Pubblicato il 02/12/2011, 16:33 | Scritto da La Redazione

“IL DELITTO DI VIA POMA”, PIU’ VERITÀ CHE FICTION

{Summary} Martedì prossimo arriva su Canale 5 la fiction sul delitto di Via Poma, diretta da Roberto Faenza. Tra polemiche e ricostruzioni, il film tv mette in evidenza i gravi errori durante l'indagine e lancia sospetti sui servizi segreti.{/Summary}

Accusa un po' tutti, Roberto Faenza, regista del film-tv Il delitto di Via Poma, in onda martedì in prima serata su Canale 5. Ce l'ha con i magistrati che «invece di aiutarci a far luce sulla giustizia, hanno voluto impedircelo», se la prende con la polizia incapace di portare avanti un'inchiesta in cui «un reggiseno è stato buttato in una scatola per vent'anni senza che nessuno pensasse che potesse essere una prova, anche nel caso di Meredith girava tutto intorno a quell'indumento intimo, stì reggiseni continuano a vagare per il Paese». Si scaglia contro la giustizia «la vera colpevole in tutto il caso». Bastano queste dichiarazioni per capire che l'omicidio di Simonetta Cesaroni, assassinata nell'agosto del 1990 mentre lavorava nel suo ufficio di Via Poma a Roma, è e resta una ferita ancora aperta nella storia della giustizia del nostro Paese, nonostante la III Corte D'Assise di Roma abbia già trovato un colpevole: il fidanzato di allora, Raniero Brusco, condannato a 24 anni di reclusione. Il 5 dicembre il processo tornerà in aula, di fronte alla Corte d'Appello che ha disposto ulteriori perizie.

Il giorno dopo Canale 5 trasmette la fiction, voluta e pensata da Pietro Valsecchi, il produttore da sempre convinto che la cronaca si debba sposare con la tv. Una messa in onda quanto meno tempestiva. Sospetti di speculazioni? «In America vanno di moda i cosidetti instant movie –ricorda il responsabile della fiction Mediaset Giancarlo Scheri – Questo film era pronto adesso e ci è sembrato giusto proporlo in questo momento di stretta attualità». «E poi scusate – insiste Faenza – perché Bruno Vespa può farlo a Porta a Porta e noi no?»

L'idea di realizzare questo film, Valsecchi l'ha avuta nel maggio scorso, le riprese sono andate avanti durante l'estate, poi il legale di Raniero Busco, che pure dal film non ne esce come il colpevole, ha cercato di bloccarne la messa in onda. «È vero – conferma Valsecchi – c'è stata una richiesta per bloccarlo perché l'avvocato era preoccupato. In Italia esiste il diritto di cronaca e nessun film è stato mai bloccato, quindi noi andremo in onda».

Nella fiction non c'è nulla di non detto: si fanno nomi e cognomi, da quello di Pietrino Vanacore, portiere dello stabile morto suicida, a quello di Salvatore Volponi, datore di lavoro di Simonetta, tutti pezzi di un puzzle in cui nessuno è innocente, nonostante nessuno sia il vero colpevole. A tenere le fila del racconto è l'ispettore Niccolò Montella, interpretato da Silvio Orlando, l'unico personaggio di fantasia del film che  l'attore descrive così: «Il mio ispettore rappresenta la voce della gente, racchiude i dubbi che ciascuno si è posto in questi 20 anni». Orlando ha accettato subito di far parte di questo film tv scomodo, pronto a non solo a mostrare la totale inefficienza delle indagini, ma anche a ipotizzare l'esistenza di servizi segreti e coperture ad alti livelli per depistare le indagini. «Nella vita mi sono sempre trovato al centro di grandi casini – scherza l'attore – Apprezzo il coraggio di Faenza di fare nomi e cognomi. Io questo coraggio non ce l'ho, forse perché ho letto "Il Castello" di Kafka da piccolo e mi ha influenzato molto. Al di là delle polemiche abbiamo raccontato un pezzo di Italia che poi  è sempre la stessa, con la sua sciatteria. Negli anni '90 andavano di moda i questori, ora i Ris, ma alla fine sbagliano entrambi». 

Ad aiutare Faenza nella realizzazione del film è stata soprattutto Paola, la sorella di Simonetta, da sempre lontana dal clamore mediatico. «Senza di lei – ammette il regista – non avremmo potuto raccontare l'aspetto umano della ragazza e della sua famiglia. Noi non abbiamo inventato nulla, ci siamo attenuti agli atti processuali e forse abbiamo avuto una visione migliore rispetto a quella dei magistrati che nel processo in primo grado si sono concentrati solo sul fatto che Busco fosse colpevole. Il processo di appello mette in discussione l'intera costruzione di quel primo grado. Sono convinto il colpevole sia qualcuno che va protetto, ma credo anche che questa storia non finirà mai».

Pur essendo una fiction Il delitto di Via Poma resta comunque un caso di cronaca, e nessuno, né il regista né il produttore, ha voluto sostituirsi alla giustizia. «Noi non possiamo trovare il colpevole – conclude Valsecchi – Raccontiamo soltanto una storia letta  dagli italiani sui giornali per vent'anni».

 

Tiziana Leone

 

(Nella foto Simonetta Cesaroni)