Pubblicato il 21/11/2012, 14:29 | Scritto da La Redazione

DARIO AITA, DA “QUESTO NOSTRO AMORE” AL SUCCESSO SUL WEB DI “KUBRICK-UNA STORIA PORNO”

TVZOOM ha intervistato il giovane attore siciliano che ha dato il volto a Bernardo nella fiction di Rai Uno con Neri Marcorè e Anna Valle, oltre a essere protagonista di un esperimento vincente sul web, targato Magnolia.

Bernardo, fidanzato di Benedetta, figlia di Vittorio/Neri Marcorè in Questo nostro amore, è l’archetipo del giovane tumultuoso nell’Italia degli anni ’60, tra evoluzioni imminenti e foschi tradizionalismi. «Bernardo è il mio lato oscuro, ha rappresentato il ribelle che alberga in me, ma nella realtà io sono diverso da lui», dice Dario Aita, che gli ha dato corpo e voce sul set.
Siciliano venticinquenne della scuderia QuattroP , forgiato alla scuola del Teatro Stabile di Genova, Aita intende ritagliarsi un ruolo da protagonista tra le nuove leve della recitazione nazionale. Vuole farlo guardando al futuro. E il futuro passa anche dal web, con Kubrick-Una storia porno, fiction prodotta da Magnolia ideata da Ludovico Bessegato. La sua stagione pilota, in esclusiva per la rete, ha totalizzato 80mila visualizzazioni nei soli primi quattro giorni di messa online. «Un esperimento vincente», dice il giovane attore, conosciuto dal pubblico anche per il film La prima linea e per la fiction del 2011 Il segreto dell’acqua.
Dario, Questo nostro amore è stato un successo. Che cosa ha rappresentato per la sua carriera essere stato inserito nel cast?
«A oggi, Questo nostro amore rappresenta la mia esperienza televisiva più importante. Uno scalino interpretativo maggiore rispetto a Il segreto dell’acqua. L’atmosfera sul set era molto coesa, Luca Ribuoli ha fatto un grande lavoro».
Che cosa l’ha colpita della personalità di Bernardo?
«Bernardo è un operaio, la distanza dalle aspirazioni borghesi di Benedetta è abissale. I suoi tratti distintivi sono la rabbia, alternata a una vaga malinconia, bisogno di evasione. Un attore, quando interpreta un personaggio, cerca sempre di fare un lavoro su se stesso. Ecco, Bernardo è il mio lato oscuro. Ma io, nella vita, ho una personalità più frizzante».
Mi rifaccio alla polemica innescata da Virzì, circa la mancanza di coraggio nelle fiction italiane: Questo nostro amore è una fiction che non sa assumersi rischi?
«Al contrario. Penso che proprio nella rappresentazione della famiglia di Bernardo, gli Strano, ci sia un contenuto impetuoso e innovativo: l’indagine sul loro privato, le loro difficoltà in un periodo storico molto complesso. La fiction ha osato, cercando la verità laddove non era facile mostrarla».
A proposito di innovazione: Kubrick-Una storia porno, la webfiction che sta spopolando sul web, è un esempio in tal senso.
«In realtà il progetto non è nato per il web. Abbiamo girato le puntate pilota come se fosse una fiction normale. Dopodiché, messe online, hanno riscosso grandi consensi. Merito dell’ideatore del progetto, Ludovico Bessegato, degli sceneggiatori del gruppo La Buoncostume, di Magnolia e di tutti coloro che si sono impegnati nel progetto, la cui età media è di circa 30 anni».

Qual è l’idea portante della fiction? Qual è il suo ruolo?
«Ho seguito passo dopo passo la sua realizzazione. L’idea era di raccontare una bella storia con tratti originali, innovativi. Interpreto la parte di Sergio, aspirante regista squattrinato che, assieme agli amici sceneggiatori Dante e Nico, riceve una proposta da un produttore di film porno: 7000mila euro per realizzare cinque minuti di una pellicola hard. Dante è riluttante, in lui subentra l’etica dello sceneggiatore serio. Io invece sono propenso ad accettare, e cerco di convincerlo. D’altra parte, quei 7000mila euro ci possono fare comodo per realizzare nostri personali progetti artistici. Dopo aver accettato, inizieranno le vicissitudini e le situazioni tragicomiche del caso».
Il futuro della fiction è sul web?
«Forse non il futuro imminente, ma quello remoto sì. Io stesso guardo la televisione solo su internet. La comodità di aggirare le imposizioni dei palinsesti, ottimizzando i tempi in funzione dei propri impegni, non ha eguali. Del resto, i mezzi tecnologici e i media sono solo un meccanismo di fruizione transitorio, destinato a evolversi costantemente».
Giustamente lei parla di evoluzione. Come si è evoluta la carriera di Dario Aita, dagli esordi fino a oggi?
«Potrei dirti che recitare è sempre stato il mio sogno. Ma parlare di sogno non mi piace, risulta retorico. Chiamiamola aspirazione. Sono nato alla periferia di Palermo, da una famiglia di modesta estrazione. Ho sempre pensato che, velleità a parte, prima o poi avrei dovuto cercarmi un lavoro “serio”. Invece, come spesso accade, un giorno ho accompagnato a un provino un mio amico e sono stato notato. Ho iniziato a impegnarmi con il Teatro Stabile di Genova. Dopodiché gli eventi si sono susseguiti così rapidamente, che ancora faccio fatica a riepilogarli».
Lei è siciliano. Ultimamente mi è capitato di intervistare molti giovani attori siciliani. La Sicilia sta invadendo cinema e fiction in Italia?

«Maurizio Lombardi, attore toscano e mio amico, quando mi vede mi insulta bonariamente perché dice che la Sicilia sta sfornando troppi talenti. Detto questo, amo la Sicilia perché è la mia terra, anche se non sono più di tanto campanilista».
Come ogni giovane aspirante, avrà avuto dei modelli di riferimento…
«Il cinema anni ’60, la nouvelle vague. Marcello Mastroianni. Jean Paul Belmondo».
C’è qualche ruolo che le piacerebbe interpretare più degli altri?
«Mi piacciono le sfide, mettermi alla prova con novità costanti. Su tutti: recitare con Inarritu, uno dei miei registi preferiti di sempre. I suoi personaggi, le loro caratterizzazioni, sono molto estreme, efficaci».
A che cosa sta lavorando, parlando di progetti imminenti?
«Sono sul set di un film per il cinema. Si intitola Ma anche no, la regia è di Alessio De Leonardis. Interpreto il ruolo di Gianluca, aspirante attore che per vivere fa il runner. Un giorno, conosce su un social network una serie di persone con cui partecipare a un evento. Apprentemente una cena come tante, sarà un’esperienza destinata a cambiargli la vita. Poi, sto curando la regia di uno spettacolo teatrale che spero di portare in scena a Roma. Un testo di Fassbinder, ispirato a Katzelmacher. Si intitolerà Treno Fermo a Katzelmacher».

Gabriele Gambini

 

(Nella foto Dario Aita)