Pubblicato il 15/07/2012, 11:35 | Scritto da La Redazione

TECHE RAI: MINIMO SFORZO, MASSIMA RESA

TECHE RAI: MINIMO SFORZO, MASSIMA RESA
Sulle pagine del quotidiano “La Stampa”, Walter Siti analizza tutti i programmi in cui si utilizzano i repertori di Viale Mazzini nei programmi estivi low cost. La Stampa, pagina 28, di Walter Siti. Teche Rai invece di sfruttarle mettiamoci al loro servizio Le teche Rai sono una grande risorsa: ormai quasi sessant’anni di vita italiana […]

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Sulle pagine del quotidiano “La Stampa”, Walter Siti analizza tutti i programmi in cui si utilizzano i repertori di Viale Mazzini nei programmi estivi low cost.

La Stampa, pagina 28, di Walter Siti.

Teche Rai invece di sfruttarle mettiamoci al loro servizio

Le teche Rai sono una grande risorsa: ormai quasi sessant’anni di vita italiana ripresa nelle sue emergenze e nelle sue sciocchezze, nelle sue icone frivole o sguaiate. Sono da anni la spina dorsale delle trasmissioni estive a basso costo, un qualche filo che le colleghi e via. Rai Tre è la rete che cerca di farne un uso più «colto», vedi l’esordio questa settimana (lunedì verso mezzanotte) di Fil. Felicità interna lorda, condotto da Fausto Paravidino (l’indimenticato Schicchi di Moana). Dieci puntate collegate ai dieci indicatori di benessere dell’Istat, con un prologo dedicato al re del Bhutan (inventore, pare, dell’espressione) e a Bob Kennedy nel suo famoso discorso contro il Pil tenuto agli studenti del Kansas. La prima puntata era dedicata all’ambiente e al suo degrado. Dall’archivio storico sono uscite belle testimonianze di Soldati, Olmi, Pasolini, Rigoni Stern, Vincenzo Consolo, Vittorio Foa e Liliana Cavani; uno straordinario servizio di Emilio Ravel sull’Autostrada del Sole ancora in costruzione, un’intensa intervista di Joe Marrazzo ad alcuni contadini. Paravidino, nel lodevole intento di limitare l’effetto nostalgia, commentava con intelligenza e freddezza («tra la bellezza e i soldi, si scelgono i soldi»). Forse con un’aria un po’ troppo da primo della classe, ma la tragedia del paesaggio italiano stuprato emergeva con forza.

Dalla competenza antipatica alla simpatia seduttiva: un’altra strategia di utilizzo di pezzi chiusi è quella messa in atto da Licia Colò nella serie estiva del suo Kilimangiaro. Si prende una bella donna come Carole Bouquet, la si fa sentire a proprio agio; siccome coltiva vigneti a Pantelleria si lancia un servizio turistico sulla Sicilia; poi si invita lo chef Filippo La Mantia (amico di Carole) a parlare di cibi mediterranei; poi si mette in studio una prua che dovrebbe ricordare il peschereccio della Bouquet e si chiama il campione di apnea Umberto Pellizzari a presentare il video in cui danza coi mammiferi marini; poi un po’ a casaccio si manda un servizio sul Brasile e uno sulle Isole Vergini americane; poi uno sulla Costa Licia in Turchia e infine Licia, lei in persona, che gira in bicicletta per Comacchio. La morale è «bisogna essere ottimisti», il sale della vita è ammirare una statua di Bernini e mangiare il pane casereccio.

Intanto Techetecheté, il programma di access prime time di RaiUno, fa ascolti record; un lavoro di montaggio sapiente di pezzetti di varietà, legati insieme da qualche frase di giornalisti e intellettuali; senza bisogno di conduttori e con un filo di ironia tipo Blob. Il modo più semplice e più redditizio di usare le teche. Ma non sarebbe ora di mettersi al servizio delle teche invece che servirsene? Cioè lasciandosi guidare, anno per anno, dal loro accumularsi e dal loro contraddirsi ma anche, perché no, dalle loro lacune. Dopotutto, dal punto di vista della storia della cultura, quello che le teche Rai non hanno registrato è quasi più importante di quello che c’è.