Pubblicato il 28/07/2012, 11:44 | Scritto da La Redazione

AGCOM, AUTHORITY E RAI: I CURRICULA SONO STATI UNA FARSA

AGCOM, AUTHORITY E RAI: I CURRICULA SONO STATI UNA FARSA
Giovanni Valentini, sulle pagine de “La Repubblica”, evidenzia come la strada del curriculum per le nomine dei cda di Stato sia stata una buffonata e alla fine, come sempre, hanno scelto i partiti secondo i loro interessi. La Repubblica, pagina 32, di Giovanni Valentini Il mito infranto del curriculum La politica non può essere il […]

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Giovanni Valentini, sulle pagine de “La Repubblica”, evidenzia come la strada del curriculum per le nomine dei cda di Stato sia stata una buffonata e alla fine, come sempre, hanno scelto i partiti secondo i loro interessi.

La Repubblica, pagina 32, di Giovanni Valentini

Il mito infranto del curriculum

La politica non può essere il luogo di decisioni solo esecutive. Se così fosse, non sarebbe politica, bensì tecnica. (da “Simboli al potere” di Gustavo Zagrebelsky-Einaudi, 2012 pag. 90).

Ora che la sarabanda delle nomine s’è più o meno indecorosamente conclusa, converrà riflettere per il futuro sulla liturgia che ha infranto il mito del curriculum, intorno al rinnovo delle Authority e del Consiglio di amministrazione della Rai. Contro la partitocrazia, nel segno della trasparenza e in nome della società civile, questo è diventato un totem mediatico da venerare, nella superstiziosa convinzione che potesse risolvere d’incanto la scelta di candidature “super partes”. Ma in realtà quello del curriculum o meglio dei “curricula” al plurale, come s’è detto per dissimulare l’ipocrisia della procedura dietro il rispetto della lingua latina è risultato alla fine un rito ambiguo e improduttivo.

È accaduto così che alla presidenza dell’Autorità sulla Privacy sia stato eletto un parlamentare in carica, di professione dermatologo; all’Agcom non abbia trovato posto neppure uno dei tanti candidati dei quali erano stati presentati i rispettivi “curricula”; e per il Cda della Rai, su più di trecento “curricula” pervenuti, la Commissione di Vigilanza ha eletto sei consiglieri sui sette di competenza parlamentare di cui erano già noti da tempo i nomi in seguito alle candidature dei partiti. Una manfrina, insomma, che ha deluso le attese popolari, indebolendo ulteriormente i rapporti fra gli elettori e gli eletti già compromessi dalla prassi cronica della lottizzazione.

Bisogna dare atto tuttavia al presidente della Vigilanza, Sergio Zavoli, di aver accolto e attuato la proposta dei “curricula”, secondo le leggi vigenti, entro i confini della discrezionalità che spetta a ogni parlamentare. «Dalle norme in vigore – spiega lui stesso – per scrupolo discendono conseguenze che non possono essere ignorate, o sottovalutate, senza incorrere nel rischio di illegittimità persino di ordine costituzionale». E con un richiamo all’articolo 68 della Costituzione, per non nascondersi dietro un dito, Zavoli aggiunge: «Qualunque novità sui meccanismi di selezione non può che riguardare l’ambito della valutazione del singolo soggetto, il quale dovrà votare sulla base dei requisiti normativi richiesti. Attraverso il voto, insomma, ogni parlamentare esprime una scelta politica che dev’essere salvaguardata rispetto all’insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle sue funzioni».

A questa garanzia costituzionale, corrisponde però una responsabilità politica nei confronti dei cittadini a cui il parlamentare non può sottrarsi. Prima di scegliere e di votare, occorre evidentemente informarsi e in questo senso i “curricula” a corredo delle candidature (o autocandidature) possono rappresentare senz’altro un’utile documentazione integrativa. E perciò la presidenza della Vigilanza ne ha disposto la pubblicazione sul “portale intranet” di ciascun parlamentare: sia per non incorrere in eventuali violazioni della normativa sulla privacy sia per non alimentare tra i candidati l’aspettativa di una procedura di tipo “concorsuale”.

Sta di fatto in ogni caso che, anche alla luce di quest’ultima esperienza, è necessario adesso regolamentare la materia per garantire la maggiore trasparenza possibile nelle nomine pubbliche. A cominciare dalla Rai, per la quale s’impone una riforma organica in grado di assicurare all’azienda una “governance” legittima e autorevole, si tratta di definire nuove procedure più aperte e democratiche. I “curricula” costituiscono certamente una base per selezionare le candidature e confrontarle alla luce del sole, ma da soli non bastano.

A monte di questa e di ogni altra riforma specifica, c’è bisogno ancor prima di una riforma generale della politica, a partire naturalmente dalla legge elettorale. Senza un rinnovamento profondo delle istituzioni e dei partiti, senza un ricambio generazionale e una trasformazione del rapporto fra il sistema di potere e la società, la vita pubblica italiana continuerà a decadere nella pratica del sottogoverno, del clientelismo e della spartizione. E sarà così fino a quando la politica verrà intesa come professione, impiego o mestiere, piuttosto che come un servizio reso alla collettività.