Pubblicato il 09/07/2012, 13:36 | Scritto da La Redazione

È LA TV CHE CREA L’ASCOLTO O È IL PUBBLICO CHE SCEGLIE LA TV?

Terza puntata, delle cinque previste, dell’analisi di Mario Maffucci sulla tv di Stato. Il nostro editorialista evidenzia debolezze e punti di forza, per un possibile rilancio della Rai

Terza puntata, delle cinque previste, dell’analisi di Mario Maffucci sulla tv di Stato. Il nostro editorialista evidenzia debolezze e punti di forza, per un possibile rilancio della Rai.

Il grande alibi che si gioca nella partita sulla qualità dei programmi è appunto fondato sull’ascolto. La televisione come regina dei mass media deve ottenere il consenso del più ampio numero di spettatori. Oggi le Reti generaliste sono palesemente in crisi, hanno perso notevoli quote di telespettatori, ma complessivamente il numero di chi consuma tv attraverso le numerose piattaforme a disposizione (generalista, digitale terrestre, satellitare, tematiche, locali e d’area, e quelle “mobile”) è aumentato e non è diminuito.

Il pubblico, di fronte a un’ ampia gamma di proposte, si è frazionato. A questo punto una domanda: è la tv che crea l’ascolto, o è il pubblico che sceglie la tv? La tv, secondo me, ha il pubblico che si merita. Non conta solo il numero, conta soprattutto sempre di più la qualità del pubblico: se è colto o no, se è giovane, adulto o anziano, se ha interessi e quali interessi ha. A questo riguardo bisogna avere il coraggio di affrontare due questioni.

La prima: la pubblicità chiede intrattenimento e spettacolo perché con quel genere si veicolano con più facilità i prodotti di largo consumo. Ma il genere è in coma profondo e quindi questo tipo di programma diventa un mezzo poco funzionale. Né viene rimesso in vita da Fiorello, dal Festival di Sanremo (non sempre), dal Calcio e da qualche evento come Vieni via con me. La Rai produce format che vengono dal mercato, non inventa più nulla, i copioni del Grande Varietà sono un ricordo del passato. Infatti il bilancio degli spettacoli e delle seconde serate in questa stagione da poco conclusa è quanto mai desolante. Svetta l’ascolto di Fiorello con #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend (43,9%) e si salva con onore Carlo Conti con Tale e Quale Show (22,5%) su una Rete che, come mission, ha il 21%. Il resto è un flop generale: 2 successi (quelli indicati) addirittura per tutte e tre le Reti e 14 insuccessi (9 per Rai Uno, 3 per Rai Due e 2 per Rai Tre: Non sparate sul pianista, È stato solo un flirt, Mi gioco la nonna, Socrate il merito in tv, Un amico è così, Me lo dicono tutti, Punto su di te, Star Academy, Eva, Italia Coast2Coast, Robinson e Nanuk). Occupata militarmente da Porta a Porta la seconda serata di Rai Uno, degli 8 programmi di Rai Due solo 1 arriva al 5% (le 9 serate di Massimo Ghini con Delitti Rock); dei 4 nuovi programmi di Rai Tre, soltanto 2 titoli (Cosmo con Barbara Serra e Debora Villa con Lilith) arrivano al 6%; appena sotto (al 5,8%) il molto discusso Fabio Volo. Parla con me nella scorsa stagione aveva un ascolto di 1 milione 300 mila e lo share dell’ 8,1%.

Complessivamente questa situazione ha portato il gradimento a livelli preoccupanti. Mancano progetti e artisti sui quali costruire favole e sogni del nostro tempo come si faceva una volta. Si è sperperata un’esperienza e un talento tutto italiano, ci si è ridotti a essere un porto franco della distribuzione internazionale. Sarebbe necessario pensare prodotti di prima serata di un genere diverso dallo spettacolo. Ma nessuno li pensa.

La seconda questione: non esiste più la seconda serata, dapprima divorata dagli spettacoloni della fine anni ‘80 e primi anni ‘90 che, costando cifre folli, venivano spalmati sulla seconda serata per ridurne il costo a ora. Oggi la situazione è diversa. Credo che in tutto l’Occidente non esista una televisione che abbia affidato a un unico giornalista (Bruno Vespa), per quanto bravo, lo spazio (in autunno, inverno, primavera ed estate) di una riflessione o di un approfondimento sui temi più stimolanti che riguardano la nostra società, l’Europa, il mondo.

La seconda serata di Rai Due praticamente è un disastro, quella di Rai Tre è troppo di nicchia. È servizio pubblico questo? Mentre Celentano annuncia il live del suo disco con due serate dall’Arena di Verona su Mediaset, la presentazione del palinsesto autunnale mostra tutta intera la crisi ideativa dell’Azienda di Viale Mazzini. Come scrive Molendini sulle pagine de Il Messaggero, la strategia della Rai, di fronte alla crisi, sembra essere quella dell’insistenza: Conti, Clerici, Vespa (quattro volte con licenza di prima serata il mercoledì) i contenitori di Uno Mattina, La Prova del Cuoco, La Vita in Diretta, L’Eredità, Radio Londra, Affari Tuoi, Domenica In con Giletti e Cuccarini. L’evento è Fabio Fazio a Sanremo (novità assoluta nel 1999 e nel 2000) per un Festival allegro e narrativo (l’ha detto lui) e anche al lunedì con Che tempo che fa, per dare spazio a Saviano. Degli spettacoli previsti, dopo la figuraccia appena conclusasi… meglio non parlarne per ora.

 

Mario Maffucci

 

(Nella foto Bruno Vespa)


RILEGGI LA PRIMA PUNTATA: e dopo gli ascolti stellari dell’Europeo di Calcio e delle Olimpiadi di Londra, cosa rimarrà della programmazione Rai? L’autore propone al nuovo CdA che l’Azienda di Viale Mazzini riconquisti la sua “mission” culturale e sociale, smarrita da troppi anni.

 

RILEGGI LA SECONDA PUNTATA: oggi la Rai non è più vissuta dalla gente comune come televisione di Servizio Pubblico. L’azienda di Viale Mazzini ha tra l’altro una struttura superata in reti e telegiornali.