Pubblicato il 01/08/2014, 16:33 | Scritto da La Redazione

MARIO ACAMPA, DALLA FICTION “FUORICLASSE” AL CINEMA

MARIO ACAMPA, DALLA FICTION “FUORICLASSE” AL CINEMA
Da settimana prossima inizierà le riprese sul set della fiction Rai con Luciana Littizzetto. Reduce da due anni di tv per ragazzi alla conduzione di format su RaiGulp, l’attore torinese ha raccontato a TVZOOM le sue ambizioni di carriera.meta name=”mario acampa, fuoriclasse, luciana littizzetto, raigulp” «Sapendo che avrei dovuto sostenere un provino per la parte […]

Da settimana prossima inizierà le riprese sul set della fiction Rai con Luciana Littizzetto. Reduce da due anni di tv per ragazzi alla conduzione di format su RaiGulp, l’attore torinese ha raccontato a TVZOOM le sue ambizioni di carriera.meta name=”mario acampa, fuoriclasse, luciana littizzetto, raigulp”

«Sapendo che avrei dovuto sostenere un provino per la parte di un medico nella fiction Fuoriclasse», racconta Mario Acampa, «mi sono fatto prestare da un amico infermiere il suo camice di lavoro: è stato come indossare un costume da supereroe». Ha funzionato. L’attore torinese, classe 1987, non sarà Superman, ma punta a volare alto. Inizierà a girare la fiction Rai con Luciana Littizzetto settimana prossima, a Torino. Proprio dopo aver terminato le riprese del film Press, realizzato districandosi tra una lunga militanza teatrale con la compagnia Torino Spettacoli, del Teatro Stabile. E dopo essere stato per due anni alla conduzione della diretta per ragazzi Tv Ribelle, su Rai Gulp. Le suggestioni, hanno bisogno del vestito giusto. Il bello di far l’attore, è che quel vestito di volta in volta può cambiare.
Il camice da medico nella fiction Fuoriclasse era della misura giusta.
«Sono felice di esser stato scelto. Soprattutto perché sono di Torino, girerò assieme a una torinese doc come Luciana Littizzetto. Insomma, un po’ di sano campanilismo per una fiction interamente ambientata nella mia città».
Del suo personaggio sappiamo che è un medico. Ci dica di più.
«Un giovane medico d’assalto, specializzato in emergenze. Un po’ sopra le righe. Una personalità pirotecnica, divertente. Uno che si ritrova di fronte a un incidente pazzesco e non batte ciglio, mantiene il suo sense of humour anche dinanzi a scene che fanno inorridire i suoi colleghi».
Per immedesimarsi nel ruolo, è bastato il camice del suo amico?
«Oh, no. Mi sono da poco laureato in Giurisprudenza. Ho sostenuto un esame di medicina legale. Si vede che era destino (ride, nda)».
Lei fa l’attore. Che se ne fa di una laurea in Legge?
«Niente, spero! Voglio fare questo mestiere per tutta la vita. Però, sai com’è. Chi nella vita svolge un rigoroso mestiere d’ufficio, cerca di sfogarsi attraverso hobby creativi o ricreativi: la palestra, l’arte, la recitazione, magari. Chi svolge un mestiere artistico come il mio, forse ha bisogno di un bilanciamento all’opposto. Nelle pause tra un set e l’altro, mi sono trovato a mio agio nei rigidi binari dei codici di legge».
Il famoso pezzo di carta. Da tener lì, che non si sa mai. Tanto più che c’è la crisi. Sa che alcuni suoi colleghi lamentano una mancanza di idee nuove per fiction e cinema italiano? Poco budget, meglio puntare su prodotti sicuri. E consolatori.
«Sono convinto che le vere rivoluzioni non si facciano ribaltando il mondo, ma se stessi. Dunque, per fronteggiare una certa standardizzazione delle proposte, la sfida vera è cercare di trovare spunti sempre nuovi ai ruoli che si interpretano. Io posso citare la mia esperienza con il teatro. Molte volte ho intepretato le stesse parti, magari con gli stessi registi. La mia salvezza è stata cercare diverse chiavi di lettura. Caratterizzare i ruoli, scavando su me stesso. Questo discorso può valere anche per la lunga serialità tv».
Mi dica un tratto distintivo del mestiere di attore.
«Poter vivere molte vite. Attraverso i personaggi. Scavando nelle emozioni e cercando di trasmetterle».
Lei nasce col teatro.
«Ero un ragazzino grassottello…».
Prego?
«Ero il classico ragazzino paffutello, che al liceo è dimagrito. Forte della forma ritrovata, questo ragazzino ha deciso di impiegare il suo tempo in qualcosa di nuovo e creativo. Ha iniziato a frequentare un corso pomeridiano di teatro, dopo le lezioni a scuola. E ha trovato la sua strada, forse perché un demone l’ha posseduto».
Un demone.
«Hai presente il classico fantasma del Faraone egizio che si impossessa dell’ignaro di turno? Ecco, l’ignaro di turno ero io. Dopo il Liceo, ho scelto di frequentare l’Accademia di Torino. Mi sono diplomato col massimo dei voti, lo dico senza incappare in falsa modestia, perché ne sono soddisfatto».
E poi?
«E poi è successo che ho fatto una parte nel Miles Gloriosus di Plauto. La rappresentazione è andata molto bene, nessuno se lo aspettava. Il teatro è diventato la mia seconda casa. Forse la prima».
Non solo il teatro. Lei ha un’esperienza lunga anche come conduttore. Tv per ragazzi. Rai Yoyo, Rai Gulp. Non è Plauto, ma addomesticare i marmocchi in diretta, è una bella sfida.
«È complicatissimo. Soprattutto agli inizi. Devi immedesimarti nel linguaggio dei ragazzi, farti capire subito. Per due anni, ho condotto un format in diretta. Una palestra fondamentale. Con i ragazzi puoi parlare di tutto, a una condizione: tener desta la loro attenzione per tutto l’arco di una puntata».
Non facile. Come si fa? Li si ipnotizza?
«No. Si conquista la loro fiducia raccontando sempre la verità. Ai ragazzi non puoi mentire, ogni argomento trattato deve essere affrontato in modo diretto e schietto. I giovani non sopportano di essere presi in giro, hanno un’immediatezza comunicativa senza pari. Se la si conservasse anche da adulti, forse gli imbonitori di tutti i settori non avrebbero vita facile».
Ed è diventato così un conduttore.
«Ogni giorno, con gli autori ci divertivamo un mondo a scegliere gli argomenti giusti. Dopo che hai fatto la tv per ragazzi, non hai paura di niente».
Lei però resta un attore.
«Un piccolo sogno nel cassetto è la radio. Mi affascina da morire. Uno strumento che negli anni ha mantenuto le sue peculiarità, in barba alle evoluzioni tecnologiche. In radio, se hai qualcosa da comunicare, lo fai al cento per cento, tutto il resto diventa superfluo. Mi piacerebbe condurre un programma radiofonico tutto mio come base. Selezionando poi con cura i lavori a teatro, in tv o al cinema».
Chi dice che nella recitazione ci siano compartimenti stagni, sbaglia.
«Cambiano i mezzi con cui fare il mestiere. Cambiano i linguaggi e le tecniche interpretative. Ma chi dice che l’attore di teatro debba fare solo l’attore di teatro, e quello di cinema solo cinema, sbaglia. L’urgenza comunicativa è la medesima. Deve essere adattata».
Ha mai avuto idoli di riferimento?
«Mio padre è di origine napoletana. Ogni Natale, l’appuntamento fisso della mia famiglia è con Natale in casa Cupiello. Dunque, se devo fare dei nomi, la teatralità di Eduardo De Filippo e la versatilità di Totò sono ineguagliabili».
Un ruolo che le piacerebbe affrontare?
«Ho sempre avuto caratterizzazioni brillanti, nelle mie parti. Mi piacerebbe cimentarmi con un ruolo borderline, magari un pazzo, uno spostato. Confrontandomi anche con aspetti drammatici».
Dopo Fuoriclasse che farà?
«A ottobre, tanto teatro, con una maratona plautina al Teatro Erba di Torino. Poi usciranno gli spot Ceres, a cui ho partecipato, girati a Budapest. Molto divertenti, realizzati con una tecnica cartoonizzante innovativa. Poi sceglieremo i Festival dove presentare il film Press, in cui sarò protagonista. Abbiamo già un canale di distribuzione, all’inizio dell’anno prossimo inizierà la promozione».

 

Gabriele Gambini

(Nella foto Mario Acampa)