Pubblicato il 20/07/2012, 10:48 | Scritto da La Redazione

LA CUCCAGNA RAI: IL DIRETTORE PASSA IL MEGASTIPENDIO RESTA

LA CUCCAGNA RAI: IL DIRETTORE PASSA IL MEGASTIPENDIO RESTA
Conti in tasca ai dirigenti Rai. Dal discusso megastipendio del neo dg Luigi Gubitosi a Claudio Cappon, da Fabrizio Del Noce a Lorenza Lei, Gianni Minoli e molti altri nell’articolo del quotidiano Il Secolo XIX. Cariche e incarichi che terminano e si succedono ma gli stipendi restano. Il Secolo XIX, pagina 1 + 4, di […]

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Conti in tasca ai dirigenti Rai. Dal discusso megastipendio del neo dg Luigi Gubitosi a Claudio Cappon, da Fabrizio Del Noce a Lorenza Lei, Gianni Minoli e molti altri nell’articolo del quotidiano Il Secolo XIX. Cariche e incarichi che terminano e si succedono ma gli stipendi restano.

Il Secolo XIX, pagina 1 + 4, di Sonia Oranges

LA CUCCAGNA RAI, IL DIRETTORE PASSA IL MEGASTIPENDIO RESTA

I loro stipendi sono avvolti dal riserbo più assoluto, sebbene la Rai sia un’azienda a capitale pubblico, ma un dato e certo: dirigenti e direttori di viale Mazzini, conservano in dote i propri stipendi dorati anche se sono destinati a mansioni differenti e, se non inferiori, di certo con minori responsabilità rispetto al passato. Il caso del nuovo direttore generale Luigi Gubitosi, super pagato (tra stipendio fisso e indennità da direttore intascherà ben 650mila euro l’anno) e, soprattutto, assunto a tempo indeterminato, non è certo l’unico nella tv di Stato. Se Gubitosi, una volta scaduto l’incarico di dg, resterà in Rai con uno stipendio da 400mila euro, c’è chi è riuscito a ottenere dall’azienda anche di più.
Il caso più simile a quello di Gubitosi, è rappresentato dall’ex direttore generale Claudio Cappon, che ha diretto l’azienda nel 2002 e nel 2006 per volere di Romano Prodi. All’epoca, anche per lui arrivò un contratto a tempo indeterminato cucitogli addosso per oltre 600mila euro che hanno continuato a entrargli in tasca anche quando è stato sostituito da Mauro Masi. E per un po’ è rimasto pure senza poltrona, seppur ben pagato. Attualmente dirige Rai World, ossia la struttura ridotta all’osso di quella che fu Rai International. Un ruolo a dir poco di nicchia che certo non giustifica il suo ricco salario. In realtà, forte dell’amicizia con Ettore Bernabei e del rapporto di fiducia con il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera (di cui pare sia “consigliori” nella materia televisiva), Cappon aspirava proprio a ritornare al vertice Rai, ma nella corsa alla poltrona di direttore generale Gubitosi ha avuto la meglio e a Cappon non resterà che consolarsi con la busta paga.
Che è pure la tutt’altro che magra consolazione di Lorenza Lei, la dirigente che ha sostituito Masi e preceduto Gubitosi. A lei, per la prima volta, la Rai ha applicato una misura che contenesse il lievitare degli stipendi nel tourbillon degli avvicendamenti a viale Mazzini: così come a Gubitosi, anche a lei è stata applicata una speciale indennità che Lei ha percepito finché ha ricoperto l’incarico di direttore. Adesso avrà un nuovo incarico, con uno stipendio ridotto, si fa per dire, a 420mila euro.
D’altra parte, l’unico caso di direttore generale con contratto a termine è stato quello di Mauro Masi che era in aspettativa da Palazzo Chigi e al quale sono stati destinati più di 700mila euro l’anno per un triennio: in Rai c’è rimasto solamente 24 mesi, ma l’azienda gli ha comunque dovuto pagare tutti e tre gli anni. D’altra parte, che i direttori passino e che gli stipendi restino, lo dimostra ampiamente il curriculum dell’ex direttorissimo, Augusto Minzolini,
messo al timone del Tg1 da Silvio Berlusconi, con un salario da 550mila euro annuo, finito sotto accusa per peculato nei confronti dell’azienda, e ora ritornato ad avere il grado di caporedattore. Ma non lo stipendio. E a fine maggio, il vecchio consiglio di amministrazione in regime di prorogatio lo ha nominato all’unanimità direttore del coordinamento dei corrispondenti esteri della Rai, che certo non è il Tg1 ma in termini di retribuzione evidentemente vale uguale. Come lui ha conservato lo stipendio da direttore Antonio Caprarica, storico corrispondente Rai dalla Gran Bretagna, dal 2006 al 2009 direttore del Giornale Radio Rai e di Rai Radio Uno, per un corrispettivo annuo di poco inferiore ai 400mila euro. Compenso conservato anche successivamente quando è tornato a Londra a occuparsi dell’ufficio di Mayfair, peraltro su ordine di un giudice del lavoro. Questi esempi sembrano essere solamente la punta dell’iceberg di viale Mazzini, dove ci sono almeno una trentina di posizioni dirigenziali che non guadagnano meno di 300mila euro. Tra loro di certo c’è Giancarlo Leone che, da vicedirettore generale guadagnava 400mila euro l’anno e che ora dirige Rai Intrattenimento. Oppure un altro vicedirettore generale caro al Pdl,
Gianfranco Comanducci, reddito annuo di oltre 400mila euro e che ora sta provando a ricollocarsi puntando su Ray Way. O ancora Fabrizio Del Noce, che pure vale 400mila
euro l’anno, sia quando guidava l’ammiraglia Rai Uno, sia ora che è a Rai Fiction. Ruolo che sarebbe destinato proprio a Lorenza Lei, visto che Del Noce sarebbe prossimo alla pensione.
Che non significa necessariamente fuori dalla Rai, come dimostra Giovanni Minoli, direttore di Rai Scuola e Rai Educational, con uno stipendio di oltre 500mila euro, fino al maggio del 2010, quando è andato in pensione con già in tasca l’incarico di coordinare la struttura che si sarebbe occupata del cento cinquantenario dell’Unità d’Italia. Poco dopo di lui, nel dicembre 2010, era andato in pensione anche un altro storico dirigente Rai, Lorenzo Vecchione, all’epoca amministratore delegato di Raisat. A lui sono andate un paio di consulenze di “soli” 10mila euro mensili, scadute lo scorso giugno. Incarico: selezionare talenti per i reality.
Ma non tutti hanno goduto di questi trattamenti. Non Paolo Ruffini, storico direttore di RaiTre emigrato a La7 che quando ha lasciato la Rai, guadagnava 236mila euro. «La verità è che in una gestione molto berlusconiana dell’ultimo decennio, si sono istituite delle gabbie retributive ingiustificate», spiega una fonte aziendale certa che ora questa bolla è destinata a esplodere presto, soprattutto se a pagare il conto di questo scialo dovranno essere precari e sedi regionali.