Pubblicato il 16/02/2012, 15:55 | Scritto da La Redazione

ELIANA MIGLIO: «IL PARANORMALE FA PAURA, MA LA CRISI ANCORA DI PIU’»

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L’attrice, protagonista del film “Presagi”, diretto da Lamberto Bava, una delle pellicole proposte da Canale 5 a partire dal 22 febbraio per il ciclo “Sei passi nel giallo”, rivela a TVZOOM le sue impressioni sulla prossima stagione televisiva e sulle sue prospettive di carriera.

Eliana Miglio in tre definizioni. Arti-stocratica. Perché, nonostante ribadisca che «L’attore è un artiere», riesce sempre a volare alto mantenendosi delicata e ricercata. Istintiva. Perché per lei il paranormale è la porta aperta sull’inconscio, un modo per scoprire se stessi. Consapevole. Come i tratti distintivi del territorio in cui ha le sue radici, quel Lago Maggiore che calamita le pulsioni di chi sa comprenderlo attingendo forza vitale con piglio da rabdomante. Surfando sulle onde della… messa in onda. Attrice di cinema in pellicole dirette, tra gli altri, da Pupi Avati e Ettore Scola, attrice di fiction, autrice del romanzo La grande invasione delle rane (Fazi), Eliana oggi compie “Sei passi nel giallo” (questo il nome del ciclo di sei film tv inediti e autoconclusivi proposti da Canale 5 a partire dal 22 febbraio, per declinare il brivido in tutte le sue sfumature) e un tuffo nel passato, tornando a lavorare con un maestro della tensione come Lamberto Bava. In Presagi, co-produzione italo-americana girata a Malta, Eliana sarà a fianco di Andrea Osvart. Un presagio di successo, in una fiction che, dice lei, «Fa veramente paura, io stessa mi sono spaventata nel rivederla».
Eliana, lei crede al paranormale, argomento portante di Presagi?
«Se per paranormale si intende rapportarsi con le proiezioni dell’inconscio, con i viaggi onirici e i fantasmi della nostra mente, sì. Se lo si banalizza a magia o cose simili, non mi interessa. Tutti noi abbiamo bisogno di riscoprire quel sesto senso che ha sempre accompagnato l’uomo nella sua storia, ma che ultimamente è stato accantonato. In una fiction “di genere”, tornata in voga anche grazie agli USA e alle produzioni estere, il paranormale è stimolante se funzionale a raccontare qualcosa». 
C’è chi dice che la riscoperta del genere mystery sia un modo per esorcizzare i fantasmi della crisi contemporanea trovando appigli inconsueti, quasi dei rifugi per l’anima…
«Magari, se bastasse questo a fermare la crisi, ben venga! Io la penso così: “Presagi” è un film che fa davvero paura, ma a me spaventa di più vedere la fila di persone davanti alla ricevitoria del Lotto, intente a seguire un sogno quasi irrealizzabile».
Chiarissimo. Quanto a Presagi, lei è tornata all’ovile, lavorando con Lamberto Bava.
«Ho lavorato con Lamberto già due volte nel passato, i primi film della mia carriera ai quali ho partecipato, li ha diretti lui. È un vero maestro, la persona adatta a portare novità, qualità e sperimentazione nel panorama fiction italiano, evitando l’appiattimento. Il film è stato girato a Malta, abbiamo girato in inglese, si tratta di una co-produzione».
Che ruolo avrà nella fiction?
«Sarò un’amica della protagonista, interpretata da Andrea Osvart. Sarò una donna misteriosa, sulle prime dall’attitudine quasi oscura, ma buona, positiva. Anziché tenere i miei classici capelli biondi, ho scelto di farmeli rossi, per dar forza al personaggio. Sono convinta che “Presagi” piacerà molto alle donne. Nella storia si parla di bambini scomparsi e di una donna, coinvolta in prima persona nella vicenda, che scopre di avere poteri medianici. La sensibilità del lato materno verrà toccata nelle sue corde profonde».
A proposito di corde profonde: nel suo modo di recitare si coglie un mix di forza scenica e di introspezione quasi malinconica.
«Merito della mia indole nordica. Mia mamma è di origini lituane, mio padre è milanese e ha sempre vissuto nel varesotto. Io stessa ho trascorso la mia infanzia a Luino, sul lago Maggiore, e sono legata al territorio. Recitando, si porta in scena sempre qualcosa di peculiare, un tratto distintivo. Il lago Maggiore porta con se profondità e poesia. Ora vivo a Roma, città che mi piace molto, lì c’è il mio aspetto più gioviale e diretto. Apprezzo registi come Pupi Avati e Ermanno Olmi, sanno cogliere appieno la forza di questi aspetti».
Luino ha dato i natali a grandi artisti come Renato Pozzetto, Massimo Boldi, Francesco Salvi, Enzo Iacchetti e al grande scrittore Piero Chiara. Lei ci ha ambientato anche un suo romanzo, giusto?
«Si intitola La grande invasione delle rane (Fazi), l’ho scritto di getto, sull’onda di un’urgenza che sulle prime non avrei pensato sarebbe sfociata in una pubblicazione. Mi piace pensare che sia il teatro del mio inconscio. Ecco, c’è qualcosa di paranormale nello scrivere, perché scaturisce da un bisogno istintivo. Nell’ultimo periodo, sto scrivendo ancora, chissà che non salti fuori un altro romanzo».
Lei è stata anche conduttrice, è una dimensione artistica congeniale?
«Ricordo con molto piacere il periodo di Tappeto Volante, a fianco di Luciano Rispoli. Fare la conduttrice è un modo per comunicare senza parlare di sé.  Però è più facile, rispetto alla recitazione. Preferisco fare l’attrice perché riesco a cogliere la dimensione artigianale del mestiere. L’attore è un artiere, ha bisogno di sentirsi parte integrante di un progetto, analizzandolo in profondità e diventandone il tramite comunicativo. L’ho imparato quando ho lavorato con John Jost».
A proposito di attori: suo figlio Andrea (nato dall’unione con il regista Marco Risi, nda), sta seguendo le orme materne.
«Mio figlio è molto bravo e sono felice che possa realizzarsi facendo ciò che gli piace. Però ormai è troppo cresciuto perché sia io a parlare di lui».
A quale progetto sta lavorando ora?
«Mi hanno sottoposto una sceneggiatura formidabile per il cinema, un progetto che seguivo da tempo e che quest’anno dovrei vedere finalmente realizzato».
 

Gabriele Gambini
 
(Nella foto Eliana Miglio)