Pubblicato il 13/10/2015, 19:37 | Scritto da Gabriele Gambini

Andrea Fachinetti, ritirato da ‘Pechino’: “Ho rivalutato #lepersiane. Laura Forgia? Una persona splendida, ma ora c’è Martina”

Nel mondo ultra competitivo dello spettacolo, il rimorso non è uno stato d’animo. È proprio un morso. Un morso dato molte volte alla torta della popolarità. Nell’universo parallelo di Pechino Express, invece, ci sono eccezioni alla regola. Dunque Andrea Fachinetti non ha esitato un solo istante, nello spalleggiare la decisione di sua sorella, Naike Rivelli, di ritirarsi dall’adventure game di Rai 2 targato Magnolia. Senza rimorsi. «Grazie a quest’esperienza, ho scoperto lati di me che non credevo esistessero. Già questo è un regalo pazzesco», dice il concorrente della coppia #fratelloesorella. Ora è pronto a raccontarsi.

Un po’ le dispiace, di essere uscito. Lo confessi.

Mettiamola così: non siamo stati eliminati, siamo usciti per nostra scelta, dunque non abbiamo perso (ride, nda). In realtà, aver abbandonato prima della fine un po’ mi rode. Ma questo programma porta in dote così tanti regali, da rendermi lo stesso felice.

Parliamo di questi regali.

Il viaggio, qualcosa di bellissimo e divertente. Il fatto di essere concorrenti in una grande produzione in prima serata, che rende speciale il mestiere di chi lavora nell’intrattenimento. Poi ho scoperto lati del mio carattere che credevo inesistenti.

Tipo?

Credevo di essere una persona intollerante. Non perché di natura io sia scontroso. Però amo il mio microcosmo, la mia privacy e i miei spazi. Pensavo di non essere portato al contatto forzato con gli altri. Avevo chiesto a Naike di supportarmi, di darmi una mano a convivere con gli aspetti più duri dell’esperienza. Non solo mi sono trovato bene, ma mi sono anche messo alla prova con i miei limiti psicofisici. Sono diventato quasi un giornalista.

Un giornalista? Addirittura? Potrebbe non essere un titolo di merito…

Nel senso che ho vissuto la gara da un inedito punto di vista documentaristico (ride, nda).

Eppure, vista la complessità del percorso, ci saranno stati momenti di scoramento.

Quando ti ritrovi da solo nel bel mezzo delle Ande, non sei sempre al massimo della serenità. Ho vissuto una crisi di panico con problemi respiratori. Mi sono detto: “Stai a vede che sò venuto a morì in Perù”. Ma mi sono ripreso. Senza contare che la tv gioca sempre un filtro positivo nei confronti dello spettatore sulle difficoltà delle avventure mostrate.

Nel senso che in tv non si vede tutto ciò che accade?

No. Si vede, eccome. Ma, come dire, non lo si prova in prima persona. Da spettatore, il percorso di gara sembra più facile di quanto sia in realtà. Spesso ci siamo ritrovati a dormire in casa di sconosciuti, in ambienti non familiari. Abbiamo incontrato persone splendidre, ma, sulle prime, un po’ di diffidenza era inevitabile.

Via il dente, via il dolore: in precedenti interviste c’è chi non ha parlato bene degli #espatriati. Erano davvero antipatici?

Non lo dico per piaggeria, ma io mi sono trovato bene con tutti. Davvero. Il discorso degli #espatriati è particolare: hanno fatto una specie di viaggio a sé. Vincevano spesso le tappe, non c’erano molte possibilità di interagire con loro. Questo li ha resi distanti da certe dinamiche interpersonali. Quando però ho avuto modo di parlare con Kang, l’ho trovato educatissimo. Devo dire qualcosa anche sulle #persiane.

Ecco. Le #persiane. Altro pomo della discordia.

Sulle prime le ho fraintese. Lo ammetto. Alla partenza ci si ritrova tutti come in una bolla separata dal mondo. Capita di fraintendere un gesto, un commento, di mal interpretare le intenzioni di una persona. A me con loro è successo. Poi però ho scoperto che sono personaggi incredibili. Giulia è fantastica, Fariba è una donna dalla forza sovrumana, fisica e psicologica. In tutto quello che fa mette tanta passione. Mi fa scoprire una massima calzante.

La dica.

Siamo universi e coltiviamo moltitudini.

Una frase quasi da #illuminato, alla Yari Carrisi. A proposito. Tra Yari e sua sorella, anziché un’antipatia, è scattata una simpatia.

Yari mi è simpatico. Andavo a scuola con sua sorella, lo conosco da tempo. Mi fa piacere che si trovi bene con Naike. Fermo restando che lei è adulta e vaccinata e libera di fare tutte le scelte che ritiene opportune.

Anche lei è adulto e vaccinato. E un po’ di simpatia verso la #professoressa Laura Forgia, l’ha mostrata eccome.

Pechino Express racconta due mondi. Quello del set e quello del viaggio. Entrambi sono mondi esclusivi e gratificanti. Al loro interno, delle dinamiche scattano inevitabilmente. Con Laura è successo. C’è stato un avvicinamento profondo tra di noi. Lei è simpatica, spiritosa, con grande forza interiore. Ho preso una sbandata e ho combattuto con emozioni contrastanti.

Butto benzina sul fuoco. Non sarà stato anche perché Laura Forgia è una gran bella figliola?

Le #professoresse sono bellissime. Anche Paola Barale lo è, forse più di loro. Logico che un maschietto venga destabilizzato dalla loro aura. Ma con Laura era proprio scattato un feeling speciale. Ora sono tornato alla vita reale.

Nella vita reale c’è la sua fidanzata storica, Martina.

Con Martina ero assieme da 7 anni. Ci eravamo lasciati. Non voglio passare per opportunista, ho vissuto un’esperienza a Pechino Express, ma ora quel che conta per me è riallacciare i rapporti con lei.

Nella vita reale c’è anche sua madre, Ornella Muti. Mi dice il primo ricordo che ha di lei?

Il primo ricordo persiste in me con le sembianze di una consapevolezza vaga, perché ero molto piccolo: un Natale a casa nostra, all’Olgiata. C’era mio padre. Eravamo tutti riuniti in famiglia. Ricordo gli odori, i calori. Come se fossi ancora lì.

Come si sono sviluppate le dinamiche in un contesto familiare allargato e così importante?

Con semplicità. Nonostante sia nato in una famiglia agiata, sono felice di essere stato educato con alcuni valori fondamentali. Siamo stati viziati, ma nel contempo ci hanno insegnato la consapevolezza che non tutto ci fosse dovuto. Avevamo tre persone di servizio in casa, ma quando si trattava di sparecchiare o di aiutare, noi bambini venivamo coinvolti in prima persona. Sono aspetti determinanti. Ti insegnano a soppesare le cose. L’ho scoperto anche a Pechino Express.

Come l’ha scoperto?

Durante il tragitto, siamo stati aiutati da una donna che soffriva di una malattia molto grave. Ci ha detto: “Io non ho molto, dunque faccio quello che posso per aiutare voi”. Sembra retorico, ma, quando lo vivi, capisci davvero dove stanno le cose importanti.

Ora, dopo Pechino, che cosa inizia?

Bella domanda! Ho studiato da attore e il mondo dell’entertainment mi attira. Sto ragionando sulla direzione da dare alla mia strada. Pechino Express ha rimescolato le carte. Ho scoperto che il mondo dello spettacolo è bellissimo, ma il mondo reale lo è ancora di più.

Si possono abbracciare entrambi gli aspetti, volendo.

Conto di far così. Guardandomi dentro. Ho studiato produzione cinematografica, mi sono confrontato con il modo di lavorare dei set americani nelle vesti di assistente. Avevo un piccolo ruolo, decisivo però per comprendere l’approccio al mestiere in campo internazionale, più rigoroso di quello italiano. Resto però convinto che l’Italia, specie nel cinema, non sia seconda a nessuno. Abbiamo insegnato noi molte cose agli americani, in passato. Abbiamo talenti da valorizzare che non hanno niente da invidiare a quelli d’oltreoceano. Penso a nomi come Elio Germano.

Cercherà di dare un suo piccolo contributo, insomma.

Il mondo dello spettacolo ti può costruire e distruggere in pochi attimi. Ma, ricordiamolo, è solo entertainment. Non si sta salvando il mondo. Dunque continuerò il mio percorso con la leggerezza di chi è consapevole di ciò.

 

Gabriele Gambini
(Nella foto Andrea Fachinetti e la sorella Naike Rivelli)