Pubblicato il 24/12/2011, 13:21 | Scritto da La Redazione

CHIUSURA CENTOVETRINE: GENUARDI NON CI STA

alttvzoomscoop L’attore, dal 2001 tra i protagonisti della soap opera Centovetrine, con il personaggio di Ivan Bettini, critica la decisione di Mediaset di sospenderne le riprese e rilancia a TVZOOM:«Ha senso chiudere un prodotto ancora vincente?»

 

«Ha senso, in tempi di crisi, chiudere un prodotto ancora vincente per contenere il budget? Sarebbe come essere proprietari di una catena di supermercati e chiuderne uno che ti porta degli utili». È contrariato Pietro Genuardi, dal 2001 colonna portante di Centovetrine nel ruolo storico di Ivan Bettini, interpellato da TVZOOM a proposito della chiusura definitiva della soap opera targata Mediaset.

Il fantasma che si aggirava per Torino è giunto e ha abbassato la saracinesca sul centro commerciale più popolare del piccolo schermo, dopo 2500 puntate e numerosi record. «Oltre a uno share consolidato di tre milioni di spettatori», precisa Paola Bosani, responsabile dei contatti stampa per Mediavivere (casa di produzione Mediaset), «che non è bastato a far cambiare idea ai dirigenti della rete. Tutti i lavoratori della soap sono stati lasciati a casa dall’oggi al domani».

Dal 22 gennaio verranno fatti 3 o 4 tentativi di proporre le puntate restanti di Centovetrine in prima serata su Canale 5 (benché sia un prodotto pensato per la fascia pomeridiana, con tutte le differenze del caso), ma non saranno effettuate nuove riprese. E non è finita. La stessa sorte potrebbe presto toccare a Distretto di Polizia. Problemi di budget, si dice.
Genuardi, è la fine di un’era o un buon successo nel prime time potrebbe far cambiare idea ai dirigenti Mediaset?
«Non sono un manager ma spero ci siano margini. Più di 200 lavoratori sono stati lasciati a casa senza alcun preavviso, senza uno scivolo che attutisse il contraccolpo della perdita di lavoro. Parlo anche di noi attori. Centovetrine funziona, abbiamo uno share consolidato nel primo pomeriggio di 3 milioni di spettatori e mi risulta costi meno di quanto faccia guadagnare. La prima serata implica un linguaggio e una prospettiva diversi ma, non avendo la possibilità di girare nuovamente le puntate, diventerà importante il montaggio, il tentativo di adeguarsi a un orario differente».
Eppure la notizia della chiusura circolava da qualche tempo…
«La sospensione era inevitabile? Bene, che si portasse a compimento almeno la storia, realizzando puntate conclusive a giustificazione della sceneggiatura e consentendo ai lavoratori di organizzarsi per tempo. Ci tengo a sottolineare un fatto: la notizia dello stop è giunta il 21 dicembre, senza preavviso, eppure tutta la produzione ha continuato a lavorare portando a compimento l’accordo con il committente. Io non credo al “mors tua, vita mea”, specie nel lavoro. Si è smarrita la fondamentale sensibilità etica. Al giorno d’oggi, tutto è finalizzato all’idea di guadagno iniziale, tutto è dovuto solo finché si produce un reddito pianificato»
Le produzioni italiane sono a rischio, in questo periodo?
«La crisi c’è, ci sono meno soldi e noi non produciamo pane. In Italia però, la prospettiva culturale andrebbe modificata. Per esempio: film italiani vincono premi Oscar e non ci sono incentivi alle produzioni, la nostra lirica viene elogiata ma i finanziamenti vengono ridotti. Diceva Bacon: “Il denaro è come il letame, affinché sia produttivo, è bene che sia sparpagliato”. Le eccellenze vanno premiate, ma devono esserci possibilità alla portata di tutti».
Anche per la tv, si dice che non sempre i talenti vengano incentivati. In passato, si dava la colpa ai reality.
«Quello è un genere di tv che non mi interessa. Non bisogna mischiare le mele con le pere. Certo, anche Centovetrine potrebbe essere criticata da chi fa cinema d’autore. Però, come attore, io porto nel lavoro una professionalità, un talento. So fare qualcosa. Nei reality prevale la spettacolarizzazione.
Tra i programmi recenti, mi sono piaciute molto le serate di Fiorello e di Zalone. Un tipo come Fiorello, ha lo spettacolo nel sangue, il fuoco sacro della rappresentazione»
E Pietro Genuardi, che farà dopo Centovetrine?
«Vedremo. Valuterò. Anch’io, in fondo, sono stato lasciato a casa dall’oggi al domani. Il sogno nel cassetto è portare a teatro “Il mercante di Venezia”, realizzandolo secondo una mia personale idea. Ma è ancora presto».
E se domani la chiamassero per l’Isola dei Famosi?
«Ci andrei, se il compenso fosse alto. Come dicono a Roma: “Io ce vengo ma me devi fà ride molto”».
 
 
Gabriele Gambini

 

(nella foto: Pietro Genuardi)