Pubblicato il 16/09/2012, 09:31 | Scritto da La Redazione

MENTANA: «SE MEDIASET O DE BENEDETTI COMPRASSERO LA7 ME NE ANDREI. MA NON AL TG1»

MENTANA: «SE MEDIASET O DE BENEDETTI COMPRASSERO LA7 ME NE ANDREI. MA NON AL TG1»
Il direttore del tg della rete di Telecom Italia Media, in un’intervista al “Corriere della sera”, si esprime sulle voci di un interessamento da parte del Biscione per l’acquisto de La7. Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 12, di Paolo Conti. «Né Berlusconi né De Benedetti. E non andrei al Tg1» Il direttore del telegiornale: […]

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Il direttore del tg della rete di Telecom Italia Media, in un’intervista al “Corriere della sera”, si esprime sulle voci di un interessamento da parte del Biscione per l’acquisto de La7.

Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 12, di Paolo Conti.

«Né Berlusconi né De Benedetti. E non andrei al Tg1»

Il direttore del telegiornale: «Non sono un uomo per tutte le stagioni. Chi invoca Monti o la politica sbaglia». «Qui meglio un editore non schierato».

«Certi Guelfi o Ghibellini vedono la mia presa di posizione come una sorta di tardiva riproposizione dell’antiberlusconismo. Ma c’è chi non ricorda, o non vuole ricordare, che un anno fa dissi più o meno la stessa cosa quando si parlò di un possibile interesse di Carlo De Benedetti. Dissi che la situazione migliore per La7, per la sua libertà, è un editore non “sessuato” politicamente».

Enrico Mentana, lei dirige il Tg de La7. Ed è stato chiarissimo: «Mediaset compra La7? Solo un’offerta di disturbo. Ma quando cambia l’editore è inutile gridare al lupo. Fosse Mediaset lascerei: ne bis in idem». Cioè mai una seconda volta con il mondo televisivo berlusconiano…

«Mettiamola diversamente. Ho già fatto la mia parte di strada con Mediaset. Un lungo periodo fatto anche di momenti esaltanti e di completa libertà di decidere ciò che volevo, ed è giusto adesso riconoscerlo. Però…».

Però?

«Però non siamo uomini per tutte le stagioni. Almeno non lo sono io. Non dimentico che sono arrivato qui a La7 dopo essere stato licenziato in tronco in una notte da Mediaset, e non ero l’ultima ruota del carro. Non serbo rancore. Ma ero diventato incompatibile con un progressivo andazzo di quell’azienda».

Berlusconi a palazzo Chigi «pesava» su quell’andazzo…

«Ho fondato il Tg5 e l’ho diretto e condotto quasi per tredici anni. Poi mi sono messo a disposizione dell’azienda per un’opera non facile come la seconda serata di Canale 5. Ma tra il 2008 e il 2009 le ragioni di dissenso sono diventate quotidiane. E poi tutto è sfociato nella notte della morte di Eluana».

Quando Mediaset non stravolse il palinsesto e mandò in onda «Il grande fratello» quando lei era pronto per uno speciale.

«Esatto. Io non sono un ipocrita e quando le agenzie di stampa hanno rilanciato la notizia dell’interesse di Mediaset per La7, ho voluto essere chiaro: se il nuovo proprietario fosse quel gruppo, me ne andrei. Non penso che arriverebbe Hitler, sia chiaro. E non c’è nessuna voglia di gridare “giù le mani dal Vietnam”. Semplicemente annuncio che non sarei disposto a dirigere un Tg per un editore col quale mi sono lasciato male. Tutti abbiamo compatibilità e incompatibilità».

Ma è solo questo o c’è dell’altro?

«No, fosse solo questo sembrerebbe una vicenda di amori e di delusioni. Infatti c’è un nodo legato al mercato. Il successo de La7, e del nostro Tg, sta nell’impasse del duopolio Rai-Mediaset. In quel blocco che ha dimostrato la loro impossibilità di “essere normali”. Cioè liberi e indipendenti. La7 ha approfittato di questa paralisi. È stata “normale”, libera, indipendente. Il prodotto è andato controcorrente rispetto al tacito consenso del duopolio».

Il Comitato di redazione del Tg de La7 e la stessa Federazione nazionale della stampa chiedono che Monti si pronunci: Mediaset che compra La7 è ormai un caso politico.

«Sinceramente non vedo qualche ruolo abbia Monti in tutto questo. Esistono le regole. Delle due, l’una. O le leggi attuali, e l’antitrust, permettono a Mediaset un possibile acquisto degli asset televisivi di Telecom. E Monti non c’entra. O non lo permettono. E Monti non c’entra. Vedo anche grandi richiami alla politica. Ma non è la politica che può salvarci dalla politica. Se Mediaset può partecipare alla gara senza infrangere le leggi, io dico: complimenti a chi ha varato quelle leggi, ma rispettiamole. In più avrei anche perplessità oggettive. Non mi sembra che l’informazione rappresenti più per Mediaset un asset fondamentale».

Un giudizio negativo sui Tg di Mediaset o su chi li conduce?

«Non mi permetterei mai di parlare dei colleghi, resto un giudicatore e non un arbitro. Osservo che si è trasferita sulle All News gran parte delle energie giornalistiche tradizionalmente distribuite nelle testate. Scelta legittima. Ma la vocazione all’informazione, per un editore televisivo, è altra cosa».

A proposito di De Benedetti, è rimasto della stessa opinione?

«Io non sono Valentino o Armani, non ho una linea per ogni stagione o annata. Una tv spregiudicata e libera non deve solo “essere” indipendente ma deve mostrarsi “visibilmente” così attraverso la sua proprietà. Perché ci sono editori che poi pretendono e chiedono dai loro direttori, e ce ne sono… altri che non chiedono. Faccio un esempio. Telecom ha appena raggiunto un importante accordo con Fastweb per la banda ultraveloce. Siamo stati l’unico Tg a non darne notizia. L’indipendenza vera si dimostra giorno dopo giorno».

Adesso già si dice: ecco, Enrico Mentana così sta preparando la sua strada verso la direzione del Tg1. Alla fine dell’anno scade il contratto a termine della direzione pro-tempore di Alberto Maccari. Pronto per viale Mazzini?

«Purtroppo devo ripeterlo ciclicamente. Direi: no, grazie».

E questa volta perché? C’è anche il nuovo gruppo dirigente, la presidenza di Anna Maria Tarantola e la direzione generale di Luigi Gubitosi. Nessuno dei due espressione dei partiti.

«I nuovi vertici, così come molti altri dirigenti che li hanno preceduti, sono ottime persone animate da eccellenti propositi. Ma non stiamo parlando di questo. Parliamo invece di una Rai che continua, nonostante i diversi nomi al comando, a essere emanazione diretta del sistema dei partiti. E qui torniamo al duopolio, al blocco Rai-Mediaset».

Sempre il Comitato di redazione del suo Tg osserva: ogni volta che la nostra tv diventa forte e si pone come possibile ostacolo al duopolio, succede qualcosa. Lei che ne pensa?

«Preferisco una temperatura fredda nei ragionamenti. Qui non si tratta di strangolare un’azienda che sta crescendo, fosse stato così sarebbe avvenuto un anno fa. E La7 non ha sempre anni d’oro alle spalle e ora arriva il castigamatti… è stata nelle mani dei brasiliani, della Rai, di Cecchi Gori, di Carlo Sama, di Telecom. In un mercato che cambia è normale che ci siano acquisti e vendite. E se un’azienda viene posta sul mercato, non si può piangere su chi potrebbe essere l’acquirente».

Ipotesi. Mediaset acquista davvero La7. Per chiuderla?

«Non sono così fesso da pensarlo. Magari ci sarebbe una La7 diversa. Però non vedo un tg all’insegna del Pulcino Pio. Né una tv ridotta all’impotenza o cancellata. La realtà può superare la fantasia, lo so. Ma non direi proprio…».

Difficile pensare un Tg de La7 senza Enrico Mentana.

«Non mi sento indispensabile. Semplicemente perché non lo sono».