Pubblicato il 07/11/2012, 12:31 | Scritto da La Redazione

VIRGINIA RAFFAELE: «IN 3 ORE DIVENTO LA MINETTI»

VIRGINIA RAFFAELE: «IN 3 ORE DIVENTO LA MINETTI»
L’esilarante trasformazione dell’imitatrice di Rai 2. È esplosa facendo la copia di Belén. Ma ora spopola a “Quelli che il calcio” prendendo in giro la consigliera regionale. In una intervista a Oggi mostra come si traveste: «Mi applicano protesi al silicone», spiega. E svela che il segreto del suo successo sta nel passato. Al luna […]

L’esilarante trasformazione dell’imitatrice di Rai 2. È esplosa facendo la copia di Belén. Ma ora spopola a “Quelli che il calcio” prendendo in giro la consigliera regionale. In una intervista a Oggi mostra come si traveste: «Mi applicano protesi al silicone», spiega. E svela che il segreto del suo successo sta nel passato. Al luna park

Rassegna Stampa: Oggi, pagine 84/88, di Cristina Rogledi.

«In 3 ore divento la Minetti»
Cultura e Spettacolo – L’esilarante trasformazione dell’imitatrice di Rai2. È esplosa facendo la copia di Belén. Ma ora Virginia Raffaele spopola a Quelli che il calcio prendendo in giro la consigliera regionale. In queste pagine ci mostra come si traveste: «Mi applicano protesi al silicone», spiega. E ci svela che il segreto del suo successo sta nel passato. Al luna park.
Spara da dio. Ha fatto la controfigura di Megan Gale e Cindy Crawford. È cresciuta al luna park, al banco dei pesci rossi e del tiro a segno. Per pagarsi la scuola di recitazione ha lavorato come stuntwoman (è specializzata nelle scazzottate). Ogni tre anni trasloca perché sbaglia casa. «La scelgo in fretta e poi mi pento». E di recente si è meritata uno slogan che è un autentico diploma di successo: «È più Belén di Belén». Virginia Raffaele, un metro 75 di forme scultoree («Ma va là!», dice lei), risata contagiosa e battuta sempre pronta è la bravissima comica che con le sue imitazioni elettrizza i pomeriggi di Quelli che il calcio. Da Renata Polverini a Ornella Vanoni, dalla criminologa Roberta Bruzzone alla poetessa brasiliana Paula Gilberto Do Mar. Ha fatto anche Ruby Rubacuori, Píppa Middleton e Malíka Ayane. Il boom degli ascolti (e dei clic, sul web) li ha ottenuti con la sua Belén. Un capolavoro. E ora sta spopolando con una Nicole Minetti vulcanizzata (nei volumi e nelle battute). Persino il corrosivo Aldo Grasso, il critico televisivo del Corriere della Sera, dice di lei che è una fuoriclasse.
Si aspettava che Belén le valesse la definitiva consacrazione a star?
«Francamente no. Mi ha molto aiutato avere un timbro di voce che gioca sui toni bassi, come il suo».
Non faccia la modesta! L’ha molto aiutata avere un fisico da urlo, spirito di osservazione e talento d’attrice.
«Sì, è vero; l’impatto visivo della mia Belén ha contato molto. E pensare che da ragazzina sembravo un nerd con le mie gambette secchissime e sproporzionate, i capelli appiccicati alla fronte e l’apparecchio ai denti. Comunque Belén è nata perché osservandola mi sono resa conto che era troppo forte il sottotesto su cui gioca: fa la finta ingenua. Si muove come una panterona sexy ma poi sfodera una faccina da innocente. Sembra sempre sorpresa. È una donna bella e furbissima».
Come nascono i suoi personaggi?
«Sono loro che vengono da me. Sfoglio i giornali, guardo la televisione e un giorno mi rendo conto che c’è un nome, un atteggiamento, un fatto di cronaca che mi è rimasto impresso con un volto e un certo modo di fare. Posso fare una precisazione? Io non faccio imitazioni, faccio parodie e c’è una bella differenza. Non riproduco tout-court quello che vedo ma ricostruisco il mondo che sta intorno a quel personaggio, immagino la sua psicologia e insieme col mio autore, Dario Taietta, scrivo dialoghi che quel personaggio non ha mai pronunciato davvero ma che potrebbe fare. Belén non ha mai detto: “Ohhh, mi è caduta la spallina, non mi ero accorta”, ma potrebbe farlo. È da lei».
A chi fa vedere la prima volta í nuovi personaggi?
«Di solito comincio a lavorare al mio soggetto in radio. Radio2 Social Club è un po’ il mio laboratorio sperimentale. Dopo la voce e i dialoghi nasce la parte visiva. Comunque mi confronto sempre col mio autore e con lo staff del programma. Alla fine però sono io il giudice più severo di me stessa».

Quante ore di trucco le servono per diventare Belén? E quante per la Minetti?
«Per trasformarmi nella showgirl argentina uso un trucco solo pittorico e ci impiego due ore e mezzo. Per fare la Minetti, invece, me ne servono tre perché c’è una ricostruzione anche anatomica del viso. Mi applicano delle piccole protesi di silicone sulla fronte e sulle labbra. Un lavoro magnifico: il laboratorio di Bruno Biagi ha fatto il calco in gesso del mio viso e da quello parte per elaborare ogni volta i cambiamenti morfologici che mi servono per trasformarmi. Crea con la plastina delle “protesi” e poi le riproduce in silicone e me le applica».
Il papà di Nicole Minetti va pazzo per la sua imitazione della figlia. Registra tutte le puntate. Nicole, invece, cosa le direbbe?
«Grande, supertooop. Sei veramente giustiiissima, in formiiissima. Davanti sei occhèi. Anche il backstage è a posto. Ciao amici chipsss».
Perché proprio la Minetti?
«Annalisa? Scherzo! La parodia della consigliera dentale è nata quando ho sentito le sue intercettazioni. Surreali! E poi lei è una miniera di spunti. Non passa settimana che non ci siano episodi da raccontare. Purtroppo».
La sua prima imitazione?
«A tre anni e mezzo facevo il colpo di testa della Carrà. Ne andavo pazza. Il mio mito però è Loretta Goggi. E ho molto amato Franca Valeri».
Sul salvaschermo del suo telefonino c’è la ruota panoramica del luna park dell’Eur. Ci racconta?

«Certo, parlo sempre volentieri e con nostalgia del mio luna park. Lo fondarono nel 1953 i miei nonni. Nonna Ornella, in arte Nelly, faceva la cavallerizza acrobata. Mia madre è cresciuta lì dormendo un po’ dentro le macchinine degli autoscontri, un po’ in una roulotte. Io ho imbustato pesci rossi e ricaricato fucili sino a vent’anni. Ricordo che il pomeriggio facevo i compiti appoggiata sulla panchina davanti alla nave dei pirati. E d’estate finivo di lavorare alle due del mattino».
Detta così sembra una vitaccia.
«Era un mondo magico, invece. Certo, a 8 anni avevo già i reumatismi per tutto il freddo preso stando 12 ore all’aperto, in pieno inverno. Però è stato formativo e bellissimo. Lavoravamo ogni domenica, Natale, Pasqua, sempre. Ancora oggi mi fa strano stare a casa durante le feste. È stata una vita di sacrifici che mi ha insegnato tantissimo e mi ha trasmesso un amore profondo per lo spettacolo. Quando a 20 anni mi sono iscritta all’Accademia Teatro integrato di Pino Ferrara, nessuno della mia famiglia si è stupito. Se avessi fatto Giurisprudenza o Medicina si sarebbero preoccupati molto. Forse anche indignati».
Lei per essere una comica è un po’ troppo “bonazza”. Non è un ostacolo la sua bellezza? Mai aspirato a fare la Velina?
«Non mi è neanche passato per la testa. Anche perché io non mi sento bella e non sono abituata a contare sul mio fisico. Neanche con gli uomini. A scuola facevo ridere con l’imitazione della bidella, a casa intrattenevo i miei con i travestimenti che improvvisavo. Ho sempre saputo che avrei voluto fare l’attrice, non mi importa niente del mio aspetto».
Eppure quando fa Belén la regia indugia con lunghe carrellate che la inquadrano dalla caviglia in su. E quando si è seduta accanto alla vera Belén, era evidente che lei possiede mezzo netto di gamba in più.
«Dice? Giuro che non ci ho fatto caso!». (E a questo punto ci alziamo e la misuriamo: ha un metro secco di gamba. Tacchi esclusi).
La sua vita si svolge metà a Roma, metà a Milano, dove va in onda Quelli che il calcio. Come la mettiamo con l’amare? È ancora single come ha ripetuto spesso?
«No, è successo un miracolo, non sono più single! È un momento felice. Però ho appena traslocato e anche stavolta i mobili dell’Ikea li sto montando io. Sino al giovedì sto a Roma e faccio la casalinga-falegname. Poi vado a Milano e vivo in albergo tra riunioni con gli autori e prove in studio».
Come ci è arrivata in televisione?
«Con una lunghissima gavetta. Dopo l’Accademia ho iniziato a lavorare in teatro in piccoli spettacoli che portavamo anche nelle scuole. Poi un giorno mi notarono Lillo & Greg, infatti li considero i miei genitori artistici. Da lì ho iniziato a lavorare con loro, anche in radio. E un giorno mi chiamò la Gialappa’s. Pensavo fosse uno scherzo, continuavo a ripetere: “Dai, piantala, non fare il cretino”. Credevo fosse un mio amico».
Dicono che sul lavoro sia pignolissima.
«Pignolissima è un complimento. Rompo talmente che a volte mi insultano. Per risultare naturale nei miei personaggi ho bisogno di sentirmi a mio agio e divento tranquilla solo quando ho provato e riprovato sino alla perfezione. Detesto lasciare al caso».
Ha partecipato a diversi film. Ora è sul set di L’ultima ruota del carro di Giovanni Veronesi. Il cinema è il suo sogno?
«Mi piace molto. Certo, chi non sogna il cinema? In questo film ho sette, otto pose, non sono molte, ma è una bellissima esperienza. In realtà non ho un sogno nel cassetto, desidero solo continuare a imparare, vorrei sempre migliorarmi. Teatro, radio, cinema, ogni forma di espressione mi va bene pur che mi consenta di essere me stessa. Non farei mai qualcosa che non sento mio».
È vero che per rilassarsi va al supermercato?
«Sì. Spingo il carrello e sono felice. Butto dentro di tutto».
E che non sa fare le valigie.
«Sono il mio cruccio! Infilerei anche le mensole coi libri se solo ci stessero».