Pubblicato il 02/10/2015, 11:34 | Scritto da La Redazione
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Mannoni: “Non vedo nessun editto. I 3 Tg nati con Ceausescu, uno basta”. Sciarelli: “Strano, se la prendono soltanto con Rai”

Mannoni: “Non vedo nessun editto. I 3 Tg nati con Ceausescu, uno basta”. Sciarelli: “Strano, se la prendono soltanto con Rai”
Il giornalista di Rai 3: “Anzaldi? Nulla che non si sia già visto. Renzi vuole davvero riformare la Rai”. Mentre secondo la conduttrice di “Chi l’ha visto?” bisognerebbe analizzare i dati d’ascolto con occhio diverso.

Rassegna stampa: Corriere della sera, pagina 10, di Giovanna Cavalli.

Non vedo nessun editto bulgaro. I tre tg nati con Ceausescu, uno basta”

Mannoni: Anzaldi? Nulla che non si sia già visto. Renzi vuole davvero riformare la Rai.

«E che le devo raccontare?»

Un sacco di cose. Cominci a dirmi che ne pensa dell’«editto Anzaldi», ovvero che a Rai 3 non si è capito chi comanda.

«No, guardi, io l’editto bulgaro di Berlusconi l’ho vissuto sulla pelle ed era un’altra cosa. Lì c’era un presidente del Consiglio che chiese la testa di alcuni giornalisti e la ottenne».

E qui no? Le sedie di Bianca Berlinguer al Tg3 e di Andrea Vianello a Rai 3 non sono mica tanto salde.

«La vicenda è sconfortante, ma in fondo che sarà successo mai? Un componente della Vigilanza che parla e la fa un po’ fuori dal vaso, poi nemmeno tanto. Si agitano troppo».

Maurizio Mannoni, 58 anni, conduce Linea Notte sulla terza rete. Entrò a Viale Mazzini nel 1986, era uno dei Curzi boys dello storico Tg3, noto come Telekabul. Quando si parla dei candidati alla prossima direzione, il suo nome ricorre spesso.

Sembra tenero con il «grande accusatore». Niente niente siete amici?

«Ci conosciamo da una vita, da quando era portavoce di Rutelli. Ci incontriamo spesso sotto casa mia alla Balduina, a passeggio con i cani. Sarò un fesso, però credevo nell’alba di una nuova Rai. Nulla però che non si sia già visto».

Il premier Matteo Renzi, intervistato proprio al Tg3 dalla Berlinguer, ha spiegato che non caccerà nessuno, che non fa liste di proscrizione. Gli crede?

«Beh, ha spiegato che c’è un direttore generale che valuterà quello che va fatto per il bene dell’azienda ed è una risposta corretta».

Le è parso sincero?

«Non sto nella sua testa, però credo davvero che Renzi voglia riformare la Rai, togliendo il potere alla politica».

Gli avversari sostengono che intenda imporre un pensiero unico, il suo. E magari un tg unico.

«Il tg unico potrebbe essere un’opzione. L’idea delle due newsroom prevista dalla riforma è un pasticcio, senza né capo né coda».

Davvero le piacerebbe un tg uguale su ogni rete?

«La tripartizione delle reti Rai, una alla Dc, una al Psi, una al Pci è dei tempi di Ceaucescu. Oggi non si differenziano mica tanto. Si potrebbe fare un prodotto solo, adattato per fasce di ascolto, orari, pubblico. Non è detto che corrisponda al pensiero unico».

Le pressioni del Palazzo c’erano anche ai tempi di Curzi?

«Eccome. Il Tg3 riceveva bastonate tremende, ci negavano mezzi e risorse. Lui era abile a difenderci e poi eravamo bravi, quindi era dura censurarci».

Adesso però l’attacco arriva proprio dalla maggioranza Pd che in teoria sarebbe quel che un tempo era il Pci/ Pds/Ds, il partito di riferimento.

«Già Prodi se la prendeva con noi. Io, per un commento in diretta su Rifondazione, quando fece cadere il governo, ho rischiato il posto, volevano cacciarmi. Oggi il Tg3 ha tante anime, non è più un monolite. E nei notiziari si fanno i “panini” al contrario: governo-opposizione-opposizione nel governo».

I talk show perdono colpi e ascolti, come non ha mancato di rimarcare Renzi.

«Che i talk siano noiosi è sotto gli occhi di tutti, lo scontro a ogni costo non funziona più».

Lo dice anche il «padre» di Rai 3, Angelo Guglielmi.

«Provarono a farlo fuori, ma era dura, la tv l’ha inventata lui».

Lei già 20 anni fa si autodefinì un lottizzato.

«Veramente dissi che in Rai lo siamo tutti, un collega mi fece causa. L’ho vinta. Da sempre siamo incasellati, non ho visto intorno a me questa voglia di ribellarsi alla politica. In tanti si sono costruiti così le carriere, poi però non possono fare le vittime».

La Berlinguer e Vianello, presi di mira, rischiano.

«Magari si sono rafforzati, forse Anzaldi dovrebbero ringraziarlo».

 

Rassegna stampa: Il Fatto Quotidiano, pagina 5, di Silvia Truzzi.

“Strano, se la prendono soltanto con Rai”

“Come sto? Insomma… Recentemente mi sono fatta una microfrattura al braccio, sono andata dal medico che mi ha detto: come ha fatto a restare così per tutto questo tempo? Ma che è Rambo?”. Federica Sciarelli sorride, e non solo perché il suo Chi l’ha visto? è un successo di ascolti, il mercoledì sera su Rai 3. E con lei parliamo appunto di ascolti, di Rambo e di Rai 3.

Partiamo da Rambo. Il premier dice che bisogna riflettere se la 107esima replica fa più share dei due talk-show del martedì.

Intanto chiariamo: Rambo non è un filmetto, viene replicato perché è un cult movie. Poi se vogliamo parlare di ascolti, in particolare dei talk del martedì, allora facciamolo per bene. Gli ascolti non si misurano all’etto, si leggono. Alla luce della moltiplicazione dell’offerta, ma non solo. Sarà vero che i talk del martedì fanno il 4 e qualcosa per cento. Ma Urbano Cairo, portando sul La7 Giovanni Floris e una parte del suo pubblico nella stessa serata di Ballarò, ha fatto un’operazione geniale. Giannini prima era uno degli ospiti, non il conduttore: si è trovato con una trasmissione da fare, dovendo anche cominciare ex novo, e con un concorrente fortissimo su un’altra rete. Il pubblico dei talk del martedì non è 4. È 4 più 4, o 5 più 5 a seconda delle serate. La Rai ha per caso portato qualcuno da La7?

I politici obiettano anche che il racconto della realtà, sempre negativa, ha stufato. Insomma la formula è stanca.

Proviamo a ribaltare la prospettiva: è davvero tutta colpa dei conduttori? O sono i politici che annoiano e sono meno appetibili di Rambo? Prima c’era un programma politico che era Ballarò e Porta a Porta in seconda serata.

Gli ascolti sono usati strumentalmente?

Intorno agli ascolti bisogna fare un discorso serio e non impressionistico. La situazione della televisione è cambiata moltissimo: tutti hanno perso share. Oggi anche i telespettatori più anziani hanno imparato a usare telecomandi e decoder, i canali sono moltissimi. Chiaramente se sento fare discorsi sullo share basati unicamente sul numero di questa o quella serata mi faccio delle domande. Perché si parla degli ascolti di Rai 3 e di Ballarò e non quelli di Rai 2 e di Virus, che non fa numeri tanto diversi? Perché non chiediamo al direttore di Rai 2 come mai al posto di Porro non è stato messo Dario Laruffa, assunto per concorso alla Rai e preparatissimo? Voglio dire: se si vuol fare una riflessione, deve valere per tutti.

È legittimo che i politici intervengano sulla Rai?

L’editore di noi che lavoriamo alla Rai, quindi al servizio pubblico, non è certo il presidente del consiglio, non è il presidente della Fiat né il capo di un sindacato. È il cittadino che ci guarda e con il telecomando sceglie. Io non mi scandalizzo se i politici si esprimono sulle cose della televisione. Durante la prima Repubblica mi occupavo di politica, oggi faccio altro ma seguo sempre con attenzione le cose di politica. Quando ci fu l’editto bulgaro di Berlusconi contro Santoro, Biagi e Luttazzi, Andreotti sollecitato da noi giornalisti rispose: “C’è il telecomando”. Come dire, se non ti piace un programma basta non guardarlo.

Sono state criticate anche le scelte di alcuni conduttori a proposito degli ospiti. Troppi grillini.

Non siamo sempre in par condicio. Quando è nata la par condicio, ricordo che il nostro direttore, al Tg3, si teneva di riserva un’intervista con qualcuno del governo, su cose tipo i nuovi limiti di velocità: gli serviva per far pari con le opposizioni. Ma è possibile che un giornalista debba lavorare così? La par condicio comunque è un regime eccezionale, che scatta nell’imminenza delle competizioni elettorali. Saremo almeno liberi di decidere quali temi riteniamo interessanti e importanti in relazione a questo invitare gli ospiti?

E della nuova legge sulle intercettazioni che pensa?

Non capisco perché i politici hanno tutta questa paura delle intercettazioni. È ovvio tra l’altro che non riguarda grandi delitti, ma le faccende di corruzione. La corruzione senza intercettazione non la becchi più. E poi i politici dovrebbero agire in enorme trasparenza. La vita privata deve essere tutelata, ovviamente. Ma se sei un ministro e chiedi favori per tuo figlio, questa non è vita privata.

 

(Nella foto Federica Sciarelli)