Pubblicato il 26/03/2012, 10:37 | Scritto da La Redazione

LA FALLIBILITÀ DELL’AUDITEL E DI TWITTER

LA FALLIBILITÀ DELL’AUDITEL E DI TWITTER
Su “QN Quotidiano Nazionale”, Pupo spiega il suo rapporto con i dati d’ascolto e con l’opinione pubblica espressa dai social network. QN Quotidinao Nazionale, pagina 22, di Pupo Parola di Twitter Si discute molto di twitter. Anche io cinguetto e mi pare divertente e persino liberatorio, ogni tanto e quando ho tempo, comunicare qualcosa o […]

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Su “QN Quotidiano Nazionale”, Pupo spiega il suo rapporto con i dati d’ascolto e con l’opinione pubblica espressa dai social network.

QN Quotidinao Nazionale, pagina 22, di Pupo

Parola di Twitter

Si discute molto di twitter. Anche io cinguetto e mi pare divertente e persino liberatorio, ogni tanto e quando ho tempo, comunicare qualcosa o dire quello che si pensa a un mondo esterno. Il problema, secondo me, non è twitter ma proprio il mondo esterno. Basta seguire i cinguettii che si susseguono durante alcune trasmissioni televisive. A volte stroncano senza pietà dei programmi, sentenziano senza appello che si tratta di idiozie e che la gente sta spegnendo il televisore, salvo poi essere smentiti il giorno dopo dai numeri dell’Auditel che decretano il successo clamoroso del programma in questione.

Già, l’Auditel, quel mezzo che, malgrado gli anni che passano, non ha mai convinto del tutto e che si porta dietro il sospetto che difficilmente, così com’è strutturato, possa essere qualcosa di cui tutti si possano fidare ciecamente. Come il televoto, di cui sono ormai un grande esperto dopo le polemiche del mio Sanremo e che, ormai, è nell’occhio del ciclone. Twitter, Auditel e televoto sono tutte espressioni di qualcosa che spacciamo per mezzi rappresentativi ma che, temo, non lo siano affatto. In un mondo ipertecnologico questo è davvero inconcepibile. È possibile controllare qualsiasi parola e movimento che facciamo e non si riesce a trovare dei mezzi davvero rappresentativi dell’opinione pubblica di cui tutti possano fidarsi. E così bastano due o tre cinguettii su twitter per far credere che tutti la pensino in quel modo.

Forse è un problema di volontà, come per la moviola in campo: se ancora oggi si discute su come sia possibile che un arbitro non veda quello che vedono 20 milioni di telespettatori l’unica spiegazione è che la moviola in campo non vogliano metterla.