Pubblicato il 18/07/2012, 16:03 | Scritto da La Redazione

FALCONE E BORSELLINO: NESSUNA FICTION PUÒ AVERE LA FORZA EMOTIVA DI UN DOCUMENTARIO BEN FATTO

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{Summary}Il 19 luglio su Raitre va in onda il documentario “1367 – La tela strappata”, sulle stragi di mafia in cui persero la vita i giudici Falcone e Borsellino. Protagoniste le preziose immagini delle teche Rai. {/Summary}

Più di mille fiction su Falcone e Borsellino possono certe immagini, vere e reali, custodite nelle preziose Teche Rai. Documentari come 1367 – La tela strappata, del giornalista Giancarlo Licata, in onda domani su Rai3 alle 18 (alle 23 su Rai Storia) giorno della strage di Via D’Amelio, hanno una potenza emotiva mille volte superiore.

Nel racconto che scandisce le 1367 ore che separano la morte di Giovanni Falcone da quella di Paolo Borsellino, interviste come quella al giudice Antonino Caponnetto, in cui vent’anni fa denunciava una trattativa Stato-mafia, lasciano interrogativi e accendono una rabbia che nessuno sceneggiatore sarebbe in grado di scrivere.

La manifestazione organizzata dai sindacati, il treno dei mille diretto in Sicilia, la lunga catena umana che nel 1992 ha unito le strade di Palermo: sono immagini di proteste contro una mafia che sarebbe comunque tornata a uccidere, ancora e ancora, a Palermo, come a Firenze, Roma, Milano, senza fare sconti a nessuno.

Uomini, donne, ragazzi e bambini, sudati nella solita calura estiva che ogni anno torna, implacabile, con nomi ridicoli e diversi. Volti di un’Italia arrabbiata, che fischia ai politici come Spadolini, pronti a sgattaiolare dalle uscite laterali della Chiesa di Palermo, durante i funerali di Falcone. E poi ci sono quegli uomini disperati, in maglietta e pantaloncini, che con l’accento siciliano gridano al giudice Caponnetto, di non abbandonarli, dopo che, disperato per la morte di Borsellino aveva dichiarato: «È finito tutto».

Alzi la mano chi ha visto scene così in una serie tv. È storia, fatta di bombe e di borse portate via mentre Borsellino moriva, in una scena del crimine completamente inquinata. Solo che all’epoca CSI non l’aveva visto nessuno. Rivedere oggi quelle immagini in cui centinaia di persone si aggirano per Via D’Amelio mentre l’auto in cui Borsellino è salato in aria con altri sei uomini e donne della sua scorta brucia ancora, ha dell’incredibile.

Possibile? Leggete i titoli dei giornali di questi giorni. Possibile. Solo che questa è storia d’Italia. Non CSI. Un consiglio. Vedete quel documentario. Vale la pena. Per chi c’era, e per chi non c’era. Si chiude con un rap che Lorenzo Jovanotti ha cantato a Palermo, nei giorni successivi alle due stragi. Un rap di rabbia, ma anche di speranza, che il cantautore non ha mai inciso, per non trasformarlo in un bene su cui lucrare. Questa è storia. Lasciate stare le fiction.

 

Tiziana Leone  

 

(Nella foto, da sinistra, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino)