Pubblicato il 09/11/2012, 14:30 | Scritto da La Redazione

VITA, MORTE E MIRACOLI DI “BLOB”

VITA, MORTE E MIRACOLI DI “BLOB”
Il nostro blogger-verificatore racconta la storia del programma di Rai3, dagli esperimenti cinematografici degli anni ’60-’70, a “Telecomando” di Tatti Sanguineti, fino all’avvento di Youtube, che ne ha decretato la fine. Se vogliamo trovare la data simbolica della «morte» di Blob, probabilmente è il febbraio 2005, quando Chad Hurley, Steve Chen e Jawed Karim fondarono […]

Il nostro blogger-verificatore racconta la storia del programma di Rai3, dagli esperimenti cinematografici degli anni ’60-’70, a “Telecomando” di Tatti Sanguineti, fino all’avvento di Youtube, che ne ha decretato la fine.

Se vogliamo trovare la data simbolica della «morte» di Blob, probabilmente è il febbraio 2005, quando Chad Hurley, Steve Chen e Jawed Karim fondarono YouTube, la più popolare piattaforma sociale per scambiarsi i video. Da allora il «programma di sopravvivenza umana», nato nel lontano aprile 1989 e ideato – ma forse no, come vedremo tra breve – da Enrico Ghezzi e Marco Giusti, ha poco senso perché YouTube ha di fatto legittimato, come Napster aveva fatto con la musica, il mashup, ovvero il libero e anarchico riutilizzo e rimontaggio di oltre un secolo di immagini cinematografiche e di mezzo secolo di clip televisive provenienti da tutto il mondo.

Una pratica selvaggia che ha intaccato per sempre il concetto di copyright e ristabilito ancora una volta il primato dell’immagine sulla parola, nell’ambito del web, a discapito di chi sosteneva che i blog pensati, scritti e postati sarebbero stati la nuova biblioteca di Babele. Poi è venuto Wikipedia, che ha definitivamente azzoppato la verifica dei fatti e delle fonti, degradando per sempre il mestiere di giornalista a quello di impiegato dedito al copia-e-incolla e qualche-telefonata-ma-se-proprio-necessaria.

Se per Umberto Eco la troppa informazione non filtrata è la nuova forma di censura esercitata dai mass-media, soprattutto nei confronti di chi si accontenta dei primi sette canali tv nazionali, la free press e la prima pagina dei risultati di Google, fortunatamente sono sempre di più anche quelle minoranze di curiosoni che sanno filtrare le notizie e confrontare più fonti. Cosa c’entra tutto questo con Blob e l’arte tutta italica del «campare di rendita»? Lo vediamo subito.

In principio fu l’arte del montaggio subliminale. Senza andare troppo a ritroso citando gli esperimenti dei cineasti russi Pudovkin e Einsenstein, il punto di partenza del montaggio anarchico furono sicuramente gli esperimenti  di Tinto Brass e Kim Arcalli in alcuni lavori commissionati proprio da Umberto Eco per la Triennale di Milano a metà dei Sessanta. Né va dimenticato, in tale ottica, l’uso innovativo del montaggio a stacco dei cosiddetti shockumentaries, ovvero i documenti a base di immagini raccapriccianti lanciati con il film manifesto Mondo Cane di Gualtiero Jacopetti nel 1961.

Nei Settanta si ricordano i corti di Gioia Fiorella Mariani, che si divertiva ad assemblare per associazioni e distorsioni materiali di repertorio storico sul tema della perdita d’identità dell’uomo moderno. La manipolazione delle immagini e dell’audio in chiave ironica farà invece capolino per la prima volta nel film di montaggio Forza Italia, diretto da Roberto Faenza e scritto da Carlo RossellaAntonio Padellaro nel ’77. In questo documentario si celebrava il de profundis dei primi 30 anni di potere della Dc e per questo motivo il film fu presto ritirato dalle sale perché uscì a ridosso del rapimento di Aldo Moro. Ripescato qualche anno dalla Rizzoli per un cofanetto libro+dvd, il documentario denuncia oggi tutti i suoi limiti, ma non sorprende che all’epoca fu considerato uno strappo al conformismo.

L’evoluzione tecnologica dei formati di ripresa, registrazione e montaggio permettono negli anni ’80 di fare magazzino e di poter per la prima volta riutilizzare in forma creativa le immagini di repertorio a costi ridicoli, senza passare più attraverso la moviola e la pellicola. Rai3 nasce nel 1979 e per statuto avrebbe dovuto essere la rete federalista dell’ente di Stato. Di fatto fu tenuta a bagnomaria sino a quando non se la pappò ufficialmente il Pci nel 1987 nell’ambito del famoso baratto tra Dc-Psi e i comunisti (su tutti Giorgio Napolitano e Walter Veltroni) che promisero di lasciare in pace Berlusconi in cambio del controllo di una rete, la terza appunto.

L’intellettuale Angelo Guglielmi fece il resto, dando alla luce a un modello di tv forse ancora ineguagliato per ricchezza e diversità di artisti, programmi e filoni televisivi. Tra questi si cita sempre Blob come uno di quelli più importanti e in effetti lo fu, soprattutto per chi come me era adolescente e subì uno shock vedendo il logo di Canale 5 e di una miriade di tv locali su una rete Rai.

Controversa, tuttavia, è sempre stata la paternità del fortunato programma. Il primo ad attribuirsi l’idea fu Luciano Casasole, un architetto di Fossano (Cuneo) che negli anni ’70 realizzò il prototipo in radio in compagnia di Dino Verde e Maurizio Costanzo, proponendo un montaggio a base di «gag», ricavate dopo ore e ore di paziente ricucitura. Casasole fece di tutto per dimostrare il plagio, arrivando a sfidare nei primi anni ’90 i dirigenti Rai, ma poi non se n’è saputo più nulla. Di Casasole si occupò anche Francesco Storace, quando era presidente della commissione di vigilanza Rai, scrivendo nel 1995 all’allora presidente Enzo Siciliano, chiedendogli «se è vero che c’è un tale che ha inventato Blob ben prima che l’idea venisse al figlio del dottor Guglielmi».

Il figlio di Guglielmi? In realtà, il primo programma in stile Blob dal titolo Telecomando fu realizzato dalla cosiddetta «mafia ligure», Mimmo Lombezzi e i due cine-critici Alberto Farassino e Tatti Sanguineti, per la sede regionale della Lombardia nel 1981. Del brain trust ligure entreranno a far parte in seguito anche Carlo Freccero e Fabio Fazio. Telecomando non si limitava ad assemblare il materiale di repertorio, ma prevedeva anche l’irruzione di dettagli ripresi ad hoc che arricchivano il montaggio in chiave ironica: in questo video potete vedere addirittura due «fette», cioè un paio di piedi e una mano che entrano in campo per protestare contro il presentatore noioso o per nascondere un paio di tette troppo in anticipo sui tempi. Poco conosciuto ma più ironico e sfrontato è invece il montaggio in perfetto stile «Blob della maturità» dell’episodio Domenica in contenuto nel film Sesso e volentieri di Dino Risi del 1982, visibile sempre nella stessa clip di Telecomando.

A Casasola quelli della Rai dissero: «Le affideremo rubriche, impegni e riconosceremo anche sui titoli di coda di Blob che il programma è nato da una sua idea». All’ex premiata ditta Ghezzi&Giusti, Guglielmi disse di andare avanti e da allora ne hanno fatta di strada, accumulando incarichi festivalieri, prefazioni, premi e persino la consacrazione popolare per Ghezzi attraverso ben tre imitazioni, che lo sfottevano per il suo proverbiale fuori sinc: Francesca Reggiani in Avanzi, Adolfo Margiotta in Ciro presenta Visitors e Corrado Guzzanti nella variante di Lorenzo nel Caso Scafroglia.

Davvero niente male per Ghezzi, che continua stancamente a trascinare trolley per andare a pensosi convegni e festival sulle videoarti, se non è disponibile Carlo Freccero, mentre per Giusti che non si capisce perché è tuttora dirigente Rai sicuramente è tutto suo e di nessun altro il merito di aver fatto credere ad adolescenti “sciallati” che W la foca è davvero un cult, a maggiore ragione se allegato all’autorevolissimo mensile Ciak. Marco Giusti è anche apparentato con Oscar Mammì, il famoso estensore o per alcuni il semplice firmatario della legge che legittimò le tre reti di Berlusconi nel 1990. Per molti maligni, questa parentela – Giusti ha sposato la figlia di Mammì – consentì a Blob di sopravvivere i primi tempi, nonostante fosse ed è tuttora tecnicamente un programma illegale perché mostra immagini protette da copyright. Non fu l’unico programma a rischiare la chiusura per questo motivo. I soliti maligni insinuarono infatti che ci fu un accordo sottobanco Rai-Mediaset: «Noi lasciamo stare Blob e voi lasciate stare Striscia».

 

twitter@LucaMartera

 

(Nella foto la sigla di Blob)