio pubblico merita di essere finanziata con il canone. Ci si deve chiedere se il servizio pubblico audiovisivo (non più solo radiotelevisivo) debba ricomprendere ancora non solo la produzione di contenuti, ma anche la fornitura della rete infrastrutturale. Difficile perfino pensare a un nuovo piano industriale se prima non si è ridefinita la missione al tempo di internet. E allora azienda e sindacati tutti, compresa l’Adrai dei dirigenti, dovrebbero dar vita a un tavolo comune e parlarsi: prima di tutto del canone (perché non pensare di sostituirlo con una imposta di scopo inserita nella
dichiarazione Irpef, collegata alla capacità contributiva delle persone fisiche e giuridiche?). E poi: va rivisto o no il rapporto fra risorse pubbliche e pubblicità? Perché non prendere in considerazione il modello inglese? Una parte della Rai senza pubblicità come la Bbc, una parte con gli stessi affollamenti della tv pubblica commerciale come Channel 4? Non è forse ora di arrivare alla separazione fra i fornitori di contenuti e gli operatori di rete? Siamo sicuri che la Rai sui territori non debba trovare accordi anche con quei privati disposti a sottomettersi a regole da servizio pubblico e a fare televisione di prossimità? Ha senso che il servizio pubblico abbia 14 reti in digitale terrestre? E non è ora di chiedere un ripensamento della Vigilanza? Se non risponde prima a questi interrogativi, sarà davvero difficile che la Rai decolli verso il futuro. Abbiamo detto che con l’accoppiata Tarantola-Gubitosi si è passati dalla notte al giorno! Ma il giorno è fatto di alba, mattino, pomeriggio, tramonto. Che tipo di giorno sarà quello della Rai dei prossimi mesi? Intanto tutti guardano alla prossima scelta: chi andrà a dirigere il Tg1? Ecco un primo appuntamento per capire il grado di autonomia e di indipendenza reale.