Pubblicato il 14/05/2012, 13:31 | Scritto da La Redazione

GIOELE DIX: «ZELIG? FA BENE A PRENDERSI UNA PAUSA, TRA I GIOVANI PROMUOVO I SOLITI IDIOTI»

L’attore milanese, in prima serata su Comedy Central (canale 122 di Sky) venerdì 11 maggio con il suo “Dixplay”, ha raccontato a TVZOOM le novità che lo riguardano e ha detto la sua sulla situazione televisiva italiana.

Dixplay, novanta minuti di spettacolo, come durante una partita di calcio. Gioele Dix ne è a un tempo arbitro, goleador, portiere, in uno show da lui fortemente voluto, portato in scena dal 2010 per i teatri di tutta Italia assieme al compositore Roberto “Bebo” Baldan e al regista Giancarlo Bozzo. Venerdì 11 maggio è approdato in prima serata su Comedy Central (canale 122 Sky), in una versione capace di sintetizzare al meglio gli aspetti poliedrici della sua vis comica. «Caleidoscopici», puntualizza l’attore, da sempre in grado di abbracciare un genere, smontarlo e ricrearlo partendo dagli stilemi classici della recitazione.

Gioele, Dixplay a teatro è stato un successo. Che cosa si aspetta dalla serata televisiva?
«Lo spettacolo ha funzionato perché ha portato in scena pochi elementi ma molte idee. È un’idea che ho sviluppato nel 2010, quella di mettere in scena tutti i personaggi interpretati nel corso della mia carriera. In particolare, per il pubblico televisivo c’è l’opportunità di conoscere anche quei personaggi noti soprattutto al mio pubblico teatrale. Oltre ai miei cavalli di battaglia, come l’automobilista incazzato, che quest’anno ho riproposto anche a Zelig».
Quali sono i tratti distintivi del suo one man show?
«Io coltivo da sempre il gusto del paradosso, dell’estremizzazione anche grottesca per ironizzare su una mania, su un luogo comune. I personaggi che interpreto hanno caratteristiche diverse, ma sono legati da questo filo conduttore. E poi, a me piace molto la ricerca linguistica, l’uso del linguaggio per forgiare la personalità comica. Credo che i comici spesso parlino delle stesse cose: la chiave giusta è trovare un gusto, un modo di raccontarle, queste cose. Trovare uno stile. Io cerco di scavare in profondità nell’uso delle parole senza essere mai convenzionale».
A quale personaggio è più affezionato?
«All’automobilista incazzato, senza dubbio. È nato da un’intuizione, un giorno che mi trovavo in macchina. All’inizio avevo anche qualche remora a portarlo in scena. Mi domandavo sempre: “Ma verrà compreso? Ci capirà l’ironia alla base, o verrò scambiato davvero per un fanatico nazista?”. A poco a poco, ho visto che alla gente piaceva. A lui devo la svolta della mia carriera, i primi contatti con la televisione.
E poi il personaggio del professore argentino che odia gli sport e ne dice peste e corna con la stessa grinta che impiegherebbe se dovesse promuoverli. Una volta, mi è capitato di farlo davanti a una platea di calciatori argentini che non hanno capito l’ironia quando gridavo “Lo sport è da decerebrati”».
Gioele Dix odia gli sport?
«Al contrario. Praticavo lo sci, ora non posso per problemi fisici. Però, se ci pensi, l’agonismo esasperato conduce a infortuni più o meno gravi. Il paradosso nasce da lì». 
Il professore argentino è ispirato a qualche personaggio reale?
«A un mio amico argentino, psicanalista, che di recente è mancato. Parlava un italiano perfetto, con un utilizzo di vocaboli anche superiore all’italiano medio. Però aveva mantenuto il suo accento, lo rendeva strambo e formidabile nel coniare neologismi».
A proposito di automobilista incazzato: quest’anno lo ha riproposto a Zelig. Che ne pensa di quest’ultima edizione?
«Non sono d’accordo con chi sostiene sia stata un’edizione meno convincente. Semplicemente, si è esaurito un ciclo. Gino e Michele lo hanno capito e hanno annunciato una pausa fisiologica per ripensarlo. Magari reinventando la location, cambiando alcuni meccanismi. Normale che succeda, dopo tanti anni. La loro intelligenza sta nell’averlo capito. Non è facile, anche per chi è bravo, comprendere quando è il momento di staccare un poco. Un maestro in questo è Renzo Arbore. Il suo Indietro Tutta, per esempio, poteva andare avanti per altre edizioni. Lui, addirittura, si è sempre fermato fin troppo presto».
Oltre al Gioele Dix di Zelig, ho in mente anche il periodo di Mai dire gol: lei, Crozza, De Luigi, la Gialappa’s. Esiste ancora speranza che la tv possa inventarsi spazi per una comicità così innovativa e brillante?
«Ricordo quel periodo con piacere. Il gruppo di lavoro di Mai dire Gol era speciale. Se dovessi citare qualche emergente convincente, potrei dirti I soliti idioti. Anche loro, come del resto la Gialappa’s, pensano in un’ottica televisiva. Hanno iniziato senza pretese, divertendosi. E hanno saputo creare una comicità incisiva e di talento».
Esiste una ricetta per emergere?
«Fare ridere. Che, detta così, vuol dire tutto e niente. Non c’è un criterio universale per tutti. Ti posso dire che io, per le ultime edizioni di Zelig, ho scritto circa 65 monologhi nuovi assieme al mio autore. Siamo complementari, sappiamo che cosa deve esserci alla base per funzionare. Però poi, il segreto di un’idea vincente, non è mai uguale. Un po’ come la serata di un comico. Ogni performance è sempre differente».
Che cosa è stato decisivo per la carriera di Gioele Dix?
«L’aver avuto come maestro Franco Parenti, a cui è stato dedicato un teatro a Milano. Lui partiva dalla parola e scavava in profondità. Alle volte non superava la soglia del convenzionale, ma era un grandissimo maestro. Con lui ho messo in scena, agli esordi, due spettacoli di Moliere».
Una soddisfazione di carriera?
«Aver fatto un monologo in una piazza di una città ligure, davanti a 4000 persone, all’aperto. Non volava una mosca, erano tutti attentissimi. Riuscivo a sentire persino il suono delle onde del mare».
Che fine ha fatto il Gioele Dix romanziere? E il Gioele Dix attore di fiction, sullo stile delle puntate pilota di Olimpo Lupo?
«Il romanziere ha un’idea per un prossimo libro, dopo Si vede che era destino (Mondadori). Ci devo lavorare, però. Mi fa piacere tu abbia citato Olimpo Lupo, era un progetto che poi Mediaset ha accantonato per dar spazio alla Dottoressa Giò. Ti dirò, non ho grandi esigenze di fare fiction, a meno che non mi venga proposta una parte stimolante. Forse qualcosa bolle in pentola in quel senso, ma è presto per dirlo. Alla mia età, non ho più esigenze da protagonista, posso permettermi di scegliere anche ruoli da comprimario. Un po’ come fa Dustin Hoffmann, anche se io non sono Dustin Hoffmann».
A breve, ci sarà qualche novità?
«A breve curerò la regia dello spettacolo di Maurizio Lastrico, altro comico emergente di Zelig. Ha lavorato con me nel Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, ripensato in chiave comica. Ci siamo trovati bene e ho deciso di aiutarlo nella realizzazione del suo show teatrale».
 
Gabriele Gambini
(Nella foto Gioele Dix)